[18/10/2011] News

Inondazioni: il Pakistan dimenticato dagli aiuti

Milioni di persone colpite in Asia e Centroamerica

La segretaria Onu pere gli affari umanitari, Valerie Amos, è molto preoccupata  per l'impatto crescente delle inondazioni su milioni di persone nel sudest asiatico: «Più di 700 persone sono state uccise in Cambogia e in Thailandia, mentre case, campi ed infrastrutture vitali sono state distrutte in Laos, nelle Filippine ed in Vietnam. Milioni di persone vivono in zone a rischio. La situazione dovrebbe peggiorare, i livelli dei fiumi continuano a salire e si attendono nuove piogge».

In Thailandia, le  peggiori inondazioni degli ultimi 50 anni hanno rivelato una completa impreparazione alle catastrofi naturali della quale hanno fatto le spese 900 impianti industriali, comprese le fabbriche automobilistiche di Honda e Toyota ed i loro oltre 200.000 lavoratori.  26 province thailandesi, circa un terzo del Paese, sono finite sott'acqua e le alluvioni hanno colpito 2,4 milioni di persone, tra cui 700.000 bambini.

In Cambogia sono state inondate 17 province su 23 e in Vietnam, 250.000 persone hanno subito danni. In Laos gli sfollati sono mezzo milione e 64.000 ettari di terre coltivabili sono state inondate, mentre nelle Filippine il tifone ha colpito duramente 254.000 persone.

Dall'altra parte del mondo, in Messico ed in America centrale, il bilancio delle vittime delle inondazioni in una settimana è stato di 92 morti e di oltre 60.000 persone evacuate e circa 530.000 che hanno subito danni a causa del diluvio portato dagli uragani Jova ed Irwin e da tre altre tempeste tropicali che hanno devastato il Centroamerica la scorsa settimana.

Ma la situazione più grave è quella del Pakistan, dove le  inondazioni causate dal monsone hanno letteralmente distrutto quel che restava della vita di milioni di persone e dove, un mese dopo la nuova catastrofe, la lentezza della risposta internazionale potrebbe provocare un vero è proprio disastro umanitario. Joe Cropp della Federazione internazionale della Croce Rossa-Mezzaluna Rossa, ha detto all'agenzia stampa dell'Onu Irin che «La comunità internazionale non si preoccupa di fornire fondi. La situazione del Pakistan non interessa».

Secondo Oxfam, la fornitura di aiuti umanitari sarà indispensabile da novembre, ma denuncia che le fino ad ora le azioni di emergenza  «Sono state superficiali». Le agenzie dell'Onu continuano disperatamente a chiedere fondi da settimane e hanno messo in guardia sul più che possibile rapido deterioramento della situazione in Pakistan se non arriveranno aiuti al più presto. La  portavoce dell'Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), Elisabeth Byrs, spiega scoraggiata all'Irin che «Per il momento, è stato versato solo il 18% dei 357 milioni di dollari previsti dal piano di risposta alle inondazioni in Pakistan. L'inverno si avvicina e il freddo renderà la situazione insostenibile, soprattutto nella provincia del Sindh, dove 850.000 persone vivono in  ripari temporanei».

In Pakistan si sono susseguiti diversi alluvioni e circa 5,8 milioni di persone lottano per sopravvivere nelle province del Sindh e del Belucistan, dopo che a settembre le piogge torrenziali hanno provocato nuove estesissime inondazioni, danneggiando 1,5 milioni di case, distruggendo oltre un milione di ettari di campi coltivati  ed annegando un terzo dei capi di bestiame. 3 milioni di esseri umani, ormai privi di tutto, aspettano almeno un pugno di riso. Tra loro ci sono molti di quelli duramente colpiti dalle terribili inondazioni del 2010, che distrussero  gli averi di 18 milioni di pakistani.

Il portavoce dell'Unicef Marixie Mercado spiega che «La situazione è molto grave nel sud del  Pakistan, dove si concentrano migliaia di famiglie e bambini vulnerabili, che sono già sopravvissuti a delle inondazioni devastatrici e che devono nuovamente far fronte alle ripercussioni di queste inondazioni. La realtà è tale che se non si dimostra maggior interesse per crisi, e ci riferiamo ai fondi, la situazione non farà che aggravarsi».

Il Pakistan sembra scomparso dall'attenzione internazionale e dagli schermi televisivi, mentre le immagini tragiche dei bambini somali che muoiono di fame attirano lo sguardo pietoso dei media e dell'opinione pubblica dei Paesi ricchi, la sofferenza dei pakistani è diventata invisibile. Secondo Cropp, «La debole copertura mediatica è una delle ragioni per le quali il Pakistan riceve solo pochi fondi. La reticenza dei donatori è anche legata alla cattiva stampa che ha ricevuto il Pakistan ed al fatto che il Paese è considerato come una base per i gruppi armati. Se si esamina la copertura mediatica, ci si rende conto che il Paese è oggetto do percezioni negative. La gente parla delle relazioni del governo pakistano con l'America, parla di milizie, di cose come queste. Questa percezione negativa produce reticenza tra i donatori. Il problema non dovrebbe essere politicizzato. Gli abitanti del Sindh non fanno parte delle milizie, sono persone  normali, contadini, insegnanti ed hanno bisogno di aiuto».

Anche Act Alliance, una rete di  125 chiese ed organizzazioni religiose ha chiesto un maggior impegno dei donatori ed ha deplorato la lentezza della risposta internazionale alla tragedia pakistana:  «Le comunità più colpite sono, in maggioranza, già impoverite e marginalizzate ed hanno bisogno di aiuto per non cadere al di sotto della soglia di povertà, per non indebitarsi di più e precipitare nell'incertezza».

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