[24/01/2012] News

Lo sciopero dei Tir figlio di un'Italia senza guida e senza indirizzi

I camionisti che stanno paralizzando l'Italia devono essere precettati, da un governo di tecnici che ha già precettato i politici, incapaci di governare il Paese negli ultimi 30 anni. Una precettazione che forse oggi è l'unica soluzione, ma che è anche l'ennesima pezza che si deve andare a mettere per coprire gli errori del passato.

Oggi gli autotrasportatori hanno ben saldo il coltello impugnato dalla parte del manico: come ben evidenzia Repubblica.it, sono sufficienti un manipolo di camionisti per bloccare pochissimi punti nevralgici e mandare in tilt un intero Paese come l'Italia, fondato sul trasporto su gomma. Ed è proprio questa miopia politica, che per decenni ha foraggiato la gomma come unico o quasi sistema di trasporto delle merci - annichilendo le alternative più sostenibili ambientalmente, socialmente ed economicamente - il vero colpevole della situazione che stiamo vivendo.

Poco importa, che persino i motivi della protesta siano discutibili - Il sole 24 ore ricorda oggi in prima pagina che nel decreto liberalizzazioni sono state accolte tutte le loro richieste : rimborso trimestrale dell'accisa sui carburanti, via il tetto di 250mila euro al credito d'imposta, riduzione del premio Rc auto, oltre ai 400 milioni avuti con la legge di stabilità per il rimborso pedaggi. Quindi l'unico reale motivo della protesta è l'aumento dei costi dei carburanti  - Se anche i motivi della protesta fossero i più seri e condivisibili, resterebbe il paradosso di un Paese la cui politica industriale non ha saputo costruire strade (non di asfalto) alternative per le merci e per le persone, visto che anche il micidiale traffico automobilistico non fa altro che esacerbale.

«Non c'è bisogno infatti di piazzarsi in mezzo a una strada per un intero pomeriggio - hanno raccontato alcuni camionisti a Repubblica -  Basta effettuare infatti un blocco di pochi minuti, anche 15, e si formano code chilometriche, con la viabilità che va in tilt. Dopo 15 minuti il blocco viene levato, la polizia non fa in tempo ad intervenire e tutto scompare (tranne il caos del traffico). A questo punto il blocco viene riproposto in un altro punto. E così via».

E secondo Francesco Del Boca presidente di Unitras che riunisce il 90% di tutte le associazione dei trasportatori, i camionisti hanno già ottenuto tutto quello che potevano.

Del resto finora non si è fatto nulla per regolare un settore che ormai ha la forza per autoregolarsi (la frase ricorda qualcosa e rimanda all'incapacità della politica di assolvere al proprio ruolo di guida e di indirizzo, sia che si tratti di finanza che di settori industriali), e ora è il tempo delle lacrime, partendo da quelle di Confindustria, che oggi dice Basta (dopo aver foraggiato per anni le richieste dell'autotrasporto) - e che per bocca del presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello ha ricordato stamani nel corso della trasmissione Radio Anch'io come e da chi è nato lo ‘sciopero dei forconi' che dall'isola si è esteso a tutta Italia: «I mafiosi si occupavano anche del servizio d'ordine nel corso della protesta, costringendo i commercianti a chiudere i negozi. Ci sono denunce in questo senso».

Esasperate anche le parole del leader della Cgil Susanna Camusso: «Come sempre la protesta è un caos che va organizzato in modo che non violi diritti e non impedisca agli altri cittadini di potersi muovere e di poter fare le cose. in questo caso mi pare che abbiamo superato un limite di relazione positiva».

Mentre a cogliere i paradossi della protesta e a disegnare il contesto privilegiato in cui sguazza l'autotrasporto italiano sono stati i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante: «Lo sciopero selvaggio dei Tir non è tollerabile, ha oltrepassato la soglia della protesta per trasformarsi in ricatto e prevaricazione. Si torni subito alla normalità, se necessario precettando gli autotrasportatori, e si metta a mano alla riforma di un settore che è costato alle tasche dei cittadini dal 2000 ad oggi quasi cinque miliardi di euro di incentivi, con un crescendo che ha portato a garantire alla categoria, anche negli anni dei tagli lineari di Tremonti, oltre 700 milioni di euro all'anno».

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