[12/02/2013] News
Una società iperconsumistica che produce rifiuti crescenti, insieme ad una scarso riciclo ed ad una insufficiente gestione del recupero e del riutilizzo ha fatto diventare i rifiuti marini una minaccia per l'ecosistema marino e la salute umana. Secondo l'Onu, i rifiuti marini saranno uno dei problemi ambientali emergenti più importanti della nostra epoca. I vortici di "spazzatura marina" sembrano in continua crescita e recentemente ne è stato scoperto un altro nell'Atlantico, senza interventi specifici questo problema continuerà a crescere perché i rifiuti marini sono composti da materiali persistenti e nocivi per l'ambiente e per generazioni di organismi marini e quindi anche per l'uomo.
L'Institute for environmental studies della Vrije Universiteit di Amsterdam (Vu Amsterdam) scrive a greenreport.it per segnalarci un nuovo importante progetto e per sottolineare come le preoccupazioni dei cittadini europei per l'inquinamento e le "isole di plastica" hanno stimolato governi, imprese, Ong a prendere iniziative per capire come affrontare il problema della "zuppa di plastica" che si addensa in alcune aree dei mari europei, a cominciare dal Mediterraneo. «Per i prossimi tre anni - sottolinea la Vu Amsterdam - i ricercatori europei sonderanno il problema insieme alle piccole e medie imprese, ad una Ong e ad una vasta rete di comunità costiere».
Si tratta del progetto "Cleansea", coordinato dall'Istituto per gli studi ambientali dell'università olandese e finanziato dal 7° Programma Quadro dell'Unione Europea, e il Consorzio spiega che «Sta valutando gli impatti e le quantità di rifiuti marini con tecniche di nuova concezione e determinando le misure di mitigazione e le migliori opzioni politiche da perseguire da parte dell'Europa».
I rifiuti marini sono da tempo nell'agenda della Commissione europea e il commissario europeo all'ambiente Janez Potočnik li ha definiti «Una minaccia sempre più grave per la biodiversità, la salute umana e degli ecosistemi e la nostra economia». Cleansea arriva giusto in tempo per contribuire a raggiungere l'obiettivo principale della direttiva europea quadro sulla strategia marina (2008/56/CE): un buono stato ambientale di tutte le aree marine europee entro il 2020. L'ambizione dell'Ue è quello di ridurre i rifiuti marini ad un livello che non danneggi l'ambiente marino.
Heather Leslie, un eco-tossicologo della Vu di Amsterdam e coordinatore di Cleansea, spiega: «Stiamo affrontando i rifiuti marini da una prospettiva interdisciplinare. Da precedenti studi sugli inquinanti ambientali, quali il Pcb e ritardanti di fiamma, abbiamo imparato che la progettazione di soluzioni efficaci richiede input da molteplici stakeholders e un mix di competenze. Il nostro approccio aiuta a scoprire gli angoli ciechi nella nostra comprensione dei fattori dei rifiuti marini e le conseguenze dannose del business-as-usual sugli ecosistemi marini».
Cleansea utilizzerà tecniche avanzate nei campi della tossicologia ambientale e della chimica analitica, immagini satellitari, la modellazione oceanografica e test sulla biodegradazione dei materiali per valutare la destinazione, la distribuzione e l'impatto di rifiuti marini. Attraverso una varietà di politiche e di valutazione degli approcci economici i ricercatori puntano ad identificare i driver dell'inquinamento marino ed a raccomandare le conseguenti opzioni politiche e di governance dell'inquinamento, con misure di gestione efficaci per attenuarlo.
Il consorzio di ricerca è composto da 17 partner provenienti da 11 Stati membri dell'Ue che rappresentano tutte le coste marine: il Mar Nero, il Mediterraneo, il Mare del Nord , il Mar Baltico e il Nord Atlantico, e terrà la sua prima riunione ad Amsterdam il 14 febbraio. Il discorso di apertura sarà tenuto dal guest speaker Jacqueline Cramer che, quando è stata ministro olandese dell'edilizia, della pianificazione territoriale e dell'ambiente (2007 - 2010), ha svolto un ruolo essenziale nel portare la "zuppa di plastica" all'attenzione delle agende politiche nazionali e internazionali.