[14/03/2013] News

La Groenlandia vota contro lo sfruttamento intensivo delle sue risorse naturali

I socialdemocratici del Siumut vincono con il no alle politiche pro-multinazionali

Il 12 marzo in Groenlandia, l'immensa isola semi-indipendente che fa parte del Regno di Danimarca, si è votato per il rinnovo dell'Inatsisartut, il parlamento autonomo di quella che gli inuit chiamano Naoq, e gli elettori hanno dato la vittoria con il 42,8% dei voti ai socialdemocratici del Siumut (Avanti) che hanno così messo fine al dominio dell'Inuit Ataqatigiit, (Comunità del popolo), il partito della sinistra indipendentista guidato dal premier uscente, l'ex comunista Kuupik Kleist,  che si è fermato al 34,4% dei voti.

Gli ultimi 4 anni di governo dell'Inuit Ataqatigiit si erano caratterizzati per l'apertura alle compagnie minerarie straniere e all'industria. La Groenlandia aveva messo sul piatto le sue risorse di terre rare, minerali, gas e petrolio  non ancora sfruttate ma che il global warming sta rendendo sempre più accessibili. La più grande isola del mondo, popolata da meno di 57.000 persone, ha quindi bocciato il "liberismo" di sinistra di Kuupik Kleist, che apriva tutte le porte agli investitori stranieri anche con la modifica delle condizioni lavorative,  e dato fiducia alla leader socialdemocratica Aleqa Hammond (Nella foto) (nella foto), 47 anni, che in campagna elettorale ha promesso di introdurre royalties sulle risorse e che sarà molto più esigente quando  tratterà con le compagnie straniere e le multinazionali.

La vittoria del Siumut arriva dopo le aspre polemiche sulle politiche aggressive con le quali il precedente governo della Groenlandia voleva aprire l'economia e  fornire lavoro a basso costo alle multinazionali che hanno chiesto concessioni minerarie ed estrattive che consentirebbero guadagni per miliardi di dollari. I socialdemocratici hanno duramente contrastato la politica dell'Inuit Ataqatigiit, che 4 anni fa aveva vinto presentandosi come la vera sinistra indipendentista, ed è passata la linea più dura verso le imprese che vogliono semplicemente sfruttare le risorse nascoste sotto il ghiaccio della Groenlandia.

La più che probabile premier Hammond ha detto che rivedrà la legge, ma non ha fornito dettagli su quello che cambierà esattamente, tuttavia durante la campagna elettorale ha ripetuto: «La gente pensa che le compagnie straniere abbiano troppa voce in capitolo».

Il Siumut  è stato al potere 30 anni dopo che alla Groenlandia è stato concesso lo status di autonomia nel 1979, che è diventato auto-governo nel 2009. Kleist era stato eletto trionfalmente con un programma che era incentrato sulla promessa di fare piazza pulita della vecchia politica coinvolta negli scandali (vi ricorda qualcosa?), è finito al tavolo imbandito delle multinazionali e dei cinesi e scavalcato a sinistra dai vecchi socialdemocratici.

La nuova e prima premier donna della Groenlandia ha però un bel problema: dovrà trovare un alleato per costituire una coalizione di governo, visto che il Siumut ha ottenuto 14 parlamentari, meno della metà dei 31  seggi dell'Inatsisart. Se un governo con l'Inuit Ataqatigiit (11 seggi) sembra difficile (anche se i due partiti sono già stati alleati in governi di sinistra che hanno portato alla semi-indipendenza) il Siumut  potrebbe allearsi con piccole formazioni che hanno ottenuto seggi, come il nuovo partito nazionalista PartII Inuit (6,4%), i Democratici (6,2%) e l'Atassut (8,1%). La Hammond non ha ancora pubblicamente detto a quale alleanza punta.

Il voto è un campanello di allarme per colossi come Alcoa e London Mining che erano molto interessati a concessioni minerarie in Groenlandia, soprattutto dopo che Kleist aveva proposto loro tasse bassissime e la riduzione dei costi di lavoro e del potere contrattuale dei sindacati. Nel dicembre 2012 il governo groenlandese aveva approvato una legge che consentirebbe l'afflusso di manodopera straniera per realizzare le miniere e le enormi infrastrutture necessarie alle multinazionali intenzionate. Solo per lo zinco c'era un progetto da almeno 5 miliardi di corone danesi (874 milioni di dollari) che avrebbe beneficiato di agevolazioni riguardanti l'impiego di lavoratori stranieri.

La cosa non è piaciuta agli elettori, ma il nuovo governo di Naoq  dovrà  comunque fare delle riforme se vuole diversificare l'economia per ridurre la dipendenza della Groenlandia dalla Danimarca, dalla quale ogni anno riceve sovvenzioni per 3,5 miliardi di corone, mentre dal 2009, con la semi-indipendenza dell'isola, a Copenaghen rimane ormai praticamente la sola gestione della politica estera comune.

I socialdemocratici si trovano a governare così un immenso paese scarsamente popolato ma che giocherà un ruolo sempre maggiore nella geopolitica mondiale e il The Wall Street Journal scrive che «Molti politici danesi hanno espresso il timore che altre nazioni, tra le quali la Cina, possano avere influenza, dato il numero di lavoratori stranieri e gli investimenti che potrebbe provenire da compagnie cinesi in un prossimo futuro ,a causa della legge approvata a dicembre». Quindi la sconfitta della sinistra groenlandese non dispiace affatto al governo di sinistra danese a guida socialdemocratica.

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