[25/02/2011] News

La rivoluzione libica metterą fine alla "visione verde" di Gheddafi?

Stop a "green the desert" e all'Offshore Bp?

LIVORNO. La sanguinosa rivoluzione della Libia contro il suo despota potrebbe mettere fine anche ai grandi ed insoliti progetti "verdi" di Muammar Gheddafi, tra i quali quello già avviato di costruire il più grande fiume artificiale del pianeta che il dittatore presenta, con la sua solita modestia, come «L'ottava meraviglia del mondo». Questo corso d'acqua artificiale, che con le sue enormi tubazioni porta l'acqua di antiche falde sotterranee fino alle assetate coste della Libia, è solo uno dei faraonici progetti "ambientali" che Gheddafi contava di realizzare con l'aiuto degli amici italiani, occidentali, russi e cinesi. Un altro grande progetto è quello  dell'irrigazione circolare a "pivot" del deserto libico, un sistema ad alta intensità energetica, progettato per minimizzare la perdita di acqua attraverso l'evaporazione, utilizzando una combinazione di metodi di irrigazione a pioggia e goccia che alimenta l'acqua da un punto di partenza all'interno di un cerchio. L'acqua viene portata alle coltivazioni attraverso una serie di tubi circolari che ruotano su piattaforme e poi vengono gradualmente spostato fuori dal centro del cerchio, con un metodo che consente di sprecare meno acqua e di fornirne la maggiore quantità possibile alle piante. Ogni trama  circolare è di circa 1 km di diametro, ed è in grado di far crescere un certo numero di colture diverse come cereali, frutta e verdura e il foraggio per gli animali.

Gheddafi non è stato il primo ad utilizzare questa tecnica, lo fanno già alcuni Paesi, come l'India e le regioni desertiche degli Stati Uniti, ma l'utilizzo di questo metodo per coltivare è così unico e diffuso in Libia, che i campi circular pivot irrigation sono spesso fotografati dai satelliti della Nasa. Anche in un Paese come la Libia, dove oltre il 95% del territorio è costituito dal Sahara, questo tipo di agricoltura non è economico, ed è possibile solo se intacca i depositi sotterranei di acqua fossile e il fiume artificiale voluto da Gheddafi. La Libia non è l'unico paese del Medio Oriente che sta cercando di "green the desert" con l'irrigazione. Anche la Giordania pratica l'irrigazione "pivot" e Israele è stato per anni leader in questo settore con le  sue tecniche brevettate "goccia a goccia"  che vengono ora utilizzate nelle regioni aride di tutto il mondo, anche in paesi acerrimi nemici di Israele come la Siria e altri paesi mediorientali come il  Qatar, che sta collaborando con la Siria a progetti agricoli per il "deserto verde".

Ma nessuno di questi Paesi è stato in grado di fare come la Libia campi circolari nel deserto visibili dallo spazio e nessuno ha speso quanto Gheddafi in questi progetti, che probabilmente costano ancora oggi molto più che importare i prodotti agricoli di cui la Libia ha bisogno. La visione verde di Gheddafi era sostenuta dalle grandi riserve petrolifere libiche (almeno il 10% del petrolio mondiale) che sembravano rendere possibili anche i sogni più folli del dittatore, grandiosi progetti che sono costati lo sperpero di miliardi di dollari di proventi del petrolio e del gas che avrebbe potuto essere utilizzati meglio.

Una delle cause della guerra civile libica è proprio questa: l'ineguale e clientelare ripartizione delle risorse petrolifere e il folle sperpero di denaro in faraoniche opere di regime che dovevano tramandare ai posteri la visionaria grandezza di Geddafi. Coloro che in Libia hanno potuto beneficiare della ricchezza prodotta dalla vendita dei combustibili fossili, in particolare la famiglia di Gheddafi ed il suo clan politico-tribale, hanno escogitato altri modi per incrementare questa ricchezza. Tra queste c'era anche l'idea di acquistare una quota della British petroleum  in crisi dopo la tragedia ambientale del Golfo del Messico. Inoltre l'ingorda voglia di appropriarsi di altre entrate petrolifere e gasiere ha portato Gheddafi ad approvare una serie di progetti di perforazione offshore in acque profonde ed anche vicino alle coste, in siti che secondo gli archeologi potrebbero essere danneggiati dalle attività di ricerca e sfruttamento degli idrocarburi, tra i quali Tolemaide, l'antica capitale della Cineraica romana, sulla costa orientale della Libia.

Progetti pericolosi per il loro grande impatto ambientale, con possibili ricadute sull'intero Mediterraneo, che hanno visto, quando è andata bene, le timide rimostranze dei governi occidentali e l'entusiastica adesione delle multinazionali petrolifere che nelle capitali europee e a Washington hanno spesso sede. 

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