[24/05/2013] News

E se lo sviluppo sostenibile fosse insostenibile? Il caso europeo delle quote di emissione

Sarà capitato anche a voi di uscire da una lezione e pensare: "Peccato però che sia mancato il confronto tra punti di vista diversi". Coloro che hanno avuto la possibilità di assistere al seminario-dialogo "Verso un'Europa (in)sostenibile?" (16 maggio 2013) tra Simone Borghesi e Massimiliano Montini, docenti dell'università di Siena, non avranno avuto di questi pensieri: unica assente della giornata, infatti, la suddetta sensazione di parzialità; presenti invece l'accuratezza dei contenuti, la profondità dell'analisi, l'originalità delle idee.

Da visuali diverse, l'economista Borghesi e il giurista Montini hanno affrontato il complesso tema dello sviluppo sostenibile, mostrandone senza timori reverenziali luci ed ombre. Ai tradizionali tre pilastri del "tempio dello sviluppo sostenibile" (ambientale, sociale, economico), Borghesi ne ha così aggiunto un quarto, quello finanziario, mentre Montini ha sottolineato la necessità di irrobustire l'edificio con solide fondamenta ecologiche per garantirne una duratura sostenibilità. Entrambi si sono espressi a favore di un imprescindibile ridimensionamento della componente economica, e ancor più di quella finanziaria, attualmente colonna in ascesa libera del tempio dello sviluppo sostenibile che, squilibrando tutta la costruzione, sta seriamente rischiando di farla collassare su se stessa. L'economista ha comunque dichiarato il proprio attaccamento a una prospettiva basata sulla centralità del concetto di sviluppo, distinto da quello di crescita, che valorizzi in ugual misura i quattro pilastri in modo da garantire stabilità all'edificio. Il giurista, invece, pur concordando sulla diffusa commistione tra crescita e sviluppo, ha in parte preso le distanze dal concetto di sviluppo sostenibile, preferendo recuperare la nozione di sostenibilità, che vede la dimensione ecologica come presupposto tanto di quella sociale quanto di quella economica. 

Una volta operata tale decostruzione e ricostruzione su nuovi parametri dell'architettura concettuale dell'edificio, i relatori si sono poi calati nel concreto, andando a esaminare la politica dell'Unione Europea in materia di sviluppo sostenibile.

Questa è stata ricostruita e presentata brevemente ma in maniera esaustiva nei suoi capisaldi. In particolare, l'attenzione è stata catalizzata da uno dei più conosciuti strumenti di mercato posti in essere dall'Unione Europea per la lotta al fenomeno del cambiamento climatico: il cosiddetto sistema europeo dello "scambio delle quote di emissione", anche detto dello "scambio dei permessi ad inquinare" (European Union Emission Trading Scheme - EU ETS). L'analisi non si è limitata a un esame dello strumento in sé, ma si è spinta oltre. Entrambi i docenti si sono in questo caso trovati concordi sul seguente (cruciale, ma spesso eluso) punto: se l'EU ETS è uno strumento volto alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, la verifica della sua efficacia deve necessariamente essere fatta alla luce della rispondenza o meno a tale finalità. I dati elaborati dall'economista e le caratteristiche regolatorie ricostruite dal giurista hanno, in realtà, rivelato un'inidoneità dello strumento, per come attualmente strutturato, a contribuire in maniera sostanziale alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

Ma allora, se uno dei principali strumenti dell'Unione Europea nell'ambito dello sviluppo sostenibile non risponde, se non parzialmente, a finalità ambientali e se il concetto stesso di sviluppo sostenibile è per sua natura suscettibile di derive tecnocratiche di stampo economico, quali quelle incarnate dal modello di sviluppo oggi dominante, non possiamo che lasciarci con la provocatoria domanda di apertura del seminario: e se lo sviluppo sostenibile (che andiamo disegnando) fosse insostenibile? 

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