[15/05/2012] News

Assobioplastiche: «Ecco i numeri reali degli shopper», 30.000 tonnellate in meno di sacchetti

Assobioplastiche ha presento oggi la ricerca: "I numeri reali e le prospettive del settore della produzione di buste asporto merci ("shopper") in Italia" lo studio di settore sulla trasformazione delle materie plastiche in film per shopper realizzato in esclusiva da Plastic Consult, società di consulenza privata e indipendente, operativa dal 1979, l'advisor italiano specializzato nel settore delle materie plastiche e l'iniziativa è stata l'occasione per Renato Mannheimer, di Ispo Ricerche, per presentare un aggiornamento sui comportamenti degli italiani in relazione all'uso delle buste asporto merci.

Assobioplastiche ha voluto così risponde «Alle false informazioni diffuse da alcuni soggetti contrari alla normativa sulle buste da asporto» e sottolinea che «Nel corso delle scorse settimane il fronte che si oppone alla normativa introdotta dal DL sui bioshopper ha più volte dichiarato che il provvedimento legislativo avrebbe comportato la chiusura di 2000 aziende e la perdita di circa 30.000 posti di lavoro».

I soci di Assobioplastiche (da Matrìca a Basf, da Novamont a M&G, da Biosphère a Fkur, Natureworks e Cereplast, solo per citare i produttori di bioplastiche) «Rigettano per intero questo teorema, smentito anche dai numerosi trasformatori che hanno riconvertito la propria produzione dalla plastica tradizionale alle bioplastiche» e dicono di voler fare chiarezza «Una volta per tutte sulle reali dimensioni del comparto, in rispetto degli unici princìpi che dovrebbero guidare il dibattito: verità e serietà».

Marco Versari, presidente di Assobioplastiche, ha dettio che «Assobioplastiche prosegue nel suo impegno per dare trasparenza ed elementi certi al dibattito in corso e confida che esso si svolga secondo i parametri della correttezza delle informazioni. Nello scenario di crisi globale che stiamo vivendo, il settore delle bioplastiche è impegnato a risolvere uno dei tanti, gravissimi problemi ambientali che ci affliggono facendo innovazione ed investimenti, creando occupazione e opportunità di crescita per l'intera filiera e per l'intero Paese. Non permetteremo a chicchessia di demonizzarlo o liquidarlo ricorrendo a mistificazioni o manipolazioni della realtà».

Lo studio di settore fornisce cifre che sembrano incontrovertibili: «Si è rilevato che le aziende che effettivamente operano nella produzione delle buste per asporto merci sono 95; queste 95 aziende hanno fatturato circa 674 milioni di euro nel 2010 e 732 milioni nel 2011; escludendo le altre attività (estrusione di altre tipologie di film, compravendita di materie prime, eccetera), i ricavi relativi alla produzione di shopper sono stati di 258 milioni di euro nel 2010 e di 305 milioni nel 2011; - i volumi prodotti sono scesi da 145 mila tonnellate del 2010 a 115 mila tonnellate del 2011, segno che l'effetto della legge mirato a ridurre il numero dei sacchetti monoutilizzo ha centrato pienamente questo obiettivo; - l'occupazione totale delle 95 aziende censite era di 2.315 unità nel 2010 e di 2.215 nel 2011; le aziende specializzate nella produzione di sacchetti, con ricavi pari o superiori al 50% del fatturato totale, erano 25 nel 2010, salite a 27 nel 2011 (molte di esse, peraltro, associate ad Assobioplastiche); gli addetti relativi alle aziende specializzate nella produzione degli shopper erano 950 nel 2010 e 915 nel 2011».

Ispo ricerche ad aprile ha realizzato uno studio sull'utilizzo di sporte e sacchetti nei tre principali ambienti di spesa (supermercato, piccoli negozi e mercato rionale) che ha coinvolto un campione di 800 famiglie, ne è emerso che «Gli italiani sono oggi piuttosto organizzati quando si tratta di uscire a fare la spesa: la maggior parte, infatti, 6 su 10, porta con sé il contenitore per imbustare la spesa. Questo è ancor più vero se si è diretti al supermercato, dove la spesa è più che altrove pianificata e dove l'80% dichiara di utilizzare una volta in cassa sporte o sacchetti portati con sé da casa e che, molto probabilmente, ha sempre pronti in macchina».

Ad essere più utilizzate sono le borse "morbide" (stoffa, nylon, juta o elasticizzate), al supermercato le usa il 52%, il 43% come primo contenitore di riferimento, seguono per frequenza di utilizzo, le borse riutilizzabili in plastica rigida e dura ed i sacchetti biodegradabili e compostabili. Invece durante la spesa nei negozi del commercio tradizionale ed al mercato, dopo le borse morbide, vengono utilizzati per lo più sacchetti biodegradabili e compostabili. «Diversi fattori, però, ci portano a ritenere che più che sacchetti compostabili si tratti di shopper cosiddetti biodegradabili - dice il rapporto - ossia non certificati secondo lo standard previsto dalla legge recentemente approvata dal Parlamento, ma che sfruttano con il termine "biodegradabile" il rimando a materiali ecocompatibili (che quindi, per comodità e chiarezza, chiamiamo in questo rapporto "falsi-bio")».

Dai precedenti studi Ispo per Assobioplastiche, «Risulta che non più del 13% degli italiani è in grado di distinguere un sacchetto compostabile da uno che è solamente biodegradabile. Inoltre, solo il 10% dei negozianti di generi alimentari, sulla totalità del campione intervistato lo scorso novembre, ha potuto garantire di utilizzare sacchetti compostabili». Anche il nuovo studio rileva un'ambiguità nella corretta percezione, e quindi definizione, di questi materiali: «Accade infatti che il motivo principale dichiarato spontaneamente dagli intervistati per l'utilizzo di shopper compostabili, così come shopper solamente biodegradabili, sia quello della loro maggiore sostenibilità ambientale, espressa come "Sono più ecologici"».

La normativa del 1° gennaio 2011 che nette al bando i sacchetti di plastica è conosciuta da quasi tutti e secondo Assobioplastiche «Ha generato un mutamento delle abitudini degli italiani nell'utilizzo dei contenitori per la spesa: si sono stimati. infatti, dall'entrata in vigore della norma, una diminuzione di shopper in plastica tradizionale di circa il 20%, un aumento delle sporte in plastica rigida e dura del 60% ed un aumento delle sporte morbide e degli shopper compostabili del 50% (in gran parte dei casi in sostituzione proprio della plastica tradizionale)».

Vasari sottolinea: «I risultati di questa indagine ci confermano non solo che gli italiani si sono adeguati velocemente alle nuove norme che regolamentano l'utilizzo delle buste per asporto merci, ma anche e soprattutto che hanno compreso lo spirito più profondo della legge: adottare comportamenti e stili di vita che all'"usa e getta" dissipativo prediligono la conservazione delle risorse, il recupero e il riciclo. Come produttori di bioplastiche non abbiamo mai pensato che la nuova legge serva meramente a sostituire uno shopper in plastica tradizionale con uno in bioplastica ma che, invece, essa sia fondamentale nell'indirizzare i cittadini verso comportamenti ambientalmente più sostenibili».

Secondo Legambiente tutto questo «E' il risultato straordinario di una rivoluzione che invochiamo dagli anni ‘80». Stefano Ciafani, vice presidente del Cigno Verde, è soddisfatto: «Il bando dei sacchetti non biodegradabili e non compostabili ha portato una vera rivoluzione modificando gli stili di vita degli italiani con risultati davvero straordinari. Come avevamo più volte evidenziato, grazie al divieto di produrre sacchetti usa e getta in plastica tradizionale, l'Italia avrebbe potuto, da una parte, risolvere il problema del non invidiabile record di consumo del 25% dei sacchetti di tutta Europa e dall'altra innescare la riconversione di uno dei settori manifatturieri più inquinanti, quello della petrolichimica, verso filiere più innovative e verdi. Oggi i dati della ricerca di Ispo per Assobioplastiche ce ne danno conferma».

Secondo Legambiente «Uno dei problemi maggiori adesso resta quello di limitare l'uso dei sacchetti finti bio (quelli di plastica tradizionale con additivi chimici) diffusi soprattutto nei piccoli negozi e nei mercati rionali che però grazie alle recenti modifiche normative sostenute dal ministro dell'Ambiente Corrado Clini, sono stati finalmente banditi in modo inequivocabile e d'ora in poi potranno essere oggetto di sequestri da parte della magistratura e delle forze dell'ordine».

Per quanto riguarda l'occupazione Ciafani fa rilevare che «Restano ormai solo poche decine di aziende, con alcune centinaia di lavoratori, che devono riconvertire le loro produzioni verso i sacchetti riutilizzabili o compostabili, e ci auguriamo che questo avvenga presto, nonostante le informazioni palesemente errate e fuorvianti sui contenuti del nuovo bando che alcune sigle associative del mondo industriale del settore continuano a fornire ai loro soci».

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