[19/07/2011] News

L’esaurimento delle risorse minerarie nel XX secolo

Un dato ignorato anche nei rapporti Ipcc e Wec

Il rapporto "A prediction of the energy loss of World´s mineral reserves in The 21 st century", realizzata da  Antonio Valero, Alicia Valero e Amaya Martínez, del Centro de investigación de energías renovables (Circe) è stato premiato come miglior articolo sulla ricerca dal Comitato scientifico internazionale della Dubrovnik Conference on Sustainable Development of Energy, Water and Environment System e rivela quanto è andato avanti il consumo delle risorse.

Secondo i ricercatori spagnoli, «Il XX secolo  si è caratterizzato per la crescita economica ed industriale di molti Paesi. Questa crescita è stata sostenuta dall'estrazione massiccia e l'utilizzo delle risorse minerarie della Terra. La tendenza generale osservata in tutto il mondo è che il consumo continuerà a crescere dato il rapido sviluppo dell'Asia, il desiderio di raggiungere un livello di vita più alto nei Paesi in via di sviluppo ed il progresso tecnologico. Ovviamente, tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo attualmente fanno frenare temporaneamente questa crescita, però la storia dimostra che superata la crisi, il consumo di risorse continua con un suo aumento esponenziale». E va detto che crescendo l'utilizzo di materie prime, cresce di conseguenza anche lo scarto, che alla fine sono rifiuti.

Ma secondo lo studio il consumo di risorse non riceve l'attenzione e la preoccupazione internazionali che richiederebbe: «Attualmente si presta più attenzione a problemi relativi alla distruzione dell'ambiente naturale, al cambiamento climatico, alla perdita di biodiversità o alla contaminazione di suoli e fiumi, che all'esaurimento dei minerali. Se i primi sono compresi dall'opinione pubblica, che farà progressivamente più pressione perché si risolvano attraverso accordi internazionali e nuovi modelli di cambiamento sociale, fino ad ora, l'esaurimento dei minerali non si è manifestato in tutta la sua gravità».

L'articolo ricorda che un serio avvertimento su quel che stava accadendo arrivò già nel 1972 con il rapporto Meadows si "limiti della crescita", «Però fu ignorato e addirittura contraddetto con la maggiore crescita economica del XX secolo  corrispondente all'era Thatcher-Reagan. Oggi, 40 anni dopo, il problema è meglio identificato e non ci sono critiche sull'incertezza dei dati. Però, dobbiamo aggiungere tutti i nuovi e sempre maggiori consumi e la cattiva gestione che si sono prodotti in questo tempo».

Valero e Martinez spiegano che «Durante milioni di anni la natura ha formato e concentrato minerali attraverso un elevato numero di processi geologici, formando gli stock naturali esistenti. I depositi minerali che troviamo concentrati servono da immagazzinamento di materiali ed energia per l'uomo. E quanto più è concentrato è in minerale, meno sforzo si richiede per il suo sfruttamento minerario. L'attività mineraria implica una ovvia riduzione dello stock naturale dei minerali estratti, ma anche dei combustibili fossili richiesti per la loro estrazione. Questi minerali seguono un processo di concentrazione e raffinazione per ottenere le materie prime desiderate, per il quale sono richieste ulteriori quantità di altri materiali e combustibili. In questo modo, lo stock naturale concentrato nella crosta terrestre si converte in stock umano. E quando finisce il ciclo della vita utile dei prodotti, questi materiali finiscono dispersi come rifiuti in discariche o sottoforma di inquinamento. La termodinamica ci dice che quando la concentrazione di una risorsa tende a zero, la exergia, cioè l'energia utile, richiesta per estrarre il minerale tende all'infinito. Pertanto, dal punto di vista pratico, diventa proibitivo recuperare di nuovo le risorse che sono state disperse. Così, per esempio, è impensabile recuperare il piombo  che è stato disperso nell'aria a causa di decenni di combustione di benzina, lo stesso succede per lo zinco che si utilizza per dare consistenza agli pneumatici e che si disperde nell'atmosfera con l'attrito».

La Valero ha studiato la perdita del capitale minerario durante il XX secolo ed ha realizzato una previsione sullo stato delle future riserve minerarie, prospettando diversi scenari. «Mentre l'attuale pensiero economico prevede un consumo esponenziale delle risorse minerali e fossili, la Terra non ne darà più - scrive la ricercatrice spagnola - Ha i suoi limiti minerari ed ogni volta che si sfrutterà una miniera si cercherà sempre più di sfruttarne di meno ricche che necessiteranno ogni volta di più energia e di nuovi materiali per continuare a sfruttarla. In questo modo, sarà esponenziale solo la crescita dei consumi ma non la produzione di minerali che andrà riducendosi a zero e prenderà durante la storia una forma a campana. Se rappresentiamo queste campane per tutti i materiali strategici, otteniamo un'altra figura che abbiamo significativamente chiamato  "conto alla rovescia exergetico delle risorse". Questo grafico mostra la possibile fine dei minerali del pianeta Terra e costituisce una novità internazionale dalle allarmanti conseguenze. Vi si osserva in unità energetiche (come milioni di tonnellate equivalenti di petrolio - Mtep), l'evoluzione dell'estrazione di minerali nel corso della storia e la quantità totale delle riserve.  Le analisi rivelano che il picco di produzione dei 6 minerali estratti più importanti verrà raggiunto prima della fine del secolo, essendo già stato raggiunto il picco della produzione petrolifera. Raggiungere il picco di produzione di un determinato minerale significa che a partire da quel momento, il tasso di estrazione diminuirà per limitazione fisica delle risorse. Questo è associato ad un inevitabile incremento dei prezzi, se la domanda continua ad aumentare».

I risultati sono più che preoccupanti: all'attuale ritmo di consumi probabilmente in un futuro non molto lontano mancheranno le risorse per soddisfare la domanda. La cosa era stata prevista per i combustibili fossili, ma non esisteva nessuno studio globale che la documentasse anche per i minerali.

«Eppure, il caso de minerali non energetici è ancora più preoccupante di quello dei combustibili fossili, perché questi potranno essere sostituiti con altri tipi di fonti energetiche come le rinnovabili o il nucleare - dicono Valero e Martinez -. Però, la sostituzione dei metalli non sarà sempre possibile e nel lungo periodo questa opzione non sarà praticabile quando ci sarà carenza di tutti i materiali. Più che una crisi energetica, l'umanità dovrà affrontare una crisi dei minerali».

Ma non è finita. Lo studio ha rilevato che prestigiose istituzioni tecnico/scientifiche come l'Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) o il World energy council (Wec) stanno ignorando nei loro rapporti i dati sui limiti fisici delle riserve minerarie. «Questi rapporti fondamentalmente prendono in considerazione gli aspetti della domanda - sottolineano i due ricercatori spagnoli - Effettivamente,  valutano le emissioni di gas serra prodotte dai diversi possibili modelli della crescita ed annunciano che il suo limite sarà associato alle catastrofi climatiche».

I modelli contenuti nei rapporti Ipcc e  Wec prendono in considerazione solo i differenti scenari della domanda di energia e non la capacità del pianeta di fornirle i metalli necessari a sostenerla. Invece "A prediction of the energy loss of World´s mineral reserves in The 21 st century", rivela che «Gran parte di queste possibilità di crescita sarebbe impedita prima dalla mancanza di minerali e combustibili fossili».

Lo studio mette così in dubbi, e certamente più seriamente e da tutt'altra prospettiva rispetto alle accuse degli eco-scettici, i risultati dell'Ipcc che a questo punto sarebbero addirittura troppo ottimisti e necessiterebbero di una correzione riguardo all'utilizzo e consumo delle risorse minerarie.

«In pochi decenni la nostra civiltà avrà consumato i combustibili fossili e  disperso per il pianeta i migliori materiali, senza una reale possibilità di recupero - dicono i due autori dello studio - Il collasso è ogni volta più evidente, a meno che non si gestisca in modo trasparente il capitale minerale della Terra, si promuova il riciclo e si confidi nel sole come fonte di energia e biomateriali. Il lavoro propone una nuova metodologia per calcolare questo Capitale Minerale della Terra, che chiama "Geonomia Fisica"».

Lo studio non dà conto dell'iniziativa della Commissione Ue che sta andando proprio in questa direzione, come greenreport ha più volte evidenziato. Certo, siamo solo agli albori e questo è preoccupante, però almeno il problema è posto e si sta cercando di percorrere una strada che è condivisibile. Al momento sotto osservazioni sono solo le cosiddetta "Terre Rare", ma speriamo che la questione si allarghi. Il riciclo di materia appare indispensabile per ridurre i flussi e non depauperare per sempre le risorse, servono però incentivi e programmi internazioni che strappino queste risorse all'economia finanziaria che è quella che impedisce, ad esempio, proprio un aspetto evidenziato dallo studio: la gestione «in modo trasparente» del «capitale minerale della Terra».

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