[13/03/2013] News toscana

La discussione sulla nuova legge urbanistica toscana e la "maestrina dalla penna rossa"

Su greenreport.it ha preso il via una interessante discussione sulla nuova legge urbanistica della Toscana, ma al contrario di quanto ha scritto qualcuno c'è molto da essere preoccupati per la presa di posizione di Anci e Uncem sulla proposta di riforma della legge regionale toscana 1/2005, anche perché non credo affatto che la contrarietà dei sindaci ad una qualche forma di controllo regionale dipenda da una mancanza di autorevolezza, degli strumenti di pianificazione regionali.

Dei ritardi che oggi sono addebitati alla Regione Toscana i Comuni se ne sono abbondantemente avvalsi quando hanno sforato tutte le scadenze per l'approvazione dei Piani strutturali e degli altri strumenti urbanistici previste addirittura dalla legge 5/1995, "Norme per il governo del territorio" della Regione Toscana, tanto che qualche amministrazione comunale non ha ancora pronto il Piano Strutturale, il Regolamento Urbanistico e i Piani dei Porti previsti fin da 18 anni fa!

Il problema non è che la Regione matrigna e cattiva, la "Maestrina con la penna rossa", come hanno scritto Anci ed Uncem, ha bacchettato i Comuni, il problema è che i Comuni, dopo aver approvato Piani e Regolamenti (che non sempre collimavano), li hanno troppo spesso stravolti con varianti e variantine, assestamenti ed adeguamenti, strane "sperimentazioni portuali", il problema è che Comuni senza Piani strutturali e/o regolamenti urbanistici hanno continuato a costruire in norma di salvaguardia, come all'isola d'Elba dove la fantasia urbanistica e l'elusione delle normative regionali hanno raggiunto forse le massime vette.  Il problema e che le promesse di Piani Strutturali unici in circondari omogenei è rimasta troppo spesso una promessa coltivata nell'inganno di annunci e in riunioni senza costrutto e volontà.

Il problema è che quelle due ottime leggi avevano un buco in fondo che molti amministratori e qualche tecnico vorrebbero tenere aperto anche con la modifica della legge 1/2005 e quel buco si può riassumere in poche parole: impossibilità di intervenire da parte della Regione nel caso il Comune ignorasse i parametri previsti dalla legge, ignorando le stesse osservazioni della regione. Molti piani strutturali sono esempi non certo virtuosi di questi aggiramenti dei limiti delle risorse e dei parametri previsti dalle leggi regionali: dall'acqua alle spiagge, dal territorio ai trasporti, fino ad arrivare a ignorare le invarianti.

Se si ha nostalgia di una "autonomia" che ha prodotto anche tutto questo non si fa certamente un servizio alla buona urbanistica ed alla buona amministrazione e prendere a bersaglio l'assessore regionale Anna Marson, come fa qualche amministratore locale, non fa che rafforzare i dubbi che si vogliano le mani libere, che ancora scatti il riflesso dell'edilizia edificatrice come unica risorsa per le esangui casse dei comuni e come strumento del consenso politico.

Siamo ben lontani dal modello al quale dovremmo tendere, che non è certamente quello italico (e purtroppo anche toscano) di strumenti urbanistici ipertrofici che permettono di debordare, con norme che si prestano a diverse interpretazioni, dell'urbanistica delle sanatorie, delle varianti, degli ampliamenti degli abusi condonati... Gli esempi virtuosi ai quali dovremmo guardare non sono quelli mediterranei del sacco delle coste, ma quelli nordici, olandesi, tedeschi, scandinavi, dove il territorio è bene comune, dove le regole sono chiare, generali, invalicabili e nei quali una grande città ha un regolamento urbanistico di poche decine di pagine che spiega con chiarezza quel che non è possibile fare e che deriva a cascata da una legge nazionale e da normative regionali che stabiliscono chiarissimi limiti e paletti non spostabili con varianti, furbizie, interpretazioni localistiche.

In questi giorni invece si legge già la nostalgia per l'edilizia concertata, per il territorio mercificato e merce di scambio politica ed allora le difficoltà economiche delle pubbliche amministrazioni diventano semplicemente scuse per non abbandonare un modello che ha mostrato ormai tutti i suoi limiti ambientali, economici ed anche culturali. Fare una battaglia contro la regione o l'assessore perché vogliono chiudere il buco in fondo alla legge e mettere in chiaro limiti e competenze, dando alla Regione il potere di farli rispettare, non è la rivendicazione di autonomia nel governo del territorio (fra l'altro senza un filo di autocritica per come il territorio è stato troppo spesso sgovernato) è rinuncia ad uscire dalla schiavitù del cemento per dare ai Comuni nuove fonti di entrate che non siano gli oneri di urbanizzazione o l'Ici/Imu, per liberare l'economia delle coste, delle isole e delle colline toscane dal blob cementizio delle seconde case, da un modello in crisi, superato, frantumato dalla crisi economica.

Le regole, certe, invalicabili e con una legge regionale che ne esiga il rispetto assoluto, anche con chiari poteri di controllo, andrebbero invocate, non contrastate, magari affibbiando l'appellativo di "Maestrina dalla penna rossa" ad un assessore regionale che finalmente cerca di mettere limiti ad una politica urbanistica che troppo spesso è diventato impunità amministrativa, che ha travalicato limiti e vincoli nel nome di un'autonomia che non è stata né dei cittadini né della politica, ma del cemento, anche in Toscana.

Fare così significa anche non aver capito gran parte della natura del voto politico del 24 e 25 febbraio che è anche chiara protesta verso l'ossificazione, i riti e le coazioni della politica locale e non solo contro quella nazionale.

Ora si scopre il principio di limitazione o blocco del consumo di suolo, ma sono concetti che esistevano già nelle due leggi del 1995 e del 2005, temi richiamati ed ignorati e che rendono difficile parlare oggi di capacità di carico in territori che troppo spesso l'hanno già abbondantemente superata, magari con l'utilizzo di Valutazione ambientali strategiche a spot che sembrano troppo spesso avere l'unico intento di giustificare i nuovi interventi e che partono quasi sempre dal territorio così come è stato modificato, senza tener di come è già stato modificato e delle modifiche generali ed a cascata che si produrranno con gli interventi.

Anci ed Uncem paventano un cedimento della regione all'estremismo di comitati ed associazioni, la verità è che in questi anni i decisori pubblici hanno troppo spesso ceduto ad interessi edificatori particolari e che è davvero difficile far credere che gli strumenti urbanistici approvati in questi anni siano il frutto del cedimento all'opposizione ad alcune scelte d fatta dagli ambientalisti e dai comitati cittadini, che invece hanno quasi sempre patito pesanti sconfitte. Basterebbe leggere i dati dell'urbanizzazione e del consumo di cemento e territorio per capire chi sono (purtroppo) i vincitori nella rovinosa sconfitta del buon governo del territorio italiano ed in troppe parti della ex Toscana Felix. Quel che non è stato approvato era semplicemente insostenibile, frutto di scelte politiche/amministrative sbagliate, deboli nella loro protervia e che troppo spesso avevano poco a che fare con l'autonomia della politica ed il buon governo del territorio, che è prima di tutto regole non interpretabili a piacimento. 

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