[06/07/2012] News

Le riserve marine integrali indispensabili per impedire il collasso da sovrapesca

Un team di ricercatori del Marine laboratory dell'Università di Guam, delle università australiane James Cook  e Curtin e dell'Australian research council centre of excellence for coral reef studies ha presentato su PlosOne lo studio  "Marine Reserves and Reproductive Biomass: A Case Study of a Heavily Targeted Reef Fish", nel quale evidenzia che «La sovra-pesca del reclutamento (la riduzione di uno stock riproduttivo oltre un punto in cui lo stock non può più ricostituirsi) è un problema comune che può portare a un rapido e irreversibile collasso della pesca. 

Per evitare questo disastro occorre mantenere una popolazione sufficiente per la deposizione delle uova per tamponare le fluttuazioni stocastiche nel reclutamento degli stock fortemente concentrati. Strategie ottimali per la gestione delle biomasse fertili  sono ben sviluppate per i sistemi temperati, ma restano incerte per la pesca tropicali, dove il pericolo di crollo da sovrasfruttamento delle reti di reclutamento è più grande». 

Questo studio, finanziato dal Fish and wildlife sportfish restoration program Usa, e sostenuto dal Guam department of agricolture, è stato condotto a Guam in quattro "enclosed reef-flat sites" tra i quali due riserve marine integrali (Piti Marine Preserve e Achang Marine Preserve)  e  due siti con le stesse caratteristiche (East Agana Bay e Rios Bay) aperti alla pesca. 

I ricercatori hanno analizzato empiricamente e attraverso modellazioni il ruolo delle  riserve marine integrali (dove è vietata la pesca) per massimizzare biomassa fertile di pesci Lethrinus harak (chiamati localmente mafuti), sfruttata nelle barriere coralline del mare del territorio Usa non incorporato di Guam - in Micronesia - ed hanno scoperto che « In media, la biomassa fertile era 16 volte superiore all'interno delle riserve rispetto agli adiacenti siti di pesca. La densità di adulti e le dimensioni degli habitat specifici dei pesci erano in  media  significativamente maggiori». 

Per valutare l'effetto di diversi scenari di gestione sulla demografia dei mafuti, pesci molto consumati a Guam,  lo studio ha  utilizzato questi dati in un modello strutturato per età della popolazione. E' venuto fuori che «al di sotto di un limite minimo,  in ogni scenario di prelievo illimitato e di chiusura a rotazione, il modello prevede che la mortalità preferenziale dei pesci più grandi e più vecchi provochi un declino drammatico nella biomassa fertile e una prevalenza di pesci di sesso maschile, così come un notevole calo dell'abbondanza totale.  Nel caso di chiusura a rotazione ciò avviene a causa della mancata corrispondenza tra i livelli di recupero e di prelievo». 

I ricercatori dicono che i loro risultati «Evidenziano come gli scenari alternativi di gestione siano inferiori rispetto alle riserve marine nel preservare popolazioni vitali di pesci riproduttivi sulle barriere coralline».

Secondo il giornale on-line Guampdn, «Lo studio aiuta a risolvere un lungo dibattito a Guam e nel mondo riguardo a se le riserve delle aree marine protette possano fungere da "dispensa vivente" aprendo periodicamente le riserve di pesca, o se soccombere a tale tentazione potrebbe portare al collasso della pesca di tramite un processo noto come "recruitment overfishing", nel quale una popolazione pesci adulti è impoverita ad un livello in cui non ha più la capacità riproduttiva per rifornire se stessa. I ricercatori hanno scoperto che anche un'apertura di breve apertura alla pesca delle marine preserve areas ha portato a  lungo termine ad un declino nella capacità di questa specie di reci uperare i suoi numeri, nonostante i molti anni di successiva chiusura».

Il principale autore dello studio, Brett Taylor, ex studente dell'università di Guam e candidato ad un dottorato alla James Cook University, spiega: «Abbiamo scoperto che anche un pesce con una vita relativamente breve, come il mafuti, nelle aree delle riserve marine è molto più lento nel recupero  dei suoi più individui grandi. Il nostro studio fornisce prove convincenti che le popolazioni ittiche rispondono  in modo sensibile e negativamente alla temporanea apertura alla pesca delle marine preserve areas».

Uno dei coautori,  Jen McIlwain, della Curtain University, aggiunge che «In realtà, l'apertura delle marine preserve areas anche brevemente alla pesca da come risultato una mortalità preferenziale dei pesci più grandi e più anziani, maggiormente responsabili al mantenimento della popolazione, rendendo il recupero ancora più difficile. Questo, a sua volta, rende difficile per una marine preserve area svolgere il suo compito principale di reintegro delle aree limitrofe in cui è consentita la pesca».

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