[20/08/2012] News

California: Monsanto ed i giganti del biotech contro il referendum sulle etichette per gli Ogm

Le multinazionali temono le conseguenze di un'informazione pił trasparente

Le più grandi compagni dell'agribusiness e del biotech Usa stanno investendo milioni di dollari in California per fermare la prima iniziativa per imporre etichette speciali sugli alimenti che contengono ingredienti geneticamente modificati. Giganti come Monsanto, Dupont Pioneer e Cargill hanno investito quasi 25 milioni di dollari per far fallire il referendum propositivo che si terrà in California a novembre, insieme alle elezioni presidenziali Usa: si tratta di una somma che è quasi 10 volte quella raccolta dal fronte anti-Ogm che ha proposto il referendum, e che chiede una maggiore attenzione per la salute dei consumatori californiani, che devono essere più informati su quello che mangiano.

Ma la California è il più grande mercato Usa e le multinazionali degli Ogm non possono permettersi una sconfitta, con l'obbligo di un'etichettatura di tipo "europea" che sarebbe un esempio per tutti gli Stati Uniti, per questo stanno inondando televisioni e radio con pubblicità negativa contro il referendum.

Una tattica già utilizzata dall'industria farmaceutica, la stessa aggressiva campagna pubblicitaria che ha portato l'industria del tabacco a sconfiggere un'iniziativa sostenuta dalla leggenda del ciclismo Lance Armstrong che avrebbe aumentato le tasse sulle sigarette per finanziare la ricerca sul cancro.

La food initiative, conosciuta come Proposition 37, è una delle 11 misure che gli elettori californiani potranno approvare o respingere a novembre e prevede che entro il 2014  la maggior parte dei prodotti alimentari trasformati riportino un'etichetta se contengono Ogm o se sono stati modificati con geni di altre piante, animali, virus o batteri.

Se la proposta passerà, la California sarebbe il primo Stato usa a richiedere l'etichettatura di una gamma così ampia di prodotti alimentari contenenti Ogm, il che imporrebbe un importante cambiamento nella produzione nel settore, dal momento che i californiani mangino circa il 12% tutti gli alimenti consumati negli Usa. In più di 12 Stati Usa sono in corso iniziative simili, con l'intento di fornire ai consumatori americani maggiori informazioni su ciò che stanno mangiando e di promuovere la trasparenza e la fiducia nel sistema alimentare.

Stacy Malkan, media director della campagna California Right to Know, sottolinea che «è una lotta per il cibo tra le compagnie dei pesticidi e dei consumatori che vogliono sapere cosa c'è nel loro cibo». La campagna anti-Ogm ha raccolto 2,4 milioni di dollari per promuovere l'iniziativa, in gran parte da associazioni di consumatori, agricoltori biologici, produttori di alimenti biologici e rivenditori di alimenti naturali. Ma le principali associazioni agricole e l'industria della trasformazione dei prodotti alimentari si oppone ad una  rigorosa etichettatura, dicendo che rischia di impaurire i consumatori e di confonderli. La Food and drug administration Usa ha confermato (sorvolando su studi e decisioni di altri Paesi) che le colture geneticamente Ogm non presentano rischi sanitari maggiori rispetto ai cibi tradizionali.

Ma è evidente che il referendum preoccupa per il possibile effetto a cascata del fronte no-Ogm: l'ultima campagna per sconfiggere la Proposition 37 è un massiccio invio di lettere ad agricoltori, produttori alimentari, aziende di pesticidi ed organizzazioni dei contribuenti per dire che i prezzi degli alimentari potrebbero aumentare dopo il referendum.

Solo la Monsanto qualche giorno fa ha versato 4,2 milioni di dollari  alla campagna "No on 37".  I pro-Ogm dicono anche che le nuove norme sull'etichettatura Ogm potrebbero  rappresentare un futuro onere per i contribuenti californiani che dovranno pagare di più per gli ispettori statali per verificare che le etichette siano adeguatamente applicate, e potrebbero innescare una serie di cause legali contro lo Stato.

Insomma, la solita storia: salute contro prezzo del cibo, ricatto ed opacità contro trasparenza.

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