[28/03/2013] News toscana

Corretta gestione del territorio, tra agricoltori e consorzi

Alcune aziende agricole situate nella zona della pianura di Mortaiolo, nel comune di Collesalvetti (Livorno), hanno lamentato la perdita dei loro raccolti - le semine del 2012 di cereali autunno-vernini - a causa delle esondazioni di alcuni fossi avvenute di recente, e che hanno allagato i  terreni di proprietà. Gli agricoltori hanno attribuito la responsabilità ad Arpat, che concederebbe il nulla osta alla ripulitura dei fossi, se non a determinate condizioni onerose.

L'Agenzia per la protezione ambientale della Toscana ha tenuto a chiarire la questione. «I Consorzi di Bonifica ("Ufficio dei Fiumi e Fossi", in questo caso) sono gli Enti competenti alla realizzazione degli interventi atti a garantire la piena efficienza idraulica dei corpi idrici, programmano in modo autonomo gli interventi di manutenzione da eseguire periodicamente ed a tal fine sono titolati ad emettere specifici ruoli. Tutte le attività devono essere svolte nel rispetto della normativa vigente - ha continuato Arpat- in particolare a riguardo del destino dei materiali derivanti dagli interventi di ricalibratura, la norma prevede chiaramente che l'utilizzo è vincolato dalla natura e dalla entità dei contaminanti presenti. I materiali di escavo vengono infatti recuperati all'interno del corpo idrico là dove siano compatibili con la destinazione d'uso; se invece i materiali non sono compatibili devono essere recuperati o smaltiti in altro luogo».

Rilevato che Arpat non ha tra i suoi compiti il rilascio di nulla osta o autorizzazioni preliminari alla esecuzione dei lavori di manutenzione del reticolo idrografico di competenza dei Consorzi di bonifica e in questo caso dell'"Ufficio dei Fiumi e Fossi", questa situazione si presta ad alcune considerazioni. Una di carattere generale, dato che questo è l'ennesimo caso in cui si dimostra la necessità di investire risorse (a livello centrale soprattutto) nella tutela del territorio e in attività di prevenzione del rischio idrogeologico che tra l'altro servirebbero anche per creare posti di lavoro.

Una seconda considerazione riguarda i Consorzi di bonifica, criticabili talvolta per alcuni interventi, specialmente sotto il profilo della sostenibilità ambientale, ma che - va riconosciuto - gestiscono ampi territori e molti chilometri di canali e corsi d'acqua, con risorse derivanti dai tributi non sono sufficienti. E' necessario quindi fare una programmazione ed intervenire in base a priorità.

Una terza considerazione riguarda il fenomeno dell'interrimento a cui sono sottoposti spesso fossi e canali e le nuove norme riguardanti le terre estratte dagli alvei che stanno mettendo in difficoltà gli stessi Consorzi. I sedimenti non possono essere riadagiati immediatamente sulle sponde ma devono essere caratterizzati, constata la presenza o meno di contaminanti e quindi reimpiegati in loco, se idonei, o smaltiti prevalentemente in discarica come rifiuti speciali. Ciò implica una crescita dei costi per i Consorzi, che potrebbe limitare (è già successo) anche gli interventi su scala diffusa.

Infine, va detto che il fenomeno dell'interrimento è dovuto a diverse cause, tra cui una gestione inadeguata del territorio da parte degli stessi agricoltori, che nel tempo hanno rinunciato alla presenza o al ripristino dei fossi interni alle sistemazioni agrarie di loro pertinenza (al fine di sfruttare l'intero spazio per le colture), ed hanno sostituito le coltivazioni a giro-poggio con il ritto chino, abbandonando antiche buone pratiche e fornendo contribuito ragguardevole alle evidenze attuali di interrimento diffuso sul territorio.

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