[19/01/2012] News

L'Ue e la commercializzazione delle sementi

In Europa vengono coltivate sempre meno varietà vegetali, molte varietà tradizionali stanno scomparendo - o vengono conservate solo per i posteri in banche di semi - e al loro posto, i campi sono dominati da poche varietà, i cui singoli esemplari sono apparentemente particolarmente simili fra loro. Con la conseguenza che la diversità biologica nell'agricoltura si sta drasticamente riducendo.

Una limitazione incrementata pure dalle disposizioni del diritto dell'Unione come quelle che prevedono la commerciabilità delle sementi solo se la varietà è ufficialmente ammessa.
E questo lo testimonia il caso affrontato dall'avvocato generale della Corte di giustizia europea relativo alle "varietà antiche".

L'associazione Kokopelli, un'organizzazione non governativa, vende sementi di varietà antiche, le quali non sono in parte ammesse dalla direttiva sugli ortaggi. La Graines Baumaux SAS, un'impresa che commercia in sementi, ha identificato nell'offerta della Kokopelli 461 varietà non ammesse e, nel 2005, ha pertanto proposto un'azione per concorrenza sleale. In primo grado, il Tribunal de Grande Instance Nancy (Tribunale regionale di Nancy) ha accordato alla Graines Baumaux un risarcimento danni e ha respinto il ricorso per il resto.

La Kokopelli ha impugnato tale sentenza dinanzi alla Cour d'appel Nancy (Corte d'appello di Nancy) che ha sollevato la questione alla Corte. La Corte si chiede, infatti se la direttiva di modifica, la direttiva sul catalogo delle varietà, la direttiva sugli ortaggi e la direttiva sulle deroghe siano invalide alla luce di taluni diritti e principi fondamentali dell'Unione europea.

E in particolare, sia quelli del libero esercizio dell'attività economica, di proporzionalità, di parità di trattamento o di non discriminazione, della libera circolazione delle merci, sia quelli in considerazione degli impegni presi in forza del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura, in particolare nella parte in cui essi impongono vincoli di produzione e di immissione in commercio per sementi e piante antiche.

Le quattro direttive - che contengono una pluralità di disposizioni sulla commercializzazione di sementi - stabiliscono le condizioni alle quali le varietà vengono ammesse e vengono inserite nei cataloghi nazionali delle varietà o nel catalogo comune delle varietà, vietano la vendita di sementi di varietà non ammesse, e disciplinano anche il controllo e la qualità di sementi nonché gli imballaggi.

L'ammissione presuppone che la varietà sia distinta, stabile e sufficientemente omogenea. Talvolta occorre inoltre dimostrare la produttività, ossia un "valore agronomico e di utilizzazione soddisfacente". Per molte "varietà antiche" tali prove non devono essere fornite. Ecco perché sorge la questione se tale restrizione del commercio di sementi sia giustificato.

Secondo l'avvocato generale, mentre la direttiva di modifica, la direttiva sul catalogo delle varietà, e la direttiva sulle deroghe sono valide, il divieto della direttiva sugli ortaggi (2002/55/CE), di vendere sementi di varietà delle quali non è dimostrata la differenziabilità, la stabilità e la sufficiente omogeneità, e che eventualmente non possiedono un valore agronomico e di utilizzazione soddisfacente, è invalido in quanto contrario al principio di proporzionalità, alla libertà d'impresa ai sensi dell'articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, alla libera circolazione delle merci e al principio della parità di trattamento sancito della Carta dei diritti fondamentali.

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