[30/01/2013] News

La neoedilizia e l'affermarsi necessario di un cambio paradigma, anche culturale

L’utilizzo della canapa in edilizia come esempio dell’impiego di nuovi materiali

Gli ambientalisti hanno presentato alla politica un programma per la Ri-conversione ecologica del Bel Paese che deve per forza passare da un nuovo modello culturale che coinvolga la sfera del sapere e quella del fare. In edilizia, ad esempio, la ricerca si confronta sui termini di "neoedilizia" e "post-sostenibilità" e le tecniche costruttive guardano all'architettura naturale che limita gli impatti sull'ambiente e sulle risorse naturali, mentre la filiera dell'edilizia (progettisti, costruttori, maestranze fino ai proprietari di case) ancora fatica a comprendere i vantaggi delle più elementari forme di risparmio energetico negli edifici italiani. Ma lo scetticismo deriva dalla scarsa conoscenza, ecco perché la formazione e un nuovo approccio culturale sono determinanti. 

Il tema è stato al centro di un convegno organizzato da Anab (Associazione nazionale architettura bioecologica) al Klimahouse di Bolzano, dove sono stati presentati anche esempi di "neoedilizia" come ad esempio l'uso della canapa per realizzare mattoni, tecnica con radici antiche. «Un suo utilizzo permette di risparmiare il 90% di acqua rispetto a quella necessaria nel caso del cemento e poco meno di un terzo di energia- ha informato Erich Trevisiol, docente di Progettazione sostenibile all'università Iuav di Venezia- In più  usare la canapa vuol dire poterla coltivare e produrre davanti al cantiere, in modo da poter avere la materia prima davvero a chilometro zero».

Considerato che il settore delle costruzioni tradizionale incide per il 40% sui consumi di energia, per il 30% sull'uso di risorse naturali e sulla produzione di rifiuti, per il 20% sul consumo d'acqua ed è causa del 40% delle emissioni di anidride carbonica, non si può più derogare all'utilizzo di nuove tecniche sicuramente più sostenibili. «Ormai, viste le tecniche costruttive che abbiamo già a disposizione, per poter essere davvero sostenibile, l'edilizia deve preoccuparsi del nesso esistente tra acqua, energia e cibo, puntando quindi a ridurre quanto più possibile il consumo di questi tre fattori», ha sottolineato Trevisiol.

Per il settore  delle costruzioni si tratterebbe di una vera rivoluzione culturale e nel modo di operare, considerato che dal punto di vista tecnico non ci sono ostacoli da superare per una diffusione su larga scala dei principi dell'architettura naturale. Ci sono però da superare le lacune formative di architetti, ingegneri e operai edili. «Se non entriamo nella testa dei progettisti, i clienti non arriveranno mai a sapere che esiste la possibilità di costruire in modo diverso e con maggiori vantaggi ambientali ed economici-ha aggiunto Trevisiol-La cosa più difficile da fare è convincere gli operai e imprese a usare questi materiali». Tra l'altro è venuta ora a cadere la motivazione usata come pretesto per non intraprendere questa strada innovativa, cioè quella dell'aumento dei costi di costruzione, tanto diminuiti fino ad essere oggi comparabili con quelli dell'edilizia tradizionale.

«Dieci anni fa era attorno al 15%. Oggi il differenziale è a zero», conferma Trevisiol, che poi si sofferma anche sull'altra criticità, quella della normativa italiana, spesso poco attenta a stimolare la diffusione di soluzioni a basso impatto.

«L'Italia è a macchia di leopardo. Ogni Regione ha le sue norme. Addirittura i nuovi materiali non trovano spazio nei prezziari di molte realtà locali. È difficile pure insegnare le normative all'università. Una situazione di arretratezza che dobbiamo sconfiggere, perché se non puntiamo con decisione su questi nuovi tipi di produzioni non usciremo mai dalla crisi», ha concluso Trevisiol. 

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