[09/10/2012] News

Nuovo rapporto Ance e Cresme: serve un Piano nazionale per la manutenzione e la messa in sicurezza del territorio dai rischi idrogeologici e sismici

L'interessante rapporto Ance (Associazione nazionale costruttori edili)-Cresme (Centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato) sullo stato del territorio italiano non porta purtroppo novità positive ma ribadisce i gravosi ritardi del Bel Paese in tema di difesa del suolo.

Secondo quanto riportato nel rapporto la mancata prevenzione del rischio idrogeologico al quale è sottoposto il territorio italiano costa 3,5 miliardi all'anno, con un costo complessivo dei danni provocati da terremoti, frane e alluvioni, dal 1944 al 2012, pari a 242,5 miliardi di euro.  In particolare, dal 1991 al 2011, risultano finanziati interventi per circa 10 miliardi di euro, meno di 500 milioni all'anno, per l'80% gestiti dal ministero dell'Ambiente. In 10 anni (2002-2012) i bandi di gara per lavori di sistemazione e prevenzione del dissesto idrogeologico rappresentano, rispetto all'intero mercato delle opere pubbliche, solo il 5% per numero di interventi e il 2% per importi di gara. Questi numeri sono eloquenti e accompagnati a quelli del rischio alle calamità cosiddette naturali, a cui è sottoposto il nostro territorio, fotografano il quadro della situazione. 

Infatti le aree a elevato rischio sismico sono circa il 44% della superficie nazionale (131 mila kmq) e interessano il 36% dei comuni (2.893). Le aree a elevata criticità idrogeologica (rischio frana e/o alluvione) rappresentano circa il 10% della superficie italiana (29.500 kmq) e riguardano l'89% dei comuni (6.631). Nelle aree ad elevato rischio sismico vivono 21,8 milioni di persone (36% della popolazione), per un totale di 8,6 milioni di famiglie e si trovano circa 5,5 milioni di edifici tra residenziali e non residenziali. Il rischio sismico maggiore riguarda le regioni della fascia appenninica e del Sud Italia. Al primo posto c'è la Campania, in cui 5,3 milioni di persone vivono nei 489 comuni a rischio sismico elevato. Seguono la Sicilia, con 4,7 milioni di persone in 356 comuni a rischio e la Calabria, dove tutti i comuni sono coinvolti, per un totale di circa 2 milioni di persone. E sempre in queste tre regioni il patrimonio edilizio è esposto a rischio sismico maggiore: Sicilia (2,5 milioni di abitazioni), Campania (2,1 milioni di abitazioni), Calabria (1,2 milioni). Per quanto riguarda  la superficie italiana ad elevata criticità idrogeologica è per il 58% soggetta a fenomeni di frana (17.200 kmq) e per il 42%  a rischio alluvione (12.300 kmq).

E' bene ricordare che il rischio è dato anche dal consumo di suolo e dallo scriteriato sviluppo urbanistico di cui talvolta anche i costruttori edili hanno beneficiato. In tal senso, oltre ad un Piano nazionale per la manutenzione e la messa in sicurezza del territorio dai rischi idrogeologici e sismici, richiesta avanzata da Ance e Cresme, ci vuole anche una condivisione sul modello di sviluppo territoriale a cui approdare che non può certo essere incentrato sulla "sbornia" di cemento.  Intanto però sul Piano nazionale il governo prevede tempi lunghi. «Penso che i tempi tecnici per l'avvio del Piano nazionale per la manutenzione e la messa in sicurezza del territorio dai rischi idrogeologici e sismici possano non essere brevi, data l'esigenza di conseguire il concorso regionale- ha affermato il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Mario Ciaccia- mi sentirei quindi di suggerire uno strumento ausiliario che possa fare da scintilla per accendere subito i motori del Piano. Un tale effetto si potrebbe ottenere facendo direttamente leva sulle unità elementari del territorio chiamate a svolgere la parte operativa degli interventi, cioè i comuni, aggiungendo un ulteriore stimolo rispetto alla già molto utile riduzione dei vincoli del Patto di stabilità.

Lo stimolo per il territorio- ha continuato Ciaccia- non può che essere l'assegnazione ai comuni di ulteriori, anche non rilevanti risorse, da reperire tra le pieghe dell'intero bilancio statale». Il viceministro, per quanto riguarda l'avvio del Piano, immagina «una sorta di Cabina di regia, da porsi nell'ambito del ministero dell'Ambiente e composta da rappresentanti dei vari livelli di governo interessati. La Cabina di regia potrebbe avere il compito di selezionare, sulla base di criteri predefiniti, i comuni che presenteranno i loro progetti di intervento».  Questo pare passaggio fondamentale, perché al di la dell'auspicabile eliminazione dei vincoli del Patto di stabilità, è da ricordare che i comuni con le loro scelte urbanistiche prive di una lettura territoriale di area vasta, e talvolta dettate dalla ricerca di consenso nel breve periodo, sono i massimi responsabili dei disastri consumati ai danni dell'ambiente.  Per il ministro Corrado Clini, la realizzazione di una cabina di regia «è una buona idea, ma prima bisogna capire come fare, altrimenti i registi senza copione fanno fatica a lavorare». 

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