[03/12/2012] News

A Siwa un dattero è vita

«I datteri fanno parte delle nostre tradizioni e della nostra vita quotidiana» dice Anwer Youssef
Mohamed, direttore dalla SCDEC (Siwa community development  environmental conservation), una
delle principali associazioni che lavorano nella remota oasi di Siwa. Situata nella depressione
desertica del Qattarah, l'oasi di Siwa, famosa soprattutto per leggende che riguardano Alessandro
Magno che qualcuno vuole sepolto da queste parti,  basa la propria economia sul turismo (molti
visitatori sono attratti dalle rovine dell'antica città di Shali, agglomerato urbanistico di origine
medievale costruito con mattoni di fango e sale e dai tour nel deserto bianco che da qui partono) e
sulla coltivazione di datteri e ulivi.

Come sottolinea Anwer Youssef il dattero è parte
integrante della vita della comunità: è alla base di molte ricette locali,  dell'alimentazione animale,
dell'artigianato. A Siwa sono molte le varietà di datteri  e alcune di esse, quelle meno adatte
all'esportazione perché  destinate al consumo fresco, hanno rischiato e rischiano l'estinzione. Inoltre
i sistemi di essicazione dipendevano fino a poco tempo fa da pochi privati che imponevano il prezzo
di trasformazione e non garantivano grande qualità e igiene perché fuori da ogni controllo esterno.

Dagli inizi degli anni 2000, a partire da progetti di Cospe con gli agricoltori locali  e  con
associazioni di fair trade italiani, tra cui la cooperativa Macondo di Palermo, si è cominciato a
lavorare con i produttori  all'aspetto legato alla trasformazione, al confezionamento,  al packaging,
 al marketing e all'esportazione. E' stato dunque il mercato italiano il primo a ricevere i datteri di
Siwa e dal 2005, da quest'esperienza, è nato un presidio slow food che ha ulteriormente aiutato i
produttori locali ad innalzare qualità e quantità di datteri prodotti, ha consentito alla Scdec di
costruire un'unità di trasformazione propria e a cui tutti i 160 agricoltori che ne fanno parte possono
conferir ire i loro prodotti e ha aumentato la quantità di esportazione .

Sono due le stagioni
del commercio dei datteri: una per l'Egitto tra maggio e luglio con picchi per la festa islamica "del
sacrificio" e per la fine del Ramadan, e una destinata all'Europa e le feste di Natale tra ottobre e
novembre.

Quando intervistiamo Anwar la raccolta dei datteri sta volgendo alla fine e
ormai raramente si trovano palme cariche di frutti. Tutti gli altri sono già stati essiccati e inscatolati
pronti ad essere inviati nelle botteghe equo e solidali europee. Un commercio questo che ha 
migliorato notevolmente gli ingressi degli agricoltori  locali, e delle loro famiglie, innalzato la qualità
della produzione, costantemente controllata, e che mette al riparo la biodiversità della zona salvando
da estinzione certa i datteri locali.

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