[25/11/2011] News toscana

Radon nel palazzo della Provincia a Livorno, Bucci (Arpat): ĞLivelli alti, ma frequenti in Toscanağ

«I livelli di radon registrati nella sala riunioni di Palazzo Granducale sono alti solo se paragonati a quelli medi della città, mentre basta andare in provincia, su alcune isole e in diverse zone della Toscana, per non parlare del nord Italia, dove questi livelli si raggiungono e si superano». Silvia Bucci, responsabile dell'Articolazione funzionale regionale "Radioattività ambientale" di Arpat, comincia da questa puntualizzazione l'approfondimento che greenreport ha chiesto all'ente in merito all'allarme per il gas radon trovato in un'aula della sede della Provincia di Livorno in via Galilei.

Il valore di 899 becquerel per metro cubo registrato nell'aula non è dunque preoccupante?

«E' un valore alto, non c'è dubbio. Ma lo è relativamente alla media del comune di Livorno. In Toscana, sono i dati dell'indagine che stiamo portando avanti, abbiamo una ottantina di luoghi di lavoro sui circa 1200 misurati dove vengono superati i livelli di 500 becquerel al metro cubo e una ventina che dovranno essere rimisurati. Anche nelle scuole abbiamo circa 13 edifici che superano i limiti e 10 dove dobbiamo ripetere le misurazioni. Ma va detta anche un'altra cosa: nei luoghi di lavoro l'esposizione al radon è solo per una parte della giornata. La sala riunioni del caso livornese lo è anche meno. Non conta solo il livello di becquerel ma anche le ore di esposizioni a quel livello per lavoratore. Nei luoghi di lavoro i 900 becquerel o di più non sono livelli mai visti, in Toscana ripeto si vedono frequentemente e in altre regioni ancora di più».

Ma quali sono gli attuali livelli consentiti dalla norma?

«I livelli sono stati aggiornati di recente. Dal 2009 al 2010 si parlava di 100 e 300 becquerel al metro cubo: 100 dove sia praticabile e 300 dove non è compatibile da un punto di vista di sostenibilità. Ma è in avanzato stato di preparazione la nuova direttiva che include la normativa anche sul radon nelle abitazioni e prevede 200 becquerel per gli edifici futuri e 300 per quelli esistenti».

Ora come vi muoverete?

«Innanzi tutto dobbiamo fare ulteriori rilevazioni su tutto l'edificio. Si tratta di un edificio con caratteristiche particolari: non ha isolamento dal terreno, inoltre è costruito con materiale che potrebbe facilitare il passaggio di radon. Si tratta di un protocollo standard. Quando si trovano questi livelli di radon la procedura è quella di fare ulteriori misure in tutte le sale per un periodo breve per cercare di capire se ci sono differenze tra un ambiente e l'altro. Se c'è una concentrazione uniforme vuol dire che non c'è un percorso speciale, ma viene dal pavimento. In questo caso si può scegliere quale sia  l'intervento migliore. Noi stiamo facendo questo tipo di misurazioni per scegliere l'intervento adatto. Sostanzialmente poi, si tratta di incanalare il gas: o si estrae da sotto il suolo e si porta fuori per non farlo entrare o ne va impedito l'ingresso. Tecnicamente si chiama depressurizzazione del suolo. Lo si estrae con dei ventilatori e lo si porta fuori. In più si possono sigillare le vie d'ingresso se l'edificio lo consente».

Ma come si è arrivati alla scoperta?

«La partecipazione allo studio proposto dalla Regione era volontaria. La Provincia ha scelto di farlo sapendo che come conseguenza c'era la possibilità che, nel caso fossero venuti fuori valori anomali, ci sarebbe stato un intervento di riduzione obbligatorio. La Provincia ha già detto infatti che sosterrà le spese dell'intervento». 

 

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