[21/05/2013] News

Protezione della natura e sostenibilità: l'importanza delle fonti

Ci sono molti motivi per dedicare attenzione e cura alla memoria dei movimenti e delle politiche per la protezione della natura. Si tratta anzitutto, e da decenni, di fenomeni assai rilevanti del panorama sia culturale che politico-istituzionale; inoltre, per coloro che animano i movimenti ambientalisti, ma anche per chi gestisce le politiche ambientali, è spesso decisivo conoscere le parabole storiche che hanno plasmato gli scenari contemporanei.

A questa memoria e agli strumenti della sua conservazione, cioè gli archivi, è stato dedicato il convegno "Quali fonti per lo studio dell'ambiente?" svoltosi il 9 maggio 2013 a Santa Maria Capua Vetere e promosso dall'Assessorato all'ambiente del Comune, dall'Osservatorio politiche ambientali e dal Dipartimento di lettere e beni culturali della Seconda Università di Napoli. Dal titolo dell'incontro si evince che il tema prescelto è stato al tempo stesso più vasto e più ristretto di quello che ho indicato all'inizio: gli interventi non hanno riguardato infatti soltanto la protezione della natura, ma anche alcuni fenomeni ambientali in sé, e più che quello della memoria in generale è stato affrontato il tema della documentazione, cioè delle fonti e degli archivi.

La relazione di Mariagrazia D'Emilio ha illustrato infatti in che modo i campionamenti di acqua e aria sono divenuti nel corso del tempo fonti sempre più precise per lo studio dell'inquinamento e Alberto Malfitano ha descritto, su un versante di ricerca completamente diverso, il tipo di fonti che si stanno dimostrando più utili per ricostruire l'evoluzione della questione montana in Italia negli ultimi due secoli. Uno degli organizzatori dell'incontro, Federico Paolini, ha tentato dal canto suo di lanciare uno sguardo più generale sulla problematica delle fonti quantitative per l'ambiente illustrando come i documenti empirici possano essere utilizzati per formare indicatori di sostenibilità.

La maggior parte delle relazioni presentate, tuttavia, ha riguardato proprio gli archivi della protezione della natura come strumenti di conservazione della memoria storica e depositi di documentazione per la ricerca. In questo senso il convegno ha segnato un piccolo ma importante passo in avanti del lavoro tentato negli ultimi anni da alcuni studiosi e militanti per porre la questione della conservazione e valorizzazione delle fonti della storia ambientale italiana. Giorgio Nebbia, che di questo lavoro è stato il principale ispiratore, ha riproposto nell'introduzione all'incontro tre domande che gli sono molto care: in che modo va circoscritto il campo di ricerca? Chi sono stati i protagonisti della protezione della natura? Quali sono le fonti di questa storia, dove sono i suoi archivi? A queste domande strategiche Nebbia ha suggerito delle risposte parziali, ma che costituiscono al tempo stesso un programma di lavoro aperto. Il suo intervento, non a caso, è stato accompagnato da due densi elenchi di temi e di personalità su cui la ricerca dovrebbe concentrarsi e per i quali andrebbe rintracciata e inventariata la documentazione ancora esistente.

Il mio contribuito alla discussione è stato abbastanza particolare: piuttosto che porre questioni di metodo o illustrare documentazioni specifiche, ho preferito descrivere ciò che si sta facendo negli ultimi anni in Francia, soprattutto grazie alle attività del Ministère de l'Ecologie e all'iniziativa della giovane Association pour l'histoire de la protection de la nature et de l'environnement (Ahpne). In un clima di dialogo e di intensa collaborazione il ministero, l'Ahpne e altre organizzazioni hanno avviato una grande campagna per la valorizzazione degli archivi della protezione della natura, sia pubblici che privati. I risultati principali finora raggiunti sono la costituzione di una serie di ricchi fondi di provenienza ministeriale presso gli archivi nazionali, un progetto di valorizzazione degli archivi associativi e privati locali grazie alla collaborazione con gli archivi dipartimentali e un censimento dei fondi documentari appartenenti alle associazioni che aderiscono alla federazione France Nature Environnement. Sono esempi preziosi per chi, come gli storici e gli ambientalisti italiani, sta provando per la prima volta ad avviare una discussione sull'argomento.

Come era forse prevedibile gli stimoli maggiori sono venuti dalla testimonianza di coloro che - pur tra molte difficoltà - sono riusciti negli ultimi anni a raccogliere, conservare, inventariare e rendere in qualche caso accessibili alcuni fondi documentari riguardanti la protezione della natura in Italia. Parlando delle difficoltà del censimento avviato da Ahpne e France Nature Environnement, ho sottolineato con una punta di delusione come anche le grandi associazioni italiane - Wwf, Legambiente, Italia Nostra - hanno declinato l'invito degli organizzatori del convegno a presentare le loro documentazioni storiche, il che fa pensare che tali documentazioni non siano conservate adeguatamente, ma soprattutto che l'associazionismo italiano non abbia ancora sufficiente consapevolezza della loro importanza. La Fondazione Micheletti di Brescia, il Parco nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise e l'Archivio Antonio Cederna rappresentano al contrario tre casi esemplari di consapevolezza storica e di impegno archivistico; le loro iniziative in questo campo sono state presentate rispettivamente da Marino Ruzzenenti, da Dario Febbo e Paola Tollis e da Bartolomeo Mazzotta.

Su impulso di Giorgio Nebbia la Fondazione Micheletti si propone da molti anni come punto di raccolta di archivi privati che altrimenti sarebbero destinati alla dispersione. Lo sforzo principale della Fondazione in questo campo è infatti quello di offrire la possibilità a chi lo desideri di versare delle documentazioni ritenute significative, ma che non possono essere conservate nelle sedi originarie e che non sono ritenute interessanti da altre istituzioni. Questo sforzo ha condotto la Fondazione a ospitare una quindicina di archivi privati di diverse dimensioni appartenenti a protagonisti della storia dell'ecologia politica e delle tecnologie sostenibili in Italia, tra cui lo stesso Giorgio Nebbia, Laura Conti, Dario Paccino, Mario Fazio, Gianfranco Amendola, Giovanni Francia e Walter Ganapini. Solo alcuni di questi fondi - ha spiegato Marino Ruzzenenti - sono adeguatamente sistemati e inventariati, sia perché il ritmo dei versamenti si è accelerato negli ultimi anni sia perché negli ultimi anni le disponibilità finanziarie della Fondazione si sono drammaticamente ridotte. Tuttavia tutto il materiale è conservato in modo accurato e la Fondazione continua da un lato ad accogliere i versamenti e dall'altro a stimolare i possessori di archivi a farne dono. In tal modo l'archivio bresciano si configura oggi come il maggior deposito italiano di materiali archivistici riguardanti la protezione della natura, lo sviluppo sostenibile e l'ecologia politica. La ricchezza di questi fondi trova spesso riscontro in articoli pubblicati nella rivista on line "Altronovecento. Ambiente Tecnica Società", pubblicata dalla stessa Fondazione Micheletti, una delle pochissime riviste italiane di storia ambientale ora al suo quattordicesimo anno di vita.

Il direttore dell'Ente Parco nazionale d'Abruzzo, Dario Febbo, e la dottoressa Paola Tollis, hanno presentato invece un'esperienza molto più recente ma di grande rilievo: la sistemazione, inventariazione e messa a disposizione del pubblico dell'archivio storico dell'Ente Parco per quanto riguarda il periodo 1921-1951. Il prezioso materiale era sostanzialmente integro ed era stato già proficuamente utilizzato da diversi studiosi, ma giaceva in disordine negli scantinati dell'Ente. Grazie a un accordo con la Soprintendenza archivistica per l'Abruzzo tutte le carte sono state ordinate, inventariate e collocate in una sede apposita a Villetta Barrea, dove da questa estate saranno messe a disposizione del pubblico, mentre l'inventario verrà messo in linea sul sito web del Parco. Questa operazione viene però considerata dall'amministrazione dell'Ente Parco come la prima tappa di un percorso destinato a rendere fruibile tutta la documentazione archivistica dell'Ente fino al 1990 come pure l'emeroteca e la fototeca, facendo anche ampio ricorso a presentazioni on line. Si tratterebbe del primo caso in Italia che un'area protetta ordina, mette a disposizione e valorizza per il grande pubblico i propri documenti storici, e la circostanza è particolarmente significativa se si tiene conto del ruolo centrale che la riserva abruzzese ha avuto nella storia della protezione della natura in Italia negli ultimi novanta anni.

L'Archivio Antonio Cederna, ospitato a Roma presso il sito archeologico di Capo di Bove, lungo la Via Appia Antica, raccoglie invece l'imponente lascito del grande giornalista milanese (1921-1996) e si trova ormai in una condizione particolarmente invidiabile, ben ordinato e collocato, accuratamente catalogato, affiancato dalla biblioteca di Cederna, agevolmente fruibile e servito da un eccellente sito web (www.archiviocederna.it). Nella sua relazione Bartolomeo Mazzotta non si è limitato a descrivere l'organizzazione dell'Archivio ma ha tracciato un affascinante profilo di Cederna attraverso i fondi conservati nell'archivio dal quale sono emerse le straordinarie potenzialità della documentazione per lo studio della tutela dei beni ambientali, paesaggistici e culturali del nostro Paese dalla fine degli anni Quaranta alla fine degli anni Novanta.

Col sostegno dell'amministrazione comunale di Santa Maria Capua Vetere, e in particolare dell'assessore all'ambiente Donato Di Rienzo, entro il 2013 verrà pubblicato un volume comprendente non soltanto i testi delle relazioni presentate al convegno ma anche un primo tentativo di censimento dei fondi archivistici per la storia della protezione della natura e dell'ambiente in Italia.

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