[23/05/2013] News

La battaglia (persa) delle balene contro gli attrezzi da pesca

L’impigliamento è spesso fatale, anche dopo la liberazione dei cetacei

Un team di ricercatori statunitensi ha pubblicato su Marine Mammal Science lo studio Behavioral impacts of disentanglement of a right whale under sedation and the energetic cost of entanglement, che rivela come gli attrezzi da pesca possano causare la morte lenta delle balene.

La Woods Hole Oceanographic Institution (Whoi), che ha partecipato allo studio insieme a Department of natural resources della Georgia,  Fish and wildlife conservation commission della Florida e Noaa Fisheries, spiega che «Utilizzando un dispositivo "patient monitoring" fissato ad una balena impigliata negli attrezzi da pesca, gli scienziati hanno dimostrato per la prima volta come gli attrezzi da pesca cambiano il comportamento in  immersione e nuoto di una balena». Il monitoraggio ha rivelato come gli attrezzi da pesca ostacolino la capacità delle balene di mangiare e migrare, riducano la loro energia mentre se li trascinano lungo le loro rotte migratorie per mesi o anni, e possono provocare una morte lenta.

Le balene franche del Nord Atlantico (Eubalaena glacialis) erano state quasi estinte dalla caccia e sono ancora a forte rischio di estinzione, con una popolazione superstite di 450 - 500 individui. Circa il 75% di loro porta addosso cicatrici di lenze che tagliano la loro carne. Gli scienziati per questa ricerca g hanno utilizzato un "DTag", un  dispositivo adesivo della dimensione di un cellulare, applicato  ad una femmina di due anni di balena franca del Nord Atlantico  chiamata Eg 3911. Il DTag, sviluppato dalla Hhoi, ha registrato movimenti di Eg 3911, prima, durante e dopo le operazioni di districamento dagli attrezzi da pesca  in mare.

I ricercatori dicono che «Subito dopo che Eg 3911 è stata liberata dalla maggior parte degli attrezzi da pesca, ha nuotato più veloce, si è immersa due volte più in profondità e per periodi più lunghi». 

Secondo Julie van der Hoop, principale autrice dello studio, che lavora a un programma congiunto di oceanografia Mit/Whoi, «Il  DTag ha aperto un nuovo mondo sulla vita di Eg3911 sotto l'acqua, che altrimenti non saremmo stati in grado di vedere».

Eg 3911 è nata nel 2009 ed è stato avvistato impigliata ed emaciato da un team di ricognizione aerea il giorno di Natale del 2010, nei pressi di Jacksonville, in Florida. Gli attrezzi da pesca erano  impigliati intorno alla sua  bocca, avvolti intorno a entrambe le pinne pettorali e trainati dietro la coda per circa 100 metri.

Il 29 e 30 dicembre 2010 team a bordo di imbarcazioni hanno tentato di tagliare via gli attrezzi da pesca, ma non hanno avuto successo perché la balena è riuscita a sfuggire . Un team multiagency ci riprovò il 15 gennaio 2011: prima ha applicato il Dtag, poi ha somministrato alla balena un sedativo con una speciale pistola a dardo. La balena così sedata ha permesso alla squadra di ricercatori di avvicinarsi e rimuovere quasi tutti gli attrezzi da pesca.

Il DTag ha misurato 152 immersioni che hanno impegnato Eg 3911 per più di 6 ore e i ricercatori sottolineano che «Non ci sono state differenze significative per  profondità o durata delle immersioni dopo la sedazione, ma la balena ha alterato il suo comportamento immediatamente dopo il disimpigliamento. Il disimpigliamento quasi completo di Eg 3911 ha determinato un aumento significativo della durata e della profondità delle immersioni.  Insieme, gli effetti di galleggiabilità aggiuntivi e di carico aggiunto, riducono la velocità di nuoto ed i traini accessori pongono molte minacce alle balene impigliate» .

Gli attrezzi da pesca costituiscono una specie di galleggiante che può ostacolare la capacità dei cetacei di scendere alle  profondità necessarie per cibarsi delle loro prede preferite. L'aumento della resistenza può ridurre la velocità di nuoto, ritardando l'arrivo delle balene nelle aree di foraggiamento e accoppiamento/allevamento. Ma per il team di scienziati statunitensi la cosa più significativa «E' la perdita di energia collegata all'aggiunta di resistenza». Per calcolare questo carico aggiuntivo  gli scienziati hanno fatto un esperimento separato, rimorchiando tre tipi di attrezzi da pesca diversi con una barca, utilizzando tensiometri per misurare le forze di attrito che agiscono su Eg 3911. Hanno quindi calcolato quanta energia in più ci voglia alle balene per  compensare la resistenza degli attrezzi da pesca ed hanno scoperto che le balene impigliate hanno un dispendio energetico molto più elevato: occorre loro  tra il 70 e il 102% in più di potenza per nuotare alla stessa velocità di una balena disimpigliata, o, in alternativa, devono rallentare la loro velocità di nuoto dal 16 al 20,5%.

Lo studio fornisce anche i primi dati sugli effetti comportamentali della sedazione e del disimpigliamento  e sul costo energetico dell'impigliamento  negli attrezzi da pesca causato dal trascinamento.

Purtroppo il primo febbraio 2011, durante una ricognizione aerea, Eg 3911 è stata trovata morta in mare ed è stata rimorchiata a riva per una necroscopia. «Non ce l'ha fatta - dice la van der Hoop - Siamo arrivati sulla spiaggia quella notte. Ricordo di aver camminato e vedendo questa enorme balena, o che pensavo fosse enorme. Era lunga solo 10 metri. Aveva solo due anni. E tutte queste persone che, ad un certo punto, erano state coinvolte nella sua vita, erano lì per imparare da lei quello che l'impigliamento aveva causato». L'autopsia del cetaceo ha dimostrato che gli effetti cronici dell'impigliamento sono stati la causa della morte di  Eg 3911. L'autopsia ha mostrato che gli effetti della entanglement cronica sono stati la causa della morte.

«Nessun pescatore vuole catturare una balena e mi auguro nessun pescatore un giorno sia affamato - ha detto Michael Moore del Life sciences department della  Texas A&M di Corpus Christi - Ci deve essere una valutazione mirata su come l'attività di pesca possa essere ancora redditizia, mentre distribuisce meno lenze,  in modo da poter ridurre in primo luogo il rischio per mammiferi marini che incontrano gli attrezzi da pesca.  Al  Whoi abbiamo ospitato workshop per parlare con i responsabili della pesca e i pescatori su quel  che potrebbe essere cambiato, in modo che possano continuare a pescare e mettere uno stop alla cattura di balene».

Negli Usa è stato istituito, all'interno del Marine Mammal protection act,  un network di scienziati, veterinari e personale di pronto intervento che supporta il Marine mammal health and stranding response program (Mmhsrp). Il programma è coordinato dal Fisheries Service della National oceanic and atmospheric administration (Noaa) ed a sua volta coordina e coordina l'Atlantic large whale entanglement response program. Gli scienziati della Whoi collaborano da lungo tempo con L'Mmhsrp e partecipano regolarmente ai soccorsi ai mammiferi marini che sono bloccati, feriti o impigliati. Le iniziative di soccorso del network per le specie in via di estinzione, come le balene franche del Nord Atlantico, sono autorizzati dalla Noaa attraverso l'Mmhsrp.

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