[09/03/2012] News

L'ennesimo paradosso dell'Italia: ricca di biodiversità, ma ultima nella protezione del suolo

La comunità scientifica internazionale che si occupa del Global Environmental Change (GEC) e della sostenibilità globale, attraverso l'International Council for Science (www.icsu.org) e l'Earth System Science Partnership (www.essp.org) ha organizzato la grande conferenza "Planet Under Pressure. New Knowledge Towards Solutions" che avrà luogo a Londra dal 26 al 29 marzo (www.planetunderpressure2012.net).

La Conferenza farà il punto sulle migliori conoscenze scientifiche disponibili circa il ruolo dell'intervento umano sui sistemi naturali della Terra e si concluderà con una breve ma succosa "State of the Planet Declaration". Una dichiarazione che mi auguro venga presa in serissima considerazione dai negoziatori della Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile che avrà luogo a Rio de Janeiro nel giugno prossimo.

Il segnale che l'intera comunità scientifica internazionale del Global Change fornirà sarà molto preoccupato ed inciterà all'azione rapida ed urgente. La funzionalità dei sistemi di supporto della vita sulla Terra come noi li abbiamo conosciuti dalla nascita e dallo sviluppo della nostra civilizzazione sono ormai in una situazione di grave rischio. L'umanità oggi è diventata una forza su scala planetaria che sta profondamente modificando i sistemi naturali e ne sta indebolendo le capacità rigenerative (rispetto all'uso che facciamo delle risorse) e le capacità ricettive (rispetto a quanto possano ricevere, riciclare e smaltire gli scarti dei nostri metabolismi).

La Conferenza richiamerà inevitabilmente l'evento Rio+20 del prossimo giugno delle Nazioni Unite ad approvare chiari ed ambiziosi Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Oggi, mentre molte nazioni al mondo hanno iniziato a dotarsi di piani di adattamento ai cambiamenti globali, in primis quelli climatici, l'obiettivo fondamentale di ridurre le emissioni dei gas serra rimane un punto cruciale che deve essere avviato al più presto per impedire impatti estremamente severi e persino irreversibili del cambiamento climatico.

Nel 2010 i livelli di gas serra hanno raggiunto il più alto livello dall'epoca pre industriale, come è documentato dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale e dal Global Carbon Cycle Project. Numerose nazioni si sono impegnate nel 2009, con i risultati della Conferenza delle Parti della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici tenutasi a Copenaghen a ridurre le loro emissioni di gas serra al 2020 con l'obiettivo di mantenere l'incremento della temperatura media della superficie terrestre entro i 2°C rispetto all'epoca preindustriale.

Ad oggi resta purtroppo un significativo gap di almeno 6-11 miliardi di tonnellate equivalenti di anidride carbonica da eliminare, per consentire emissioni nel 2020 che mantengano i livelli di incremento della temperatura media della superficie terrestre entro i 2°C.

Le nazioni del mondo che presentano livelli di emissioni ormai insostenibili devono assolutamente ridurle modificando i loro sistemi energetici verso il risparmio energetico, l'efficienza e l'avvio di sistemi energetici a bassa o nulla emissione di carbonio. Bisogna intervenire urgentemente e concretamente sulla produzione di elettricità e sulle politiche dei trasporti, dell'industria, dell'agricoltura e della gestione forestale.

Il capitale naturale deve assumere una posizione centrale nell'impostazione di un nuovo modello economico che il processo di Rio+20 deve favorire e iniziare a delineare concretamente per non restare nelle semplici dichiarazioni di principio.

E' fondamentale dare una centralità alla ricchezza della vita sul nostro pianeta che costituisce una base essenziale per il nostro benessere e le nostre economie.

Ed è fondamentale dare valore al suolo ed alla sua ricchezza di biodiversità, come sta avendo luogo, nell'ambito delle iniziative del Global Environmental Change, con la Global Soil Biodiversity Initative (http://globalsoilbiodiversity.org) che ha organizzato, sempre a Londra, il 30 marzo subito dopo la conferenza Planet Under Pressure il suo primo Open Meeting.

Ad esempio pur essendo tra i Paesi più ricchi di biodiversità in Europa, l'Italia è tra gli ultimi nella protezione della vita del suolo, come hanno fatto più volte presente tanti studiosi e, in particolare negli ultimi anni, l'Istituto Superiore di Protezione e Ricerca Ambientale (ISPRA). Le scarse conoscenze sulla risorsa e le tante pressioni a cui è sottoposto, fanno oggi del suolo la "cenerentola" della biodiversità.

Nonostante possa vantare il primato in Europa quanto a varietà di superfici agricole e naturali, gli ultimi dati disponibili, elaborati dall' ISPRA, dicono che la situazione dei suoli italiani è preoccupante: circa l'80% è povero di carbonio organico e, quindi, non può essere definito "di qualità" a causa della scarsa presenza di sostanza organica e di un elevato rischio di erosione.

L'Italia rischia anche di perdere gran parte di questo patrimonio. Infatti, è in calo il numero di specie di microrganismi che popolano il terreno e ne determinano la fertilità e la stabilità.

Moltissime specie sono poi endemiche, vivono cioè esclusivamente nel nostro Paese, spesso limitate in ambienti fragili e minacciati.

La "Strategia nazionale per la Biodiversità", finalmente elaborata nel 2010 dal Ministero dell'Ambiente, propone l'istituzione di un programma nazionale di monitoraggio della biodiversità del suolo.

Il suolo ospita il 95% della biodiversità dell'intero pianeta e in un solo grammo di terra vivono milioni di microrganismi, gran parte dei quali ancora sconosciuti.

Ancora oggi consideriamo troppo spesso il suolo solo come un supporto inerte alla produzione agricola e come base sulla quale sviluppare le attività umane.

Ma nel corso degli ultimi 100 anni, il suolo ha visto moltiplicarsi il numero e la varietà delle minacce indotte dall'intervento umano, dovute alla perdita di biodiversità del suolo, alla contaminazione, alla perdita di sostanza organica, alla compattazione, all'impermeabilizzazione, all'erosione, alle inondazioni e alle frane.

Inoltre, come avviene per tanti altri ambienti straordinari e poco noti, solamente una piccolissima percentuale degli organismi che popolano il suolo è stata studiata e classificata. Intere regioni italiane, infatti, sono ancora inesplorate dal punto di vista della biodiversità del suolo. Le sfide che abbiamo di fronte sono veramente tante ma non possiamo più rimandare l'azione.

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