[26/09/2011] News

La Svizzera, gli affari e la maledizione delle materie prime. Un libro esplosivo

Perché molti Paesi del Sud restano poverissimi, nonostante la loro enorme ricchezza in materie prime? Una parte non trascurabile della risposta la troviamo qui in Svizzera. Lontano dai riflettori, negli ultimi anni è cresciuto da noi un settore che ha le redini del commercio mondiale delle materie prime. La DB ha fatto approfondite ricerche in quest'ambito e presenta i suoi risultati attraverso la pubblicazione di un nuovo libro (Swiss Trading SA).

In molti Paesi le industrie minerarie, i pozzi petroliferi e le piantagioni agricole appartengono ai luoghi più pericolosi per la gente locale che vi lavora o vive. Condizioni di lavoro precarie, espulsioni, contaminazioni del suolo e delle acque: i pericoli per l'uomo e per l'ambiente sono ben conosciuti. A livello statale si aggiungono ulteriori rischi. Le ricchezze in materie prime e risorse naturali vengono perlopiù esportate, senza che una giusta parte dei benefici rifluisca alla popolazione locale. Ciò che resta è spesso corruzione e conflitti. Le materie prime rappresentano una vera e propria "miniera d'oro", nel vero senso sella parola. Da esse deriva un quarto del denaro guadagnato nel commercio mondiale. Dal punto di vista svizzero sembra tutto molto distante (non ci sentiamo toccati direttamente), come mostrano le ricerche della DB. Eppure seconde le ultime stime, ca. un quinto del „commodity trading" globale passa attraverso uffici di Ginevra, Zug e un paio d'altre località del nostro paese. Uno dei paesi più poveri in materie prime è quindi divenuto nell'arco di pochi anni piattaforma internazionale di questo lucrativo mercato.

Un settore ancora poco conosciuto

Spesso l'opinione pubblica svizzera ha sentito parlare di commercio di materie prime in relazione alle attività della controversa figura di Marc Rich. Lui, commerciante di petrolio per lungo tempo ricercato dalla giustizia americana, dagli anni '70 risiede a Zugo. E proprio l'impresa da lui fondata, la Glencore, è stata quest'anno al centro dell'attenzione dopo la decisione di entrare in borsa. Quando la rivista finanziaria statunitense "Fortune" ha pubblicato la lista annuale delle aziende più grandi a livello mondiale, con sorpresa si è potuto notare un nuovo arrivato: di colpo alla posizione 18 (delle 500 imprese più importanti) si è trovata un'impresa svizzera fino ad allora poco conosciuta e che risponde al nome di Glencore.

Nessun'altra azienda simboleggia così bene la storia e la dinamica della piazza svizzera del commercio di materie prime. Crescita interna e prezzi crescenti delle materie prime hanno fatto lievitare la sua cifra d'affari da 30 (nel 1993) a 144 miliardi di dollari (nel 2010). Quest'anno l'impresa ha poi deciso di uscire dall'ombra, entrando in borsa nel mese di maggio. In questo modo, al contrario di altre case di "trading" tuttora condotte in modo privato, Glencore è diventata più visibile e deve rendere conto pubblicamente. Comunque sia, quotati in borsa oppure no, i più grandi commercianti di materie prime lavorano oggi in uffici svizzeri. Delle 12 imprese svizzere con la cifra d'affari più importante, ben 7 sono attive nel settore delle materie prime (vedi tabella). Come è possibile tuttavia, che questi giganti passino perlopiù inosservati e restino quasi sconosciuti? Il nuovo libro della Dichiarazione di Berna cerca delle risposte a queste e ad altre domande scottanti, presentando gli attori principali di questo mercato e i loro modelli imprenditoriali.

Un affare globale

Il settore delle materie prime sembra proprio essere stato lanciato dalla rampa di lancio della globalizzazione. In giro per il mondo intero, materie prime vengono prodotte, acquistate, depositate, vendute. Le autorità nazionali sono impotenti e le regolamentazioni esistenti vengono eluse con estrema facilità dalle imprese del settore, visto che i reparti addetti alla commercializzazione possono operare a partire da qualsiasi luogo. Così, mentre il lavoro viene sempre più spesso effettuato a Ginevra o Zug, la sede legale principale delle aziende e delle loro succursali si trova di frequente nei Paesi Bassi e in alcuni paradisi fiscali. Per gli uffici nazionali delle imposte e per i tribunali è dunque assai difficile acciuffare queste imprese

Uno dei „reportage" nel libro della DB, partendo dall'esempio dello Zambia, mostra questa problematica in modo eloquente. Sebbene il prezzo del rame sul mercato globale ha raggiunto livelli da record, la miniera locale di proprietà della Glencore chiude ogni anno nelle cifre rosse e in questo modo è esente dalle imposte. Il rame viene venduto attraverso la Svizzera. Alla popolazione locale restano per contro unicamente le enormi emissioni di diossido di zolfo causate dalla fonderia. Nell'aprile 2011 la DB, assieme ad altre ONG, ha aperto un procedimento nei confronti di Glencore, tuttora in corso, per violazione dei principi fiscali dell'OCDE. La società Mopani che sfrutta il complesso minerario dello stesso nome (il secondo del paese) fatturava il suo rame solo al 25% dei prezzi di mercato alla casa madre Glencore, privando così lo Stato zambiano di una massa fiscale enorme. In un paese in cui le esportazioni di rame rappresentano il 70% delle entrate, si comprende ciò che questo saccheggio puro e semplice di materie prime ha potuto rappresentare come mancato guadagno per il governo zambiano. Nonostante la pubblicazione l'anno scorso di un'inchiesta da parte degli Amici della terra sulle frodi fiscali di Mopani, il ministro delle finanze zambiano è rimasto silenzioso, cosa che alimenta il sospetto di una corruzione generalizzata del regime del presidente Rupial Banda da parte delle compagnie minerarie. D'altra parte la corruzione è ben presente anche nelle stesse multinazionali occidentali del settore. Ritornando alla figura di Marc Rich, ad esempio, vale la pena ricordare che il fondatore della Glencore dal 1983 al 2001 era sulla lista dei dieci fuggitivi più ricercati dall'FBI per frode fiscale negli USA. Il 20 gennaio 2001, qualche ora prima che Bill Clinton lasciò la presidenza, uno dei suoi ultimi atti ufficiali fu di graziare Marc Rich. Questa amnistia presidenziale scatenò uno scandalo, amplificato quando si apprese che Denise Rich, ex-moglie dell'uomo d'affari, aveva donato un milione di dollari al Partito democratico e alla fondazione dei Clinton. Occorre inoltre aggiungere che Glencore è ugualmente coinvolta in cause per lo sfruttamento in condizioni scandalose di due miniere in Congo (Katanga)

Il settore delle materie prime approfitta dell'opportunismo e della passività che caratterizzano la politica economica svizzera. Il professore basilese di diritto penale ed esperto internazionale in tema di corruzione Mark Pieth si esprime in questo modo in un'intervista rilasciata alla DB e pubblicata nel libro: «La mia impressione è che in questo genere di faccende si chiuda spesso un occhio e si lasci semplicemente che le cose succedano, senza un piano o un'intenzione precisa. Ciò che sta succedendo con il commercio di materie prime è paragonabile a quello che si è visto con il traffico di opere d'arte, il traffico d'armi o ultimamente con l'evasione e la frode fiscale».

Per la DB è sorto quindi un nuovo campo di attività. Seguiremo attentamente gli sviluppi del settore delle materie prime in Svizzera e ci impegneremo affinché la politica intervenga con regole e condizioni quadro che spingano le imprese a rispettare gli standard esistenti in materia sociale ed ambientale.

Torna all'archivio