[29/03/2013] News

Big Five dell'elettricitą cinese, le centrali sono a rischio stress idrico

Secondo il rapporto China's power utilities in hot water di Bloomberg New Energy Finance (Bnef)  le "Big Five" energetiche cinesi - Huaneng, Datang, Huadian, Guodian e China Power Investment - hanno molti impianti in aree a rischio stress idrico ed avrebbero bisogno di investimenti per 20 miliardi di dollari per migliorare la loro resilienza

Le "Big Five"  hanno impianti termoelettrici per 500 gigawatt, in gran parte a carbone, tra i quali la seconda più grande centrale elettrica del mondo. Ognuna delle Big Five è particolarmente esposta ad interruzioni di approvvigionamento idrico a causa della concentrazione delle loro centrali in regioni che vanno da una moderata ad un grave carenza idrica, in particolare nell'arido e popoloso nord-est industriale.

Il rapporto sostiene che «Ridurre in modo significativo l'esposizione ed i prelievi idrici complessivi del settore energetico, richiederà un grosso sforzo di politica e industriale, per un costo di miliardi di dollari e comportano il taglio di gigawatt negli impianti di produzione energetica "water-inefficient". Se ciò dovesse accadere - ed è un grande se - aumentare o ridurre le emissioni di gas serra in Cina  potrebbe dipendere dalla scelta di tecnologie "replacement capacity", tra la combustione del carbone closed cooling, la combustione del carbone open cooling, il gas e l'energia rinnovabile».

Il problema deriva da decenni di concentrazione dell'industria nella Cina orientale e settentrionale e dal fatto che la domanda di energia elettrica cinese è inversamente correlata alla distribuzione delle sue risorse di acqua dolce. Il nord della Cina ospita il 60% delle produzione di energia termica del Paese, ma ha solo il 20% dell'acqua dolce. Le miniere di carbone e le centrali a carbone consumano enormi quantità d'acqua e il rapporto di Bloomberg New Energy Finance dimostra che nel 2010 queste due industri insieme hanno risucchiato98 miliardi di m3 di acqua dolce, il 15% di tutti i prelievi d'acqua dolce della Cina.

Se le Big Five proseguiranno i loro progetti di sviluppo, le centrali elettriche in Cina entro il 2030 consumeranno più del 25% del limite fissato dal governo centrale di Pechino che prevede prelievi d'acqua per 700 miliardi di m3 all'anno. In alcune regioni della Cina già oggi l'estrazione di acqua dalle falde è molto più veloce dei tempi di ricarica e gli aumenti dei prelievi da parte delle centrali elettriche potrebbe diventare presto ecologicamente insostenibile.

Il rapporto sottolinea che «La Big Five hanno opzioni di investimento per ridurre il loro rischio di acqua, ma ogni opzione implica anche maggiori compromessi in termini di efficienza, posizione geografica e costi».

Per aumentare l'efficienza le Big Five potrebbe utilizzare il ciclo chiuso o sistemi di raffreddamento ad aria, con prelievi idrici notevolmente inferiore rispetto ai vecchi sistemi di raffreddamento. Ma questo tipo di sistemi di raffreddamento diminuiscono l'efficienza termica degli impianti e quindi aumentano l'emissione di gas serra per megawatt-ora di elettricità. Anche l'incremento dell'energia eolica e solare riduce il consumo di acqua, ma l'investimento richiesto è molto alto e c'è da risolvere il problema dell'intermittenza delle risorse per aree densamente popolate e industrializzate. Uno degli autori del rapporto, Alasdair Wilson dice che «Gli impianti termici dovranno utilizzare le tecnologie più efficienti, ma così facendo saliranno le spese di capitale e di funzionamento. Ci aspettiamo anche che la carenza idrica continui a favorire l'installazione di energia eolica e solare in Cina».

Le nuove centrali costruite nel sud della Cina, in province ricche d'acqua come Guangxi, Fujian e Jiangxi sarebbe meno soggette a sospensioni delle attività degli impianti dell'arido nord, ma queste province non hanno la densità industriale del nord, quindi le Big Five dovrebbero trasportare l'energia per migliaia di km  oppure bisognerebbe delocalizzare molte grandi industrie.

Maxime Serrano Bardisa, water analist di  Bloomberg New Energy, evidenzia che «Oggi, l'85% della produzione energetica della  Cina si trova regioni povere di acqua e il 15% di queste si basano su tecnologie once-through cooling ad alta intensità di acqua. Ma l'era di abbondanza di acqua in Cina è finita e la competizione per l'accesso alle risorse tra imprese, agricoltura e centri urbani sta cominciando a farsi sentire».

Se il governo cinese decidesse davvero di costringere le grandi imprese (e quindi sé stesso) a mettere a norma gli obsoleti impianti di raffreddamento, la misura riguarderebbe una produzione di qualcosa come più di 100 GW, per un costo di 20 miliardi di dollari e questo non comprende i costi derivanti dalla perdita di efficienza di circa 10 GW che dovrebbero essere recuperati in qualche modo.

Michael Liebreich, chief executive di Bloomberg New Energy Finance conclude: «La questione della resilienza delle infrastrutture sta rapidamente risalendo l'agenda delle priorità, spinta dalle numerose gravi siccità e inondazioni negli ultimi anni, tra le quali l'uragano Sandy. Il rapporto mette in evidenza il rischio che lo stress idrico comporta per le Big Five utilities della Cina, ma il messaggio vale per molte altre utilities e corporations di tutto il mondo». 

Torna all'archivio