[27/01/2012] News

Mammiferi marini nel menù. 87 specie di cetacei, foche, dugonghi e orsi polari consumati in 114 paesi

Il mondo occidentale segue con curiosità e allarme la battaglia tra le baleniere giapponesi e gli ambientalisti nei mari dell'Antartide, guarda orripilato alla strage rituale di globicefali nelle isole Faer Oer o dei del fini in Giappone, ma l'attenzione su quanto succede a molti mammiferi marini nel resto del mondo grande balena al mondo è scarsa, la cattura deliberata o accidentale di delfini, focene, lamantini ed altri cetacei viene raramente studiata o monitorata.

In un nuovo studio pubblicato da Biological Conservation, Martin Robards, della Wildlife Conservation Society (Wcs), e Randall Reeves di Okapi Wildlife Associates (Owa), fanno luce sul consumo umano globale di carne di mammiferi marini , basandosi su circa 900 fonti di informazione. Ne è risultato che dagli anni '90, in almeno 114 Paesi sono state mangiate una o più di 87 specie di mammiferi marini. Oltre a questa global review gli scienziati della Wcs stanno lavorando in molti Paesi in via di sviluppo per valutare e contrastare la minaccia per le popolazioni di delfini locali che deriva dall'uso di mangiare la loro carne, cercando di attuare forme di salvaguardia.
Naturalmente quello che oggi è diventato un tabù per molti consumatori occidentali fino a pochi anni fa era usuale in molti Paesi, compresa l'Italia, dove si mangiava carne di delfino (il musciame venduto ancora oggi e illegalmente a peso d'oro) e di tartarughe marine, ma fortunatamente le cose cambiano e la consapevolezza dell'intelligenza e della crescente rarità dei mammiferi marini ci ha portato a proteggerli.

Per realizzare un quadro statisticamente robusto del consumo umano di mammiferi marini nel mondo, Robards e Reeves hanno cominciato ad analizzare i dati sulla piccola pesca che si concentra su odontoceti come a esempio globicefali, delfini e focene catturati dal 1975 e sui dati globali delle catture di mammiferi marini tra il 1966 e il 1975. Le 900 fonti consultate e le interviste con numerosi ricercatori e manager ambientali hanno prodotto un'indagine esaustiva che ha richiesto tre anni di lavoro. Il team ha tenuto conto solo delle informazioni con prove effettive di consumo umano di mammiferi marini, tralasciando i casi in cui sono stati catturati (intenzionalmente o no) per utilizzare la loro carne come esche da pesca, mangime per altri animali, medicinali e altri usi.

Robards spiega «Organismi internazionali come l'International whaling commission sono stati istituiti specificamente per valutare lo stato delle popolazioni di balene e regolano la caccia di questi giganti. Queste specie, tuttavia, rappresentano solo una frazione della diversità dei mammiferi marini del mondo, molti dei quali sono accidentalmente presi nelle reti, intrappolati e, in alcuni casi, cacciati direttamente senza alcun tipo di monitoraggio, come se queste catture fossero sostenibili». 

L'elenco dei mammiferi marini uccisi per il consumo umano comprende specie misteriose come il mesoplodonte pigmeo (Mesoplodon peruvianus) oscuri come la balena dal becco pigmeo, il platanista (Platanista gangetica, il delfino del fiume dell'Asia meridionale), il narvalo (Monodon monoceros), il cefalorinco eutropia (Cephalorhynchus eutropia, delfino cileno), il globicefalo (Globicephala melas) e la focena di Burmeister (Phocoena spinipinnis). Ma nel menù degli esseri umani ci sono anche foche e leoni marini, specie note come l'otaria della California (Zalophus Californianus) e molto meno conosciute e più rare come la foca del Baikal (Phoca Sibirica). Tra i mammiferi marini che finiscono nel piatto dell'uomo bisogna annoverare anche l'orso polare (Ursus maritimus), tre specie di lamantini e il dugongo, la cui carne è considerata una prelibatezza in diversi Paesi.

In Congo, Gabon e Madagascar due ricercatori del Wcs, Salvatore Cerchio e Tim Collins, stanno conducendo studi scientifici per valutare lìimpatto delle catture sullo stato delle popolazioni di delfini e lavorano con le comunità locali di pescatori tradizionali per ridurre le catture accessorie accidentali e la caccia ai delfini intenzionale. Cechio e Collins hanno documentando una tendenza preoccupante all'aumento delle catture ed all'utilizzo dei delfini come cibo. A volte questi cetacei vengono venduti direttamente nei mercati più noti e frequentati, insieme alla carne di animali selvatici terrestri.

Cerchio e il Wcs Madagascar team stanno lavorando con le comunità locali per costituire un'associazione ambientalista composta da pescatori locali, c visto che le loro leggi tradizionali proteggono i delfini, e per trasformare le popolazioni di balene e delfini come mezzi di sostentamento alternativi, attraverso l'eco-turismo ed il Whale Watching. Lungo le coste del Gabon e del Congo, che rappresentano una delle ultime roccaforti per la rara susa atlantica (Sousa teuszii) le catture effettuate dai pescatori del Gabon sono estremamente rare ma, come ha accertato una recente ricerca della Wcs, i delfini che attraversano il confine con il Congo rischiano fortemente di finire nelle reti da posta dei piccoli pescatori. Secondo Collins «La susa atlantica potrebbe essere il mammifero più raro nella regione del bacino del Congo. Purtroppo, pochi ne hanno mai sentito parlare» e i pescatori che le mangiano rischiano inconsapevolmente di cancellarle dalla faccia del pianeta.

Nel complesso, a differenza di quanto si potrebbe credere dalle nostre tavole imbandite, la revisione storica dei dati, secondo Wcs ed Owa «Rivela dal 1970 una escalation nell'utilizzo di piccoli cetacei, in particolare delle specie costiere e degli estuari, spesso presi in modo accidentale, "bycatch", nelle reti calate per i pesci e altre specie. Una volta catturati, però, i piccoli cetacei sono sempre più utilizzati come cibo in zone di insicurezza alimentare e/o povertà». Gli autori dello studio chiamano questo fenomeno «Fshing up the food chain».

Howard Rosenbaum, direttore dell'Ocean giants program del Wcs, sottolineaa: «Ovviamente, è necessario migliorare il monitoraggio di specie come le megattere dell'Atlantico e dell'Indo-Pacifico, dei delfini e di altre specie, Nelle aree più remote e in un certo numero di Paesi, il maggior bisogno immediato è quello di capire le motivazioni che sono dietro il consumo di mammiferi marini ed utilizzare queste informazioni per sviluppare soluzioni per proteggere queste specie iconiche che conducono ad una più efficace gestione e conservazione. L'Ocean giants program lavora in un certo numero di territori marini di cruciale importanza, in particolare per piccoli cetacei. Questi sforzi sono concentrati a livello locale per affrontare gli impatti locali sulle popolazioni di delfini costieri, attuando azioni pratiche "on-the-ground" di conservazione, per completare il lavoro di ricerca globale».

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