[14/06/2011] News

Il bacino del Congo di fronte alla siccità: grandi fiumi in secca e comunità autoctone che si organizzano

Qualche giorno fa il presidente del Parti écologiste congolais (Peco), Didace Pembe, ha convocato una conferenza stampa per lanciare l'allarme sulla situazione del fiume Ubangi, uno dei più grandi affluenti del Congo, che scorre nella provincia dell'Equateur, nel nord-ovest della Repubblica democratica del Congo, che sta subendo una secca mai vista.

Pembe ha chiesto «studi approfonditi per determinare le cause del disseccamento del fiume Ubangi. E' davvero necessario che un' équipe di esperti possa fare la valutazione della situazione del fiume Ubangi al fine di apportare una soluzione palliativa». Il disboscamento attuato dalle popolazioni rivierasche e il riscaldamento climatico sarebbero alla base del disseccamento di questo grande fiume.

Pembe ha ricordato che «Il fiume Congo ed i suoi affluenti, tra i quali il fiume Ubangi, conoscono attualmente il loro peggiore abbassamento del livello d'acqua mai registrato negli ultimi mesi. Secondo la Régie des voies fluviales (Rvf), la bassa pluviometria constatata questi ultimi mesi sarebbe alla base di questa situazione. Alcuni studi hanno dimostrato che il fiume Congo ed i suoi due grandi affluenti (i fiumi Ubangi al nord e il Kasai al sud) il cui bacino resta ancora ricco di biodiversità, è in gran parte tributario della foresta. Questi studi hanno espresso delle preoccupazioni per le conseguenze non ancora misurate sull'ecosistema forestale della Rdc nel caso in cui si decidesse di trasferire l'acqua di questa regione verso il lago Ciad, in pieno deserto, conformemente alla volontà espressa durante il tredicesimo summit ordinario dei Capi di Stato e di governo della Commission du bassin du lac Tchad, tenutasi il primo novembre a Ndjamena».

Insomma per salvare il lago Ciad si rischia di compromettere uno dei polmoni verdi del pianeta: il bacino del Congo. Ma tutta l'area a nord del Congo sembra essere colpita da un vero disastro ecologico da global warming: le zone forestali nel sud della Repubblica Centrafricana sono duramente colpite dagli impatti del cambiamento climatico ed anche qui il primo e più evidente segnale è la modifioca del regime delle piogge che sta devastando le principali attività agricole. A dirlo è una ricerca durata tre anni del progetto Forêt du Bassin du Congo et adaptation aux changements climatiques (Cofcca).

I dati sono stati resi noti nel corso del meeting "Dialogue science politique sur l'adaptation au changement climatique dans la Forêt du Bassin du Congo : exemple de la République Centrafricaine", organizzato dall'università di Bangui insieme al Center for international forestry research (Cifor).

Il Cofcca è stato avviato dal Cifor e riguarda tre Paesi dell'africa centrale: Camerun, Repubblica Centrafricana e Rdc. Il suo obiettivo è quello di fare in modo che le popolazioni di questi tre Paesi prendano inizioative per contrastare il cambiamento climatico e per assicurare una gestione sostenibile delle foreste, iniziando a trovare localmente dei modi per adattarsi al cambiamento climatico che nel Bacino del Coingo è un'evidenza innegabile, trovando soluzioni alternative ad alcuni problemi che nei Paesi ricchi possono essere affrontati con il soldi e la tecnologia.

Le comunità locali, utilizzando il metodo Recherche action participation (Rap), hanno constatato la variabilità del clima attraverso una forte «Perturbazione della pluviometria, caratterizzata dall'arrivo precoce della pioggia o dalla siccità prolungata» che colpioscono duramente attività di sussistenza come l'agricoltura o la raccolta di prodotti non legnosi della foresta».

La ricerca si è svolta nel villaggio di Mbéko, a 97 km dalla capitale Bangui, e nel villaggio di Mossapoula, nella sub-prefettura di Bayanga, entrambi nel sud del Centrafrica, l'area forestale più importante del poverissimo Paese.

Félix Ngana, del Cifor, ha spiegato che «Sono gli stessi abitanti dei due siti che hanno identificato i capovolgimenti del clima ed i suoi impatti sulla pratica agricola ed altre attività. Nel sito di Mbéko, per lottare contro un'eventuiale crisi alimentare, i metodi di adattamento proposti in materia di agricoltura sono, tra gli altri, la moltiplicazione delle piante di manioca resistenti alla siccità agricola, l'estensione delle parcelle a mais e la redistribuzione dei rifiuti puliti delle piantagioni di banane. Per quanto riguarda le attività forestali ed agro-forestali, l'adattamento al cambiamento climatico dovrà essere fatto attraverso la multiplicazione delle piantine di alberi "à chenilles", uno dei prodotti forestali non legnosi, minacciati dalla perturbazione del clima. Nel campo della salute, sarà questione di creare ed animare una piattaforma sulla fitoterapia. Nel secondo sito, quello di Mossapoula, I contadini ed il progetto pensano alla ricerca delle cause del disseccamento delle piante di manioca e della marcescenza dei tuberi, l'adozione del mais giallo a ciclo breve, al rafforzamento del capital sociale ed alla creazione di un osservatorio locale del cambiamento climatico».

Secondo i ricercatori del Cofcca, «Questo osservatorio sarà incaricato di annotare con più precisione i differenti momenti dei mutamenti climatici ed i loro impatti sulle principali attività delle popolazioni autoctone».

Torna all'archivio