[28/03/2012] News

Nessuna zona franca per il maltrattamento: tutti gli animali hanno le stesse tutele nel rispetto delle discipline di settore

La Corte di Cassazione interviene sul delitto di maltrattamento applicato alle attivitą circensi

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione interviene con la sentenza in commento per cristallizzare un principio fondamentale in materia di crimini contro gli animali, ovvero che tutti gli animali possono essere vittime del delitto di maltrattamento di cui all'art 544 ter c.p., in quanto ‘‘l'articolo 19ter disp. coord. C.P non esclude in ogni caso l'applicabilità delle disposizioni del Titolo IX-bis del Libro Secondo del codice penale all'attività circense ed alle altre attività menzionate, ma esclusivamente a quelle svolte nel rispetto delle normative speciali che espressamente le disciplinano".

Nel caso esaminato, la Procura di Pistoia procedeva a carico del titolare di una struttura circense in quanto  ‘nella sua qualità di gestore e titolare della struttura, senza necessità, con condotte omissive derivanti da incuria ed inosservanza dei principi riconducibili alle caratteristiche etologiche degli stessi animali, cagionava loro lesioni. Nello specifico, cagionava loro uno stato di grave sofferenza e decadimento dello stato di salute, ed in alcuni casi inerenti i volatili vere e proprie lesioni dell'integrità psicofisica, come riscontrato nelle indagini.'

Il Tribunale penale di Pistoia assolveva l'imputato in relazione all'art 19 ter delle disposizioni di coordinamento del codice penale perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Il Giudice di primo grado, rilevava che ‘la legge 189 del 2004, con risolutezza, ha inteso escludere dal novero delle fattispecie punibili quelle attività umane che hanno un rilievo sia di carattere commerciale che ludico, ovvero un risvolto di carattere economico.'

‘In tal senso, prosegue il Tribunale di Pistoia, ‘risultano essere espressamente escluse dall'applicabilità della sanzione penale per il reato di maltrattamento ai sensi dell'art 19 ter disposizioni di attuazione del codice penale le attività speciali in materia di caccia, pesca allevamento, trasporto, macellazione degli animali, sperimentazione scientifica degli stessi, di attività circense, di giardini zoologici nonché  delle altre leggi speciali in materia di animali.'

Pertanto, ragiona il Tribunale, essendo l'attività dell'odierno imputato esclusivamente e squisitamente circense sarebbe ‘scolasticamente inapplicabile' all'ipotesi in contestazione la fattispecie di cui all'art 544 ter c.p.

Un'immunità non condivisibile.

Di diverso avviso la Procura della Repubblica di Pistoia che  proponeva così ricorso in Cassazione avverso la sentenza di assoluzione del Tribunale penale di Pistoia per  erronea applicazione della legge penale in quanto la sentenza di assoluzione era ritenuta ‘esclusivamente fondata sull'erronea interpretazione dell'art 19 ter disp. coord. cod. pen.'.

Il Giudice, ragiona la Procura nel suo atto di impugnazione, travisando completamente il senso della norma citata, interpreta l'art 19 ter come una vera e propria immunità normativamente prevista e di carattere generale per tutti i delitti di cui al titolo IX bis del codice penale. Tale immunità riguarderebbe tutte le condotte in astratto rilevabili penalmente, commesse nell'esercizio della funzione di cacciatore, pescatore, allevatore, macellatore, e come nel caso di cui si discute, di attività circense. Secondo la Procura tale assunto non può essere condivisibile prima di tutto sul piano logico, giacchè altrimenti argomentando sarebbe legittimo, soltanto perché si versi nell'ambito di uno spettacolo circense, addivenire all'uccisione per fini ludici di animali, fino a giungere alla reintroduzione nel nostro paese degli spettacoli cruenti (lotta tra animali) oggi invece oggetto di specifiche sanzioni penali agli art.li 544 quater e quinquies.

Vale la pena segnalare sin da subito come, la legge speciale non permettendo ne scriminando uccisioni a scopo ludico durante gli spettacoli circensi, è incontestabile che un qualunque circo che durante un suo spettacolo effettui l'uccisione di un animale ricadrebbe pienamente nel delitto di uccisione non necessitata (art 544 bis c.p.).

Il principio dell'art 19 ter non è altro, ragiona la Procura, che espressione di alcuni dei principi cardine del nostro codice penale, ovvero del principio di specialità di cui all'art 15 del codice penale in combinato disposto con l'art 51 c.p. esercizio di un diritto.

A tal proposito, la Procura si richiama - a titolo esemplificativo -  alla materia venatoria ovvero alla legge 157 del 1992, su cui peraltro l'adita Sezione si è più volte pronunciata[1], in relazione all'art. 544 bis c.p. e seguenti. In caso di uccisione di una specie protetta si applicherà certamente la sanzione penale prevista dall'art 30 della legge 157 del 1992, e non dell'art 544 bis c.p. pur venendo posta in essere la relativa fattispecie incriminatrice (uccisione non necessitata), mentre qualora sia attuata la pratica venatoria secondo legem, non sarà ovviamente applicabile il delitto di uccisione, essendo quest'ultima scriminata dall'esercizio del diritto. Ciò non vuol dire, ragiona la Procura di Pistoia, che durante l'attività venatoria sia permessa qualunque tipo di condotta nei confronti di un animale, sol perché si stia cacciando, qualora si pongano in essere fattispecie che vanno ben oltre l'esercizio del diritto e la relativa scriminante come esaustivamente esplicato proprio dall'adito Collegio in data 21 dicembre 2005 con i principi di diritto posti dalla  sentenza n 46784 in materia di maltrattamenti inferti ai richiami vivi oggetto di attività venatoria.

Nel suo ricorso, a sostegno della piena applicabilità dei delitti in esame alle attività con animali, la Procura si rifà inoltre all'interpretazione sistematica del complesso normativo inerente i reati contro gli animali, che conferma la piena erroneità di una interpretazione di impunità assoluta e generale che il giudice di primo grado ha dato dell'art 19 ter disp. coord. cod. pen.

Tale interpretazione è infatti assolutamente inconciliabile con la previsione di cui all'art 544 sexies c.p. ‘confisca e pene accessorie' per cui in caso di condanna, oltre che la confisca degli animali, è prevista anche la ‘sospensione da tre mesi a tre anni dell'attività di trasporto, commercio o di allevamento di animali se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta'.

Or bene, giacchè tale norma cita espressamente le leggi speciali in materia di allevamento e trasporto, appare davvero difficilmente coordinabile una tale misura accessoria nei confronti di soggetti che svolgono tali attività, che secondo il giudice di primo grado sarebbero in realtà del tutto esclusi dall'applicazione delle norme del codice penale inerenti i reati sugli animali.

Inoltre, si rileva come la previsione dell'art 727 c.p. comma II che punisce chiunque detiene gli animali in condizioni incompatibili produttive di gravi sofferenze non sia ricompresa nel titolo IX bis del codice penale, portando all'incoerente soluzione sistematica per cui la contravvenzione sarebbe applicabile alle attività con animali, mentre il più grave delitto sarebbe irrazionalmente escluso. 

Piena applicabilità dei delitti di cui al capo ix bis del codice penale alle attività con animali.

L'articolo 19 ter disp. att. C.P. è stato introdotto dalla Legge 20 luglio 2004 n.189, recante "Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali nonché l'impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate" e stabilisce che ‘le disposizioni del Titolo IX-bis del Libro Secondo del codice penale non si applicano ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, di pesca, di allevamento, di trasporto, di macellazione degli animali, di sperimentazione scientifica sugli stessi, di attività circense, di giardini zoologici, nonché dalle altre leggi speciali in materia di animali e che le medesime disposizioni non si applicano, altresì, alle manifestazioni storiche e culturali autorizzate dalla regione competente.'

La Suprema Corte rileva con la sentenza in commento come in base al tenore letterale della disposizione ‘l'eccezione deve ritenersi operante solo nel caso in cui le attività in essa menzionate vengano svolte entro l'ambito di operatività delle disposizioni che le disciplinano e che ogni comportamento che esuli da tale ambito è suscettibile di essere penalmente valutato.'

‘Come osservato in dottrina', infatti ragionano i Giudici del Collegio, ‘la ratio ispiratrice della norma è quella di escludere l'applicabilità delle norme penali poste a tutela degli animali con riferimento ad attività obbiettivamente lesive della loro vita o salute a condizione che siano svolte nel rispetto delle normative speciali che le disciplinano perché considerate socialmente adeguate al consesso umano.'

Sul punto del resto la Terza Sezione Penale della Cassazione[2] era già intervenuta in passato proprio in merito ai delitti contro il sentimento per gli animali e l'esimente dell'esercizio di un diritto ex art 51 c.p. in rapporto alle leggi speciali, analizzando una specifica condotta in materia di caccia non prevista come legittima dalla norma speciale, e qualificandola come sottoposizione dell'animale, senza necessità, a sofferenze inutili e dunque concretante reato di maltrattamento, per cui nonostante si vertesse in ambito di ‘caccia' non ha ritenuto applicabile l'esimente dell'esercizio di un diritto, e l'applicabilità del citato art 19 ter, in quanto : ‘'l'uso di richiami vivi'' e dunque la caccia in generale,  stando alle parole del Supremo Consesso, è vietata ‘‘non solo nelle ipotesi previste dall'art. 21 della legge 11/2/1992 n. 157, ma anche quando viene attuato con modalità incompatibili con la natura dell'animale, essendo possibile l'applicazione delle disposizioni dell'art. 544 ter c.p.. quando la condotta, pur non essendo vietata esplicitamente dalla legge speciale, non rientra neppure tra quelle consentite, come nel caso di specie''.

La sentenza è assai rilevante per il principio di diritto che ne consegue, poi confermata con la sentenza del 6 marzo oggi in esame, per cui ‘‘la legge sulla caccia, legge speciale, consente l'uccisione a scopo venatorio degli animali indicati, ma vieta in linea generale che ad esseri viventi dotati di sensibilità psico-fisica, quali sono gli uccelli (seppur cacciabili), siano arrecate ingiustificate sofferenze, con offesa al comune sentimento di pietà verso gli animali, ed a tal fine elenca con carattere meramente esemplificativo dei comportamenti da considerarsi vietati, ma non legittima l'uso di richiami vivi con modalità parimenti offensive, poiché la legge speciale non esaurisce la tutela completa della fauna, in quanto limiti alle pratiche venatorie sono posti anche dall'attuale art. 544 ter c.p., che ha ampliato la sfera della menzionata tutela attraverso il divieto di condotte atte a procurare agli animali strazio, sevizie o, comunque, detenzione attraverso modalità incompatibili con la loro natura.''

Risulta pacifico dunque, ragiona il Supremo Collegio ‘‘che la legittimità delle pratiche venatorie consentite sulla base della L. 157/'92 (e dunque nel caso in commento delle attività circensi)deve essere verificata anche alla luce delle norme del codice penale richiamate''[3] (...) ‘'e che per l'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 51 c.p. non è sufficiente che l'ordinamento attribuisca all'agente un diritto, ma è necessario che ne consenta l'esercizio proprio con l'attività e le modalità che, per altri, costituirebbero reato, sicché essa non ricorre nel caso in cui la pratica venatoria, pur essendo consentita, sottopone l'animale - per le concrete modalità della sua attuazione - a sofferenze non giustificate dall'esigenza della caccia.''

Piena configurabilità del delitto di maltrattamento art 544 ter c.p. nell'ambito delle attività circensi;

Pertanto, ragiona la Suprema Corte anche in materia di attività circense, facendo proprie le considerazioni sin qui svolte, è innegabile che qualora si oltrepassino i limiti di ciò che è espressamente consentito, è pienamente applicabile la norma sul maltrattamento, in pieno contrasto con le deduzioni del giudice di primo grado.

Detta attività, rileva la Terza Sezione, risulta disciplinata dalla Legge 18 marzo 1968, n. 337 recante "Disposizioni sui circhi equestri e sullo spettacolo viaggiante" che riconosce a tale attività esclusivamente una funzione sociale, sostenendo il consolidamento e lo sviluppo del settore (articolo 1) e fornisce la definizione di "spettacoli viaggianti", individuando come tali le "attività spettacolari, i trattenimenti e le attrazioni allestiti a mezzo di attrezzature mobili, all'aperto o al chiuso, ovvero i parchi permanenti, anche se in maniera stabile" ed escludendo gli apparecchi automatici e semi-automatici da trattenimento, senza nulla dire sugli aspetti concernenti la detenzione degli animali, così come le successive leggi 26 luglio 1975, n. 375; 29 luglio 1980, n. 390 e 9 febbraio 1982, n. 37 che riguardano esclusivamente l'assegnazione di contributi economici.

Pertanto  in base alle considerazioni su esposte, se è vero che l'art. 1 della legge 18 marzo 1968, n. 337 prevede che "lo Stato riconosce la funzione sociale dei circhi equestri e dello spettacolo viaggiante. Pertanto sostiene il consolidamento e lo sviluppo del settore", è anche vero che tale norma non scrimina in alcun modo condotte integranti maltrattamento, e che quindi gli animali oggetto di spettacoli circensi possano essere maltrattati e costretti a condizioni di vita a dir poco abbrutenti, come conferma il  Tar Abruzzo, Pescara[4] rilevando come  ‘‘è pur vero che il Comune può disciplinare e vigilare, nell'esercizio dei suoi poteri di polizia veterinaria, sulle condizioni di igiene e di sicurezza in cui si svolge l'attività circense e su eventuali maltrattamenti degli animali''

La legge 337/68 come riferimento per la tutela degli animali nei circhi non può essere considerata una legge "speciale" per il settore delle attività circensi con uso di animali, perché la presenza degli animali vi è inserita solo in via incidentale tra le varie attrazioni previste a differenza di leggi come quella sulla caccia, sugli allevamenti o sulla vivisezione, che focalizzano la loro attenzione proprio sull'animale, stabilendo regole stringenti sulla loro detenzione/utilizzo e pongono quindi azioni possibili o divieti, e per cui è stato comunque dimostrata la piena applicabilità del reato di maltrattamento. Nulla di tutto questo è previsto nella legge 337, che peraltro risale al 1968, momento storico in cui la coscienza collettiva ed il comune sentire nei confronti degli animali (oggi bene giuridico penalmente rilevante ex Titolo IX bis codice penale) muoveva i primi passi.

I Giudici della Suprema Corte rilevano però che la Legge 7 febbraio 1992, n. 150 "Disciplina dei reati relativi all'applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla legge 19 dicembre 1975, n. 874, e dei regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica" disciplina la detenzione degli animali cd pericolosi e ai sensi dell'articolo 6, comma sesto, lettera b) (come modificato dalla Legge 426/1998) si applica ai circhi ed alle mostre faunistiche permanenti o viaggianti, dichiarati idonei dalle autorità competenti in materia di salute e incolumità pubblica, sulla base dei criteri generali fissati previamente dalla commissione scientifica competente. Detta Commissione Scientifica è stata successivamente istituita con decreto del Ministero dell'Ambiente in data 27 aprile 1993 ed ha fornito alcune "linee guida per il mantenimento degli animali nei circhi e nelle mostre itineranti" oggetto di successive rivisitazioni.

Nonostante la funzione consultiva della Commissione e l'ambito di operatività delimitato dalla specifica materia disciplinata dalla Legge 150/92 è possibile, rileva la Terza Sezione Penale della Cassaziobe  ‘l'utilizzazione di tali linee guida come utile criterio di riferimento per eventuali valutazioni anche riguardanti il rilievo penale di determinate modalità di detenzione.'

Nell'Allegato A viene peraltro espressamente specificato, ragiona il Supremo Consesso,  ‘che la valutazione sullo stato di benessere dell'animale deve, in ogni caso, essere effettuata in modo globale, da personale qualificato, tenendo anche conto di particolari esigenze locali, stagionali o legate a singoli animali, che, sebbene possano portare ad un parziale scostamento dai requisiti stabiliti, non compromettano il benessere animale, con la conseguenza che il mancato rispetto di uno o più dei requisiti non integra automaticamente il reato di maltrattamento, la cui valutazione la Commissione rimette al personale qualificato e incaricato dall'Autorità competente, richiamando la Legge 189/2004.'

Detta Legge viene successivamente menzionata nel successivo "Protocollo operativo", stabilendo: "...qualora si riscontrasse che, contrariamente a quanto indicato nella documentazione preventivamente presentata, le strutture di detenzione degli animali non siano adeguate a quanto prescritto, i Servizi veterinari, nel caso che tali carenze non siano sanabili in tempi brevi con adeguate prescrizioni, richiederanno al Comune, se i tempi io consentono, un'ordinanza di sospensione dell'attività circense in toto o limitatamente alla struttura inadeguata. Contemporaneamente, potranno procedere a norma di legge per "Dichiarazione mendace" o, qualora ne esistano gli estremi, ai sensi della Legge 189/2004 (Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali)".

Importante, sul punto la Cassazione rileva come lungi dall'essere una mera facoltà i Servizi veterinari  in qualità di soggetti preposti ai controlli, in presenza di fatti costituenti reato ovvero maltrattamento, hanno l'obbligo di denuncia (e non mera facoltà) imposto dall'articolo 331 C.P.P.  in quanto pubblici ufficiali ed incaricati di un pubblico servizio.

Inoltre alle attività circensi sono certamente applicabili anche le norme sul trasporto di animali e dunque il Regolamento n 1 del 2005 e il D.Lv. 5 Luglio 2007, n. 151 recante "Disposizioni sanzionatorie per la violazione delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1/2005 sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate" e nel Regolamento (CE) n. 1739/2005 della Commissione, del 21 ottobre 2005, che stabilisce norme sanitarie per la circolazione degli animali da circo tra gli Stati membri.

Sul punto la Terza Sezione rileva l'inadeguatezza di tali disposizioni a fornire un quadro organico della materia in quanto oltre a non contemplare tutte le specie animali eventualmente utilizzate negli spettacoli circensi, prendono in considerazione solo alcune delle attività correlate all'utilizzo degli animali, come il trasporto o la mera detenzione, ‘tralasciandone altre certamente non secondarie, come nel caso dell'addestramento, in occasione del quale la violazione delle disposizioni penali poste a tutela degli animali potrebbe comunque verificarsi.'

'L'insieme delle disposizioni in precedenza richiamate risulta, dunque, frammentario e, per quel che qui interessa, sicuramente inidoneo a delineare l'attività circense nel suo complesso.'

Pertanto proprio l'ambito di operatività dell'articolo 19 ter disp. coord. C.P., nei termini come sopra individuati viene di molto ridimensionato e ‘risulta particolarmente contenuto per quanto riguarda dette attività, lasciando così ampio spazio all'applicazione delle disposizioni penali di cui agli articoli 544-bis e ss. C.P.., e può quindi affermarsi il principio secondo il quale "l'articolo 19ter disp. coord. C.P non esclude in ogni caso l'applicabilità delle disposizioni del Titolo IX-bis del Libro Secondo del codice penale all'attività circense ed alle altre attività menzionate, ma esclusivamente a quelle svolte nel rispetto delle normative speciali che espressamente le disciplinano".

In definitiva tutti gli animali, anche se oggetto di attività di settore, possono essere vittime di maltrattamento, qualora si oltrepassi ciò che è espressamente consentito dalla norma speciale, ed in particolare in ambito di attività circense, lungi dall'essere consentita qualunque condotta integrante maltrattamento o uccisioni non necessitate agli animali coinvolti, proprio a causa della lacunosità del quadro normativo di riferimento, ovvero della norma speciale, è pienamente applicabile il delitto di maltrattamento ogni qualvolta siano attuate condotte di deliberata noncuranza ai bisogni etologici di ciascuna specie detenuta, anche in fase di addestramento oltre che di detenzione e trasporto, minando così alla radice il comune sentimento di pietà nei confronti degli animali oggi penalmente rilevante (Titolo IXbis c.p. ‘dei delitti contro il sentimento per gli animali') oltre che ovviamente gli animali stessi.

Una importante sentenza che conferma la tutela penale per tutti gli animali, nessuna specie esclusa, e da cui derivano precisi obblighi e responsabilità a carico di tutti coloro che a vario titolo lavorano con gli animali.

 


[1] Cassazione Penale, Sez. III, 21/12/2005 (Ud. 5/12/2005), Sentenza n. 46784

 

[2] Cassazione Penale, Sez. III, 21/12/2005 (Ud. 5/12/2005), Sentenza n. 46784

[3] Cass. Pen. Sez. III., n. 8890/99;n. 5868/98 e n. 4703/97

[4] Tar Abruzzo, Pescara[4], 24 aprile 2009, n. 321

Torna all'archivio