[04/02/2013] News

Il mercato dei crediti di carbonio è alla canna del gas

Salvare o non salvare il mercato europeo del carbonio (Emissions Trading Scheme - ETS) e come farlo? È questo il dilemma che attualmente a Bruxelles sta spaccando politica, istituzioni, industria e finanza. Il mercato dei crediti di carbonio è alla canna del gas. La scorsa settimana il prezzo dei permessi di emissione europei è sceso a 2,81 euro alla tonnellata, il 40 per cento in meno rispetto alla settimana precedente. La causa scatenante è rappresentata dal voto della Commissione industria al Parlamento europeo, che si è espressa contro il primo intervento programmato dalla Commissione europea per salvare l'ETS. Ovvero ritardare l'emissione di 900 milioni di permessi di emissione di carbonio per il 2013-15, onde evitare un ulteriore crollo dei prezzi.

Lo schema ETS, operativo dal 2005, è stato disegnato sulla promessa che il mercato avrebbe definito il prezzo del carbonio, facendolo aumentare nel corso del tempo fino a toccare i 30 euro a tonnellata nel 2013. Invece il mercato non solo non ha funzionato, ma ha mostrato tutte le sue contraddizioni. Al punto che la liberista Commissione europea vuole intervenire pur di impedire che il prezzo del carbonio tocchi lo zero storico e il mercato ETS si dissolva come neve al sole.

Se l'obiettivo è influenzare il prezzo del carbonio, un semplice ritardo nell'emissione dei permessi sembra poco risolutivo. Al contrario, darebbe a mercati e investitori ancora di più la possibilità di speculare sulle variazioni del prezzo a venire, fino al crollo quando gli stessi attori deciderebbero di far saltare tutto.

Se poi l'obiettivo fosse quello di ridurre le emissioni complessive, cosa che fino ad oggi l'ETS non è riuscito a garantire, la creazione di nuovi permessi avrebbe ancor meno senso, né ora né nei prossimi anni, vista la sovrabbondanza sul mercato. E quindi?

Ritardare l'emissione dei permessi è solo la prima delle misure urgenti pensate dalla Commissione per "salvare" l'ETS, sottoposte a una consultazione pubblica che si concluderà il 28 febbraio. Mancano tuttavia diversi elementi per informare la discussione. A partire da una trasparente valutazione degli impatti di ciascuna delle riforme strutturali proposte, sull'industria e sul sistema produttivo, e il loro effetto trasformativo per la società. Salvare l'ETS significa dare all'Europa la possibilità di risolvere la crisi economica, ambientale e climatica? O significa semplicemente garantire agli investitori l'occasione di continuare a speculare, e alla grande industria di inquinare grazie al trucchetto delle compensazioni (offsets)? E quale sarebbe il costo per i cittadini europei di ciascuna delle riforme proposte dalla Commissione?

Visto che si tratta di un meccanismo che non ha saputo raggiungere i propri obiettivi, l'unica opzione di buon senso sarebbe quella di lasciar perdere. Meglio chiudere l'ETS e cominciare a ragionare su politiche e regolamentazioni che vadano nella direzione di raggiungere gli obiettivi al cuore della questione climatica: tagliare le emissioni collegate all'economia reale e incentivare la transizione verso un modello economico svincolato dai combustibili fossili e in armonia con l'ambiente, capace di generare lavoro sui territori e di mettere fine alla distruzione ambientale e alle violazioni dei diritti prodotti dal sistema attuale. E' questa la proposta mossa da una quarantina di organizzazioni - tra cui Re:Common - da oggi aperta all'adesione da parte di altri gruppi e movimenti a livello internazionale (http://scrap-the-euets.makenoise.org/italiano/). L'obiettivo è aprire uno spazio politico di discussione e proposta per parlare di ciò che realmente serve e non solo e unicamente di mercato.

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