[28/03/2013] News toscana

Riforma della legge sul territorio, la Toscana rischia di diventare Ğun museoğ? Facciamo chiarezza

Agli architetti fiorentini non piace la riforma della Legge regionale sulle norme del governo del territorio (Legge 1/2005), perché la ritengono troppo "conservazionista". «La Toscana rischia di diventare un territorio-museo - spiega  l'Ordine degli architetti della provincia di Firenze - Lo sviluppo della nostra Regione potrebbe stopparsi, frenando gli investimenti sia pubblici che privati».

A immediato commento di questa considerazione, verrebbe da dire ben venga questa riforma se riesce a stoppare lo sviluppo che abbiamo potuto vedere fino ad oggi, fondato sul consumo di suolo e l'impiego di cemento da parte di molti comuni che hanno contato sugli oneri di urbanizzazione come unica entrata certa. Tuttavia abbiamo dubbi che tale riforma riesca nell'intento, considerato che già la precedente legge aveva un impianto valido, ma che nell'applicazione pratica si è trovato il modo di aggirare.

Gli architetti però affermano di essere schierati da sempre contro il consumo di suolo, condividendone appieno il principio, ma temono che così come è stato formulato nella bozza possa precludere il reale sviluppo del territorio, non traducendosi in un processo concreto di valorizzazione delle risorse. «Novità assoluta - spiega l'Ordine - è infatti la distinzione tra territorio rurale, praticamente intoccabile, e territorio urbano in cui le trasformazioni devono essere comunque estremamente controllate e giustificate, con grande preoccupazione per lo sviluppo degli investimenti sia pubblici che privati. Crediamo che la seria conservazione non faccia rima con l'assenza di interventi, ma con una cultura del progetto diffusa, con la promozione e lo sviluppo della qualità dell'architettura. Il rischio, altrimenti, è quello di trasformare tutta la Toscana in un territorio-museo, come è già avvenuto per Firenze. Ma estremizzando l'esempio - aggiungono - anche un museo oggi necessita di continue azioni che lo facciano esistere, vivere e rinnovare».

Su questo non vi è dubbio, ma è necessario intendersi sul concetto di sviluppo, che non può prescindere dall'aggettivazione "sostenibile", inteso come blocco del consumo di suolo, riduzione di uso di materia ed energia e di tutte le risorse primarie (questo significa valorizzarle), per avviare una trasformazione che possiamo sintetizzare nel concetto di riqualificazione, per attuare la quale, dal punto di vista pratico, c'è estremo bisogno anche degli architetti.

«Quello che è necessario in questo momento storico - prosegue l'Ordine - è una formulazione chiara delle norme al di là delle scelte politiche, che consentano al nostro ruolo professionale di operare le trasformazioni del territorio nella certezza dell'ammissibilità, di procedure semplici e di tempi certi, elementi che hanno un peso discriminante per avviare e sviluppare un'attività edilizia, con il valore della qualità del progetto come faro da seguire». 

Per gli architetti, inoltre, tarda a essere recepita la proposta di unificazione dei parametri urbanistici e dei regolamenti edilizi regionali, avanzata alla Regione ben tre anni fa dagli Ordini e dai Collegi della Toscana, da Inu e Anci. «Il nuovo testo annuncia solo una riduzione dei tempi, da 180 a 90 giorni, entro i quali la Regione dovrà emanare il regolamento unico dopo l'approvazione della nuova bozza della Legge 1/2005. Temiamo di essere ancora lontani dall'auspicato utilizzo di un unico metodo dei parametri edilizi su tutto il territorio regionale».

Gli architetti fiorentini, ovviamente, si  sono poi soffermati su Firenze, rilevando che la bozza di revisione della legge non definisce i limiti tra città e campagna, soprattutto nelle situazioni di dispersione tipiche dell'area metropolitana fiorentina. «La bozza non fa mai cenno a quest'area particolarmente complessa, che raccoglie un altissimo numero di abitanti e di importanti funzioni. Non spiega in che ambito saranno definitivi i suoi limiti e i suoi vincoli. Ci si augurava infine che fossero approfondite e migliorate le norme sulla partecipazione, per renderla davvero effettiva, efficace e responsabile, e sui delicati meccanismi della perequazione e della gestione dei crediti edilizi, elementi fondamentali per operare le trasformazioni tese alla realizzazione delle dotazioni pubbliche».

Gli architetti, infine, rilevano come il nuovo assetto dei rapporti tra comuni e Regione, così come si prefigura nella bozza, potrebbe creare grandi incertezze sul piano procedurale, in relazione al coordinamento tra i diversi livelli territoriali e le interferenze con il Piano Paesaggistico. «A chi andranno chieste le autorizzazioni per gli interventi? Ai Comuni o alla Regione?», si chiedono preoccupati «dalla reale capacità di coniugare conservazione dei valori e sviluppo, con un sistema di controlli che si allontana dal territorio dai comuni alla Regione)». Sinceramente non siamo affatto convinti che questo sia proprio un aspetto negativo della bozza di legge, considerato che i maggiori disastri ambientali siano stati prodotti da norme locali (regolamenti urbanistici e varianti) che hanno permesso talvolta di svilire anche i buoni impianti dei Piani strutturali. 

Torna all'archivio