[31/05/2012] News

Le 770 nuove specie all’anno scoperte in Europa e “l’impedimento tassonomico”

Oltre il 60% delle scoperte di nuove specie è merito di “dilettanti”

PlosOne  ha pubblicato lo studio "New Species in the Old World: Europe as a Frontier in Biodiversity Exploration, a Test Bed for 21st Century Taxonomy", al quale hanno partecipato 38 ricercatori provenienti da tutta Europa e dall'Australia, tra i  quali ben 7 italiani:  Paolo Audisio (Dipartimento di biologia e biotecnologia "C. Darwin", università La Sapienza di Roma); Maria Balsamo (Dipartimento di scienze dell'uomo, dell'ambiente e della natura, università di Urbino ‘Carlo Bo'); Carlo Belfiore(Dipartimento di scienze ecologiche e biologiche, università della Tuscia, Viterbo); Romolo Fochetti (Dipartimento di scienze ambientali, università della Tuscia, Viterbo) Alessandro Minelli) Dipartimento di biologia, università di Padova); Claudia Ricci (Dipartimento di protezione dei sistemi agroalimentare e urbano e valorizzazione delle biodiversità, università degli Studi di Milano); Emilia Rota (Dipartimento di scienze ambientali, Sezione di sistematica ed ecologia animale e vegetale, università di Siena). 

Il team internazionale di ricercatori sottolinea che «Il numero di specie descritte sul pianeta è di circa 1,9 milioni, con circa 17.000 nuove specie descritte annualmente, per lo più ai tropici. Tuttavia, la tassonomia è di solito descritta come una scienza in crisi, mancano manodopera e finanziamenti, un problema politico riconosciuto e noto come impedimento tassonomico. Lo studio, utilizzando i dati del database "Fauna Europaea" e dello "Zoological Record"  dimostra che «Contrariamente a quanto generalmente si crede, le parti del mondo sviluppate e fortemente studiate sono importanti riserve di specie sconosciute. In Europa, nuove specie di animali pluricellulari terrestri e d'acqua dolce sono stati scoperti e denominati ad un ritmo senza precedenti».

Infatti, dagli anni '50 ad oggi,  in media ogni anno in Europa sono state descritte oltre 770 nuove specie, che si aggiungono alle 125.000 specie terrestri e di acqua dolce pluricellulari già note nel nostro continente. E i ricercatori avvertono che «Non c'è alcun segno di aver raggiunto un plateau che consenta la valutazione della grandezza della biodiversità europea». 

La cosa più eclatante è che «Oltre il 60% di queste nuove specie sono descritte da tassonomisti non professionisti. I dilettanti sono riconosciuti come una parte essenziale della forza lavoro in ecologia e astronomia, ma la grandezza dei contributi dei tassonomisti non-professionisti alla alfa-tassonomia (il livello di descrizione delle specie, ndr)  fino ad ora non è stata pienamente realizzata». Benoît Fontaine del Muséum national d'histoire naturelle di Parigi, che condotto il folto team di ricerca, spiega in un'intervista a "Planet Earth", pubblicato dal Natural environment research council, «Siamo rimasti sorpresi a questa cifra. Tutti in questo campo sanno che i non professionisti giocano un ruolo importante, ma questo fino ad ora non era stato quantificato. Dobbiamo accelerare l'inventario, ad esempio con una migliore integrazione dei dilettanti con gli esperti, altrimenti perdiamo decine di migliaia di specie, prima siamo che nemmeno a conoscenza della loro esistenza. I citizen scientists, o non specialisti, sono ampiamente riconosciuti come una parte essenziale della forza lavoro in altri settori scientifici come l'ecologia e l'astronomia. Ma il ruolo di dei tassonomisti non professionisti è completamente sottovalutato al di fuori della comunità tassonomica».

I risultati ai quali sono giunti i ricercatori «Sottolineano l'importanza di sviluppare un sistema che migliori, supporti e guidi questa formidabile forza lavoro, mentre cerchiamo di superare l'impedimento tassonomico e di accelerare il processo di descrizione della biodiversità del pianeta, prima che sia troppo tardi».

Insomma, lo studio sconvolge la convinzione comune che ormai in Europa tutti gli animali siano conosciuti e classificati da molto tempo: le specie sconosciute sono invece un grande numero e le scoperte di nuove specie, avvenute ad un tasso record 4 volte più veloce di quanto fosse più di due secoli fa, ogni anno ci fa conoscere "nuovi" coleotteri, ragni, molluschi e anche pesci d'acqua dolce.

Alcuni studi suggeriscono che ci possono essere fino a 30.000 milioni di tipi diversi di piante, animali e funghi nel pianeta. Il problema è che, al ritmo attuale,  descriverli e denominarli tutti potrebbe richiedere parecchi secoli. La descrizione, denominazione e classificazione degli organismi, altrimenti conosciuta come tassonomia, è da tempo riconosciuta in crisi: «Ci sono pochissimi finanziamenti in Europa per questo soggetto, anche perché si parte dal presupposto che tutto è stato scoperto e che tutte le nuove specie si trovano ai tropici" sostiene Fontaine - Quindi non ci sono abbastanza persone formate».

Sembra un fenomeno molto europeo, visto che i finanziamenti alla tassonomia non sono stati prosciugati allo stesso modo negli Usa  e in Australia «Questo potrebbe essere perché sono visti come il Nuovo Mondo, quindi c'è ancora molto da scoprire», dice Fontaine. Il team internazionale ha invece scoperto che per molti gruppi di specie europei, come ad esempio acari, mosche e lumache, non abbiamo ancora raggiunto il livello massimo di  specie presenti: «Sappiamo quanti uccelli, cozze d'acqua dolce e libellule ci sono in Europa, ma non abbiamo idea di quante zecche, nematodi o scarafaggi ci sono. Non sapere quante specie europee ci sono significa che è impossibile valutare pienamente il livello della biodiversità del continente. Non si tratta solo dell'utilità, o dei servizi ecosistemici (tempo libero, benessere, medicine, acqua pulita) che prendiamo dalla biodiversità, ma è un problema etico: stiamo spazzando via le specie. Tutte le specie hanno un valore intrinseco», evidenzia Fontaine.

Secondo il team per accelerare il processo di catalogazione di tutti gli organismi viventi europei, i tassonomisti professionisti dovrebbero collaborare più strettamente con i non professionisti, e Fontaine conclude: «Una soluzione potrebbe essere quella di integrare i dilettanti, che utilizzano tecniche tradizionali come lo studio della morfologia della specie, con i professionisti che utilizzano tecniche ed attrezzature sofisticate come il sequenziamento genetico. Ci auguriamo che questi risultati focalizzino l'attenzione dei decision-makers». 

 

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