[11/01/2013] News

I giovani della Primavera Araba protagonisti della lotta contro i cambiamenti climatici

Mentre le primavere arabe sembrano soffocate dal sangue che scorre dall'inestricabile carneficina  siriana o dalla normalizzazione moderata o reazionaria dei partiti islamici vittoriosi, un germoglio di speranza spunta proprio dove le rivolte giovanili sembravano meno attente: l'ambiente. Uno dei (pochi) sviluppi interessanti e meno conosciuti della Conferenza delle parti dell'Unfccc di Doha è infatti l'emergere di un movimento giovanile arabo che sta spingendo i governi, sia quelli nuovi emersi dalle "primavere" che le monarchie assolute del Golfo e gli altri regimi che vivacchiano in un'instabile condizione, ad agire contro il cambiamento climatico in Medio Oriente, una delle aree del mondo più direttamente colpita dalle conseguenze del global warming, con siccità sempre più estese e ricorrenti punteggiate da improvvisi alluvioni e da fenomeni meteorologici estremi come le improvvise ondate di caldo e freddo. 

Durante i deludenti negoziati climatici in Qatar, centinaia di giovani attivisti dell'Arab Youth Climate Movement, provenienti da una decina di Paesi arabi hanno marciato gridando slogan come "Arabs, Time To Lead" e "We Want Change". Un corteo che ha avuto due aspetti importanti, si può dire eccezionali: è stata la prima manifestazione pubblica di piazza mai avvenuta nell'emirato del Qatar e a farla sono stati anche i giovani protagonisti della primavera araba che i qatariani avevano visto solo su Aljazeera.

Katherine Shabb, di Conservation International e sostenitrice del movimento giovanile arabo, spiega su SustainableBusiness: «Il fatto che questo movimento abbia avuto un impulso solo di recente è molto significativo. Sulla scia della primavera araba che ha spazzato la regione, è fondamentale creare un nuovo spazio per il cambiamento che includa il cambiamento climatico nelle conversazioni politiche. E' tempo per gli arabi di dimostrare che possono impegnarsi in grandi obiettivi ed accettare il cambiamento a tutti i livelli, compreso l'ambiente». Shabb è libanese ed è orgogliosa che il suo piccolo e martoriato Paese si sia impegnato alla Conferenza di Doha a ridurre le sue emissioni del 12%, l'unico Paese arabo ad uscire dalla Cop Unfccc con un impegno formale.

La sfida climatica lanciata dai giovani arabi è molto difficile: il Medio Oriente è la patria dell'Opec ed i Paesi produttori di petrolio sono in prima linea per ridurre le ambizioni internazionali di tagli alle emissioni di CO2, compresi Paesi come il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti che pure investono parte dei loro petro-dollari in futuristici progetti di energie rinnovabili e risparmio energetico. In Medio Oriente porre il tema della  necessità di affrontare il cambiamento climatico a livello regionale e globale è una sfida politica spinosa.

Comunque dato per scontato questo nuovo conflitto che i giovani arabi hanno di fronte per costruire un futuro migliore, va anche detto che qualcosa si sta muovendo proprio nelle monarchie assolute del golfo che, salvo il Bahrain che continua a reprimere violentemente le proteste della maggioranza sciita, non sono state toccate dalla primavera araba ma hanno pesantemente finanziato e partecipato alla guerra civile libica ed ora a quella siriana.

L'Arabia Saudita, il Paese petrolifero per eccellenza e l'alleato di sempre dei peggiori eco-scettici, si è data l'obiettivo del 100% di energie rinnovabili dopo aver adottato un programma che prevede di produrre 41 gigawatt di energia solare entro il 2032. Il primo "utility-scale solar plant"  della saudita Idea Polysilicon, è in via di realizzazione nell'impianto solar polysilicon manufacturing che hanno realizzato  tedeschi della Centrotherm Photovoltaics, il secondo più grande produttore di impianti solari del mondo.

Il ricchissimo Qatar ha annunciato l'obiettivo di 1,8 gigawatt di energia solare entro il 2014 e l'Iraq ha detto  che investirà 16 miliardi di dollari nei prossimi tre ani per produrre 400 megawatt di energia fotovoltaica ed eolica.

Sono sicuramente spiragli nei quali sui può infilare il nuovo movimento ambientalista arabo, approfittando del fatto che alcuni regimi, invece di consumare tutte le loro risorse di petrolio e di gas, vedono nelle abbondanti energie rinnovabili del Medo Oriente un modo per soddisfare la domanda interna, lasciando i combustibili fossili per l'esportazione.

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