[30/08/2011] News

El Niņo va alla guerra: c'č una correlazione tra eventi climatici ed eventi bellici?

Nei paesi tropicali il rischio di conflitti e guerre civili raddoppia - passando dal 3 al 6% annuo - durante il periodo caldo e secco di El Niño, il fenomeno climatico che periodicamente investe l'Oceano Pacifico. Lo afferma, in uno studio pubblicato su Nature, un gruppo di economisti americani guidati da Solomon Hsiang della Princeton University. El Niño sarebbe coinvolto in almeno il 20% dei 240 conflitti civili che dal 1950 al 2004 hanno interessato la fascia dei paesi che sono più esposti alla "oscillazione meridionale".

El Niño è un fenomeno climatico che si ripete ciclicamente nell'Oceano Pacifico: in media ogni cinque anni. Il fenomeno riguarda un cambiamento di temperatura delle acque e genere sulle coste sia siccità sia inondazioni. L'aumento dei conflitti sarebbe associato ai fenomeni di riscaldamento e di siccità. A queste conclusioni Solomon Hsiang e i suoi colleghi sono giunti dopo aver diviso il pianeta in due zone: quelle fortemente influenzate da El Niño - le regioni tropicali dell'Asia del pacifico, dell'Africa, del Sud America e dell'Australia - e quelle che risentono meno del fenomeno.

Hanno verificato che nella seconda area non ci sono correlazioni tra guerre ed eventi climatici. Mentre nella prima zona c'è una correlazione tra la fase più calda e più secca di El Niño e i conflitti civili. Il rischio di scontri, che in periodi normali è del 3% annuo per ciascun paese, addirittura raddoppia e passa al 6%. Nelle regioni tropicali nei 55 anni presi in esame, El Niño sarebbe stato in questo modo uno dei fattori scatenanti in almeno un conflitto civile su cinque. Il fenomeno climatico spesso non determina il conflitto, ma lo accelera.

È da molto tempo che economisti e storici "vedono" un legame tra clima e conflitti. In particolare è da tempo che a El Niño viene attribuito un aumento dell'aggressività nelle zone tropicali. Due anni fa, per esempio, Marshall Burke e un gruppo di suoi collaboratori della University of California a Berkeley mettevano in evidenza che in alcuni anni più caldi nell'Africa sub-sahariana la frequenza dei conflitti aumentava del 50%.

Il problema è fornire una spiegazione di queste correlazioni statistiche. Dando per scontato (e salvo ulteriori verifiche) che dietro non ci siano errori di calcolo, potrebbe trattarsi di una correlazione solo apparente, come dicono gli scettici.

Ma anche chi crede che la correlazione sia reale - d'altra parte è noto che il clima ha fortemente influenzato la storia e la stessa evoluzione biologica di Homo sapiens - offre spiegazioni diverse. Alcuni si richiamano a fattori psicologici. Altri, forse più pragmaticamente, rilevano che nei periodi più caldi e siccitosi diminuisce la produzione agricola e, quindi, in regione in genere molto povere aumentano le tensioni sociali.

In attesa di studi più approfonditi, questa resta la spiegazione più plausibile. Una spiegazione che serve da avvertimento per il futuro. Nei prossimi decenni i cambiamenti climatici potranno potare, almeno in alcune zone del pianeta, a un aumento della conflittualità. È anche per questo che conviene, per quanto possibile, prevenirli.

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