[25/03/2013] News

Golpe armato nella Repubblica Centrafricana: il capo dei ribelli č il nuovo presidente

Saccheggi a Bangui. Bozizé fuggito in Camerun

Michel Djotodia, capo della coalizione armata ribelle Séléka che ieri si è impadronita di Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana, si è autoproclamato presidente del Centrafrica e, con una discreta faccia tosta, ha detto alla radio nazionale da poco occupata dalle sue milizie:  «Noi agiamo in conformità con gli accordi di Libreville», che dettero vita al governo di unità nazionale che ieri è stato rovesciato con le armi.

Djotodia ha promesso elezioni entro tre anni ed ha confermato come premier il primo ministro Nicolas Tiangaye che proviene dalle fila dell'opposizione dell'ormai ex presidente (anche lui golpista) François Bozizé, che dopo essere fuggito nella Repubblica democratica del Congo è alla fine stato accolto in Camerun insieme alla sua famiglia. Dopo che bande di giovani nella notte tra sabato e domenica hanno saccheggiato supermercati e negozi di Bangui, la Séléka ha dichiarato il coprifuoco nella capitale. Mentre molti a Bangui temono vendette da parte delle milizie vincenti, gli uomini della Séléka sono stati accolti come liberatori da una parte della popolazione che chiede solo che questo disgraziato Paese africano, poverissimo e al contempo ricco di risorse, abbia finalmente un po' di pace.

Nel dicembre 2012 la Séléka - formata da 4 milizie ribelli armate non sempre in accordo tra di loro -  aveva lanciato un'offensiva militare che in pochi giorni l'aveva portata a pochi km da Bangui,e che è stata fermata solo per due mesi dalla firma dell'accordo di Libreville, la capitale del Gabon, avvenuta l'11 gennaio. Il nuovo presidente della Repubblica centrafricana Djotodia, che era vice-premier e ministro della difesa nel governo di unità nazionale, era stato arrestato insieme ad atri 4 ministri espressi dalla Séléka il 17 marzo e poi liberato dai suoi miliziani.

La tregua è stata quindi effimera e il governo di unità nazionale costituito il 3 febbraio è durato fino al 20 marzo, quando il 20 marzo è scaduto l'ultimatum dato dalla Séléka all'ex presidente. Rivolgendosi proprio a Bozizé ed alla sua banda di cleptomani che a saccheggiato il Centrafrica insieme alle multinazionali straniere, Djotodia ha detto: «Non siamo qui per dare la caccia ai topi, siamo venuti per tutti i cittadini della Repubblica Centrafricana».  

 I ribelli accusavano Bozizé di non aver rispettato le promesse di liberare i prigionieri politici e di mandar via dal Paese le truppe sudafricane ed ugandesi. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu già il 22 marzo si era detto molto preoccupato per il precipitare della situazione nella Repubblica centrafricana ed aveva chiesto alle due parti di rispettare gli accordi di Libreville, ma alla fine non gli è restato altro che prendere atto dell'avanzata dei ribelli della Seleka e dell'impotenza dei soldati della Micopax, la forza di pace africana che praticamente non ha opposto resistenza, salvo i militari sudafricani che hanno avuto scaramucce armate  con le milizie centrafricane. Almeno 13 soldati sudafricani i sono morti durante gli scontri con la Séléka, lo ha riferito oggi il presidente sudafricano Jacob Zuma. Il Sudafrica ha inviato a gennaio 200 soldati nel Paese. Gli stranieri presenti a Bangui, soprattutto francesi, cinesi e russi, si sono rifugiati nelle ambasciate ed altri sono all'aeroporto in attesa che gli aerei mandati dalla Francia li evacuino.

I ribelli dicono che «Per il Centrafrica si apre una nuova pagina della sua storia». Però, secondo Guy-Simplice Kodégué, portavoce del Front républicain pour l'alternance et la paix, che raggruppa i partiti di opposizione e le forze della società civile in esilio a Parigi, «E' cominciato il più difficile. Abbiamo da fare un gran lavoro di ricostruzione nazionale. Non vogliamo dare la caccia alle streghe. Abbiamo bisogno di tutti», ma la Séléka non ha accolto il suo invito a nominare un presidente di transizione «Designato in modo consensuale da una conferenza nazionale sovrana», e ha imposto Djotodia. 

Torna all'archivio