[23/11/2012] News

La siccità mette in pericolo gli alberi in tutto il mondo

Il 70% di 226 specie forestali a rischio “guasto idraulico”

Nature pubblica uno studio molto preoccupante ("Plant ecology: Forests on the brink") di Bettina M. J. Engelbrecht, una ricercatrice del Centro di scienze ecologiche ed ambientali dell'università tedesca di Bayreuth e dello Smithsonian tropical research institute di Panama, che analizza la vulnerabilità fisiologica di diversi alberi di fronte alle forti siccità che colpiscono le foreste in tutto il mondo e dal quale emerge che «Sono ad elevato rischio di soccombere agli aumenti delle condizioni di siccità».

I cambiamenti nei modelli delle precipitazioni e l'aumento delle temperature associati ai cambiamenti climatici possono provocare un diffuso declino delle foreste nelle regioni in cui sono previsti periodi di siccità ad un loro aumento in durata e la gravità. Una delle cause principali della perdita di produttività e mortalità delle piante durante la siccità è il "guasto idraulico". Lo stress da siccità crea emboli di gas intrappolati nel sistema di trasporto dell'acqua, che riducono la capacità delle piante di fornire acqua alle foglie per lo  scambio gas fotosintetico e, in ultima analisi, può provocare essiccamento e mortalità. Al momento, nonostante i molti singoli esperimenti, ci manca un quadro chiaro di come le soglie del guasto idraulico varino in una vasta gamma di specie e ambienti» 

La Engelbrecht  ed il hanno messo insieme dati pubblicati e non pubblicati sulla vulnerabilità  del sistema di trasporto dell'acqua all'embolia indotta dalla siccità per un gran numero di specie legnose e ha esaminato così le possibili conseguenze dei cambiamenti climatici nei diversi  biomi forestali. «Abbiamo dimostrato  - si legge nella ricerca - che il 70% di 226 specie forestali provenienti da 81 siti in tutto il mondo operano con stretti margini di sicurezza idraulica (<1  megapascal) rispetto ai livelli dannosi di stress da siccità e quindi potenzialmente affrontano per un lungo periodo una riduzione della produttività e della sopravvivenza in caso di aumento della temperatura e aridità, come previsto per molte regioni in tutto il mondo. I margini di sicurezza sono in gran parte indipendenti dalla media delle precipitazioni annuali, il che dimostra che non vi è una convergenza globale tra vulnerabilità delle foreste e siccità, con tutti i biomi forestali ugualmente vulnerabili al guasto idraulico, indipendentemente dalle attuali piogge nel  loro ambiente».

Questi risultati forniscono una spiegazione sul perché morie indotte dalla siccità si stiano verificando non solo nelle foreste delle regioni aride, ma anche nelle foreste "umide" normalmente considerate non a rischio siccità. Secondo la Engelbrecht si tratta di una grande sorpresa: «Mi sarei aspettata  che gli alberi delle zone aride avessero un margine di sicurezza più ampio. Ma la maggior parte delle specie sembrano essere proprio sull'orlo del baratro. Solo un po'di più di siccità in più li spingerebbe oltre».

Come effetto del global warming gli scienziati si aspettano un aumento della siccità in tutto il pianeta e le previsioni di problemi all'approvvigionamento idrico sono purtroppo già confermate, così come i problemi per l'agricoltura e a produzione di energia. Era certo che anche le foreste fossero interessate, ma il nuovo studio pubblicato da Nature dimostra che questi effetti potrebbero essere più estesi e dannosi di quanto si credesse.

In realtà quel che uccide gli alberi nei periodi di siccità e un "guasto idraulico". Normalmente l'acqua traspira dagli stomi delle foglie dell'albero e viene rimpiazzata da quella che dalle radici, attraverso piccoli canali nel tronco, nel tessuto legnoso chiamato xilema. Come spiega Engelbrecht su Nature è «Molto simile a succhiare l'acqua con una cannuccia». Durante una forte siccità il livello di traspirazione aumenta, ed aumenta così anche l'aspirazione, mentre la quantità di acqua disponibile alle radici scende. L'aspirazione supplementare può tirare bolle d'aria attraverso i pori nei lati dei canali dello xilema, e quando questo succede i canali si "intasano".  La Engelbrecht evidenzia: «Quanto sia vulnerabile il tessuto in una particolare specie alla formazione di bolle è una misura della sua resistenza alla siccità».

La ricerca ha permesso di scoprire che, mentre gli alberi che vivono nelle aree secche hanno, in termini assoluti, una maggiore tolleranza alla siccità rispetto a quelli in zone umide e che continuano a "succhiare" anche in punto di morte. Engelbrecht ne spiega la ragione: «Più è l'acqua che trasportano i canali che passano attraverso lo xilema, il più grandi sono i pori nelle foglie o negli aghi dove fuoriesce l'acqua. Quelle con gli stomi più grandi permettono anche l'albero di assumere più di carbonio per la fotosintesi e quindi di crescere più velocemente. Una crescita più rapida significa che gli alberi con più canali e stomi, sia nelle zone secche che umide, tendono ad entrare in competizione con quelli con aperture più piccole».

Le leggi dell'evoluzione hanno fatto sì che gli alberi tendano ad avere più canali possibili, non importa in quali condizioni vivono. Ma il rovescio della medaglia è che i canali più grandi sono più soggetti a perdite d'aria, quindi, anche un po' di siccità in più provoca, in modo relativamente semplice, il "guasto idraulico" negli alberi.

La Engelbrecht conclude: «Speravamo che alcune foreste fossero relativamente immuni alla siccità, e che non dovessimo preoccuparcene molto. Ora abbiamo scoperto che ci dobbiamo preoccupare per tutte. Purtroppo non sembra che qualcuno possa far molto per prevenire le morie di foreste in mondo in riscaldamento e soggetto a siccità. In pratica, questo ci dice che dobbiamo mantenere il cambiamento climatico il più possibile sotto controllo». 

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