[09/09/2011] News

Aerei e rumore nelle aree urbane: una sentenza della Corte Ue fa chiarezza

Gli Stati membri possono imporre limiti massimi di emissione acustiche misurate al suolo; limiti che devono essere rispettati in occasione del sorvolo di aree situate in prossimità dell'aeroporto. Ma non è sempre detto che tali limiti abbiano gli stessi effetti di una "restrizione operativa" - così come intesa dalla normativa UE -, ossia del divieto, assoluto o temporaneo, di accesso di un aeromobile subsonico civile a reazione ad un aeroporto di uno Stato membro dell'Unione.

Lo afferma la Corte di Giustizia europea con sentenza di ieri chiamata in causa dal Giudice belga in relazione alla controversia riguardante la European Air Transport SA (Eat), società di trasporto aereo, il Collegio per l'ambiente della Regione di Bruxelles Capitale e la Regione di Bruxelles-Capitale. Una questione riguardante nello specifico una sanzione amministrativa di importo pari a euro 56113 irrogata alla Eat da parte dell'Istituto di Bruxelles per la gestione dell'ambiente per inosservanza della normativa nazionale relativa al rumore ambientale nelle aree urbane.

E' la direttiva del 2002 che istituisce norme e procedure per l'introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti della Comunità. La stessa direttiva prevede la definizione di "restrizione operativa" cioè una restrizione che costituisce una misura di divieto, assoluto o temporaneo, di accesso di un aeromobile subsonico civile a reazione a un aeroporto di uno Stato membro dell'Unione. Precisa, inoltre, che possono esistere restrizioni operative parziali, che incidono sull'esercizio dei velivoli subsonici civili a reazione secondo il periodo di tempo considerato, come pure restrizioni consistenti nel vietare del tutto l'esercizio di velivoli marginalmente conformi in aeroporti determinati.

Dunque ammette una certa gradualità confermata per altro dal fatto che la stessa direttiva permette l'adozione di restrizioni operative intese a ritirare dal traffico i velivoli soltanto se tutte le misure possibili, ivi comprese le restrizioni operative parziali, non hanno consentito di conseguire la realizzazione degli obiettivi europei.

Ne consegue, quindi, che una normativa nazionale in materia ambientale (come quella del Belgio) che impone limiti massimi alle emissioni acustiche misurate al suolo che devono essere rispettati in occasione del sorvolo di aree situate in prossimità dell'aeroporto, non costituisce, in quanto tale, una "restrizione operativa". Perché tali limiti non corrispondono a un divieto di accesso all'aeroporto interessato.

L'applicazione di un metodo consistente nel misurare al suolo il rumore prodotto da un aeromobile in volo costituisce un elemento di un approccio equilibrato, poiché può fornire più dati permettendo di conciliare gli interessi concorrenziali delle persone che subiscono le emissioni acustiche, degli operatori economici che gestiscono i velivoli e della società nel suo insieme. E non si può escludere che tali limiti, a causa dei contesti economico, tecnico e giuridico pertinenti nei quali si inseriscono, possano avere gli stessi effetti di un divieto di accesso. Quindi, quando i limiti imposti da tali normative sono talmente restrittivi da obbligare concretamente gli operatori di velivoli a rinunciare alla loro attività economica, siffatte normative dovrebbero essere considerate divieti di accesso. Spetterà al giudice nazionale verificare se tali misure nazionali hanno gli stessi effetti di un divieto di accesso a detto aeroporto.

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