[26/11/2012] News toscana

Alluvioni: bene gli interventi urgenti, ma servono proposte per la prevenzione. Eccone alcune

Fine settimana di lavoro intenso per il presidente della Regione Enrico Rossi, che ha percorso tutte le province colpite dagli eventi alluvionali dell'11-12 novembre scorso, illustrando il dettaglio degli interventi da fare in questa prima fase post evento dopo la sottoscrizione dei protocolli d'intesa con gli enti locali.

Grazie ad una variazione del bilancio regionale sono stati "trovati" 100 milioni di euro per interventi cosiddetti indifferibili e urgenti: oltre 52 milioni di euro per il grossetano, oltre 24 milioni per la provincia di Massa Carrara, 8 milioni di euro per la provincia di Siena, oltre 5 milioni per quella di Lucca.  9 milioni di euro sono poi destinati complessivamente alle province di Arezzo, Pisa e Pistoia. Nel dettaglio si tratta di interventi per ripristinare la viabilità interrotta, per ricostruire e adeguare ponti,  per ricostruire scuole e altri edifici pubblici, per rimettere in sesto arginature e scogliere di protezione, per il ripristino delle sezioni degli alvei fluviali, per la rimessa in opera di impianti di pompaggio, con cantieri che dovrebbero aprire entro l'anno.

Le aree colpite dall'alluvione dove sono ingenti i danni anche agli edifici privati e alle attività economiche, devono quanto prima tornare alla normalità per questo l'intervento della Regione è stato rapido e opportuno, ma le risorse economiche anche per questa prima fase non sono certamente sufficienti e come più volte ha ricordato Rossi, la Toscana non può fare tutto da sola. Per questo la Regione ha chiesto al governo lo Stato di emergenza e ulteriori finanziamenti in seguito all'approvazione della legge di stabilità. Il presidente ha poi proposto giustamente un piano triennale di investimenti per "la completa messa in sicurezza del territorio toscano" (si continua ad usare una terminologia inappropriata che potrebbe instaurare false aspettative sui territori).

E' proprio sugli scenari di lettura e governo del territorio che si gioca la riduzione della pericolosità idraulica e le strategie di adattamento per convivere con un percentuale accettabile di rischio. Aver vietato le edificazioni nelle aree ad alto rischio idraulico è un passo importante ma non sufficiente: è necessario rivedere la pianificazione per la riduzione del pericolo alluvioni a livello dei singoli bacini calibrandola anche su eventi di pioggia che hanno intensità e frequenze diverse rispetto al passato e che possono verificarsi improvvisamente anche in aree che sono maggiormente conosciute per la siccità e carenza idrica (come successo nel grossetano); è necessario realizzare le opere già prevista dalle pianificazioni precedenti; è necessario investire risorse per la prevenzione che significa anche delocalizzare edifici costruiti in zone ad alta pericolosità idraulica e idrogeologica; è necessario gestire in modo adeguato le aree agricole e le aree collinari e montane marginali, troppo spesso abbandonate a se stesse; è necessario mantenere e dove possibile ridare spazio ai corpi idrici restituendo le aree di pertinenza fluviale attraverso interventi di riqualificazione. Tutto al fine di rallentare i deflussi con una gestione diversificata del territorio da monte a valle.

Per attuare questo tipo di intereventi ci vogliono risorse economiche, ma minori rispetto a quelle per riparare i danni post evento, invece ci vuole una forza politica maggiore perché si vanno a mettere in discussione interessi consolidati sui territori. Se è certo però che è incorso una crisi economico-sociale epocale insieme ad un crisi ambientale dagli effetti devastanti e di una rapidità mai registrata prima, è vero che gli interventi per mitigare questa seconda possono dare una mano alla prima, creando ad esempio lavoro di qualità. Ciò è possibile solo, come greenreport ricorda frequentemente, con un cambio di paradigma dove la politica riacquista credibilità e capacità di indirizzo. Altrimenti ci ritroveremo di nuovo a fare elenchi di interventi per ripristinare argini e per rimettere a posto strade, un modo forse per muovere il Pil, ma non certo nella direzione della sostenibilità.  

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