[11/07/2011] News

Carbon price: l'Ue è meno sola. Connie Hedegaard si congratula col governo australiano

«Complimenti all'Australia per il suo impegno per il pricing carbon emissions e per l'introduzione di un cap and trade scheme nazionale dal luglio 2015». La commissaria europea all'azione climatica Connie Hedegaard ha commentato così la notizia dell'approvazione da parte del governo laburista australiano, con l'appoggio di Verdi e indipendenti, della misura che fissa a 23 dollari australiani (24,70 dollari statunitensi) a tonnellata il prezzo del carbonio emesso dalle grandi industrie ed in particolare dalle inquinanti centrali a carbone australiane.

Il carbon price scatterà nel 2012 ed aumenterà del 2,5 all'anno fino al 2015, quando dovrebbe entrare in vigore il cosiddetto "market-based trading scheme" basato sull' Emissions trading system (Ets) europeo.

La Hedegaard incoraggia la premier australiana Juila Gillard (nella foto) che è già sotto il duro attacco incrociato dell'opposizione conservatrice e della lobby dei combustibili fossili che la sostiene: «La nostra esperienza in Europa - ha spiegato la Hedegaard - è che il nostro Emissions trading system ha portato le nostre industrie più lungimiranti ad alcuni metodi molto creativi e innovativi di lavoro, che aiutano a ridurre le emissioni e ridurre i costi. Questa creatività è anche lo sviluppo delle competenze e dell'esperienza nelle industrie del futuro. Non vediamo l'ora di che l'Australia si imbarchi sulla stessa rotta e faccia del carbon market il nucleo della sua risposta politica alla sfida climatica».

L'Unione europea è meno sola, grazie, va detto, soprattutto alla caparbietà con la quale i Greens Australia hanno spinto il governo minoritario australiano verso l'adozione di una "carbon tax" e anche il summit sui cambiamenti climatici di Durban potrebbe vedere un'inedita alleanza degli antipodi per costringere i Paesi industrializzati ad assumersi sul serio le loro responsabilità, mettendo così con le spalle al muro e togliendo alibi a chi, come Cina ed India non vogliono assumersi quelle derivanti dalla propria rapida ed inquinante crescita industriale.

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