[03/09/2012] News

Ai climate change talks di Bangkok poche speranze per passi avanti alla Cop 18 Unfccc di Doha

A Bangkok, sono passati senza risultati i primi giorni dei "Climate change talks", che si concludono mercoledì e che dovrebbero definire le tematiche e gli obiettivi da discutere a Doha, in  Quatar, alla 18esima conferenza delle parti dell'Unfccc.  Le riunioni non hanno prodotto sorprese e i vari gruppi di Paesi sono rimasti sulle loro posizioni  sia su quel che riguarda un secondo periodo di impegno per il Protocollo di Kyoto, sia per quanto riguarda le divisioni sulla rapida attuazione del piattaforma di Durban approvata nel 2011.

L'Unione europea ed altri Paesi sviluppati vogliono un periodo di impegno di 8 anni per il Tokyo, con in mezzo una revisione per valutare l'adeguatezza delle varie riduzioni mirate. La Alliance of small island States (Aosis), l'African group e di Least developed countries (Ldc)  vogliono un periodo di 5 anni, seguito da un periodo di tre anni con obiettivi maggiori e più ambiziosi di riduzione dei gas serra. Inoltre la Durban platform dovrebbe includere tutti i Paesi e non solo quelli ricchi, partendo dal 2020, come  concordato ultima Conferenza anni delle Sud Africa.

Uno degli osservatori ha spiegato a "Responding to climate change": «La presidenza della Durban Platform ha organizzato alcune piccole tavole rotonde semplicemente per scambiarsi punti di vista. Non si tratta di aggiungere o eliminare testi esistenti. I meeting sono abbastanza intimi il numero di osservatori seduti ad ognuno è limitato».

Gli sforzi per ottenere risultati definitivi nei lavorii del'Awg-Lca sono  in ritardo di oltre un anno e continueranno, così come i lavori sulla forma di un secondo periodo del Protocollo di Kyoto. A Bangkok i delegati stanno cercando di circoscrivere gli eterni problemi di questi climate change talks e di eliminare i problemi e gli ostacoli per un progresso significativo su un nuovo accordo globale per il 2020. Questa volta a Bangkok, con la sostanziale assenza degli Usa e con i loro alleati molto defilati, c'è particolarmente l'Unione europea, accusata di fare promesse che poi non mantiene trincerandosi dietro i ritardi e l'opposizione degli altri Paesi industrializzati ed emergenti.

In Thailandia, come previsto, la parte del leone lo fa il gruppo do lavoro Awg-Lca che riguarda una serie di questioni che vanno dai finanziamenti, alle garanzie che siano rispettate e promesse fatte in passato di  aumentare il sostegno alle nazioni più vulnerabili al cambiamento climatico. Il timore era che i Paesi ricchi utilizzassero la a Durban platform per aggirare gli impegni dell' Awg-Lca, come ha detto il rappresentante dell'Argentina, «Il Dp non deve essere usato per consentire ai Paesi ricchi di "abbandonare la nave" dai loro impegni giuridicamente vincolanti». Riferendosi alla Dp, un  delegato di un Paese in via di sviluppo ha ricordato all'"International institute for sustainable development" che «i nuovi trattati sono una promessa, non un dato di fatto. Non possiamo aspettarci che gli altri di saltino  da un aereo senza paracadute, con la promessa della consegna del paracadute solo durante la discesa».

Ma la realtà è che a 9 mesi dalla Cop 17 Unfcc di Durban e da quella che è stata definita una storica piattaforma per affrontare il cambiamento climatico, i negoziati stanno ancora volta scivolando indietro e che a Bangkok si certifica l'arretramento e lo stallo dei climate change talks di maggio a Bonn.  

Secondo Chris Wright, di Adopt a Negotiator, «i paesi sviluppati sembrano molto felice di concludere tutto il lavoro del Lca e di dire semplicemente che hanno finito perché a Doha i colloqui saranno compresi  nella Piattaforma, o semplicemente concludere e fermarsi ai meccanismi istituzionali che sono già stati creati. Sembrano pensare che, per quanto riguarda i finanziamenti, hanno creato i meccanismi appropriati, abbiamo delle commissioni permanenti e possono trattare con loro adesso e non c'è bisogno di continuare a parlare». Ma molti Paesi in via di sviluppo pensano che l'Awg-Lca abbia ancora un lavoro importante da fare e che non debba essere chiuso prematuramente: «In particolare i G77 (il gruppo  Paesi in via di sviluppo più la Cina, ndr)  hanno davvero realizzato un "backlash" - sottolinea Wright - Dicono che quel che è stato creato non è ancora stato attuato, non è abbastanza chiaro e che c'è ancora un sacco di lavoro che deve essere fatto. Semplicemente non sono abbastanza soddisfatti per concludere e abbandonare o gettarsi sula la piattaforma di Durban, perché non credono che li non ci sia qualcosa che possa essere implementato».

Insomma i Paesi in via di sviluppo hanno avvertito quelli sviluppati che la piattaforma di Durban si basa sulla conclusione positiva delle discussioni degli Awg-Lca e Awg-Kp. I negoziatori di Argentina ed Egitto hanno sottolineato che una positiva conclusione del protocollo di Kyoto e dei colloqui Lca sono la condizione preliminare per procedere con l'Adp e il rappresentante del Nicaragua ha avvertito che «I nuovi negoziati non devono far dimenticare il lavoro che ha avuto luogo nel corso degli ultimi 5 anni». Molti temono che inserire nuovi temi di discussione serva solo a bloccare decisioni di vitale importanza ed a ritardare l'azione almeno fino al 2015, se non al 2020.

In una dichiarazione comune alla vigilia del meeting di Bangkok i Least developed countries hanno detto: «E' importante che i governi più importanti mantengano le promesse che hanno già fatto di fornire finanziamenti, tecnologia e capacity building E' vitale che i Paesi in via di sviluppo ricevano un sostegno per adattarsi al cambiamento climatico che stanno già sperimentando».

Il gambiano Pa Ousman Jargu, presidente del gruppo Ldc, ha ribadito con forza che «il Piano d'azione di Bali è fondamentale per tutelare gli interessi dei Paesi meno sviluppati, proprio qui e proprio ora, e non entro 10 anni. Il nostro atteggiamento verso di esso riflette il nostro atteggiamento nei confronti di un futuro accordo. Due anni di dialogo seguiti da cinque anni di negoziazione con decisioni chiave provvisorie a Cancun e Durban non possono semplicemente essere ignorati, come se non fossero mai avvenuti».

 

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