[24/01/2012] News

Il tuo computer contro il rischio terremoti: la partecipazione alla scienza

Trasformiamo i loro computer in altrettanti sensori sismici e coglieremo due obiettivi: aumentare di un ordine di grandezza e più la capillarità delle rete di controllo dei terremoti e offrire una straordinaria opportunità ai cittadini comuni di essere coinvolti nella comprensione e nello studio dei fenomeni tellurici.

La proposta è di Richard Allen, del Seismological Laboratory and Department of Earth and Planetary Science, della University of California di Berkeley ed è stata pubblicata nei giorni scorsi dalla rivista Science.

I computer e, in particolare internet, sono strumenti già utilizzati in ambito geofisico e, più in generale, nello studio e nella risposte operative ai disastri naturali. I messaggi postati su Facebook e su Twitter dai cittadini dell'Aquila hanno aiutato la Protezione Civile a intervenire in maniera più pronta e precisa in occasione del terremoto dell'Aquila nella primavera del 2009. E hanno dato un notevole aiuto anche nel più recente terremoto con conseguente tsunami l'11 marzo 2011 in Giappone.

Le informazioni di tempo reale dei cittadini sono così utili da spingere la Geological Survey degli Stati Uniti (USGS) a lanciare il programma "Did You Feel It?" (DYFI): «L'hai sentito?». In occasione di un terremoto i cittadini possono collegarsi via internet al sito DYFI e rispondere a domande predisposte per ottenere le informazioni più utili per la piena comprensione di quanto sta accadendo.

Le risposte si integrano con i dati strumentali e aiutano a costruire una vera e propria mappa molto dettagliata degli effetti di un terremoto. La partecipazione dei cittadini è molto alta. A tutt'oggi su DYFI ci sono due milioni di entrate che possono essere anche scaricate. La U. S. Geological Survey utilizza anche Twitter e la parola "earthquake" per ottenere informazioni utili.

Internet e i messaggi dei cittadini sono utilizzati anche dal Centro sismologico euro mediterraneo (EMSC) e in Italia dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV). Le informazioni, come dicevamo, si sono rivelate molto utili, anche in occasione del terremoto dell'Aquila.

Tuttavia la proposta di Richard Allen è diversa. Si tratta di attrezzare i nostri computer portatili e i nostri telefonini più avveniristici (smart phone) con veri e propri accelerometri. Ovvero con strumenti in grado di rilevare una scossa sismica. È dimostrato che questi sensori montati su elementi mobili come computer e telefonini sono capaci di distinguere un terremoto dal rumore di fondo (per esempio da una caduta o da un brusco movimento) in casi di sismi di magnitudo superiore a 5.

Naturalmente la rete sismologica mondiale è già in gradi di rilevare in tempo reale terremoti di questa potenza. La loro sensibilità è tale che un terremoto in Nuova Zelanda di magnitudo 5 viene facilmente rilevato anche in Italia, dall'altra parte del globo. Tuttavia i geofisici sanno che la propagazione delle onde sismiche è un fenomeno complesso e che una rete molto capillare è decisiva per la piena comprensione di un sisma. I computer dei cittadini comuni aiuterebbero a realizzare reti sismologiche con una capillarità senza precedenti.

Certo, ci sono molti limiti e anche molte possibili fonti di errori. Ma il rapporto tra costi e benefici è nettamente a vantaggio dei secondi. D'altra parte non sarebbe la prima volta che i cittadini non esperti con i loro (in apparenza) piccoli computer contribuiscono a creare una rete di rilevamento: succede, per esempio, con SETI, il programma scientifico di ricerca di segnali da parte di eventuali intelligenze extra-terrestri.

Ma, oltre ai vantaggi scientifici, il progetto di Richard Allen avrebbe grandi e positivi effetti sociali. Chi mette a disposizione il proprio computer o il proprio telefonino è, in primo luogo, indotto a saperne di più. Il progetto avrebbe, dunque, come prima conseguenza la spontanea alfabetizzazione. Inoltre i cittadini si sentirebbero "parte attiva" della ricerca, acquisendo una consuetudine sia con i ricercatori sia con il rischio sismico. E sarebbero indotti ad assumere spontaneamente comportamenti positivi di riduzione del rischio.

Un'ultima nota, a beneficio degli esperti di sociologia della scienza. Non si tratterebbe, in questo caso, della cosiddetta "scienza partecipata": ovvero di un esperimento in cui i non esperti assumono anche il ruolo di ricercatori in prima persona. Si tratterebbe, invece, di partecipazione alla scienza (e alla protezione civile) in cui i ruoli tra scienziati e non esperti resterebbero ben distinti, sia pure in un clima di piena collaborazione. Sarebbe uno straordinario esperimento di "cittadinanza scientifica" senza pericolose esposizioni ai venti della demagogia.

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