[02/04/2013] News

Il mistero del global warming: ecco perché l'Artide diventa verde e in Antartide aumenta il ghiaccio marino

Due studi che sembrano dire cose diverse, ma che confermano che il global warming è al lavoro

Nature Climate Change pubblica lo studio Shifts in Arctic vegetation and associated feedbacks under climate change, nel quale un team di ricercatori statunitensi e britannici dicono che entro il 2050 nell'Artico l'area coperta da alberi e arbusti potrebbe aumentare fino al 52%, a causa di un aumento delle temperature che non ci si aspettava fino al 2100.

Un altro studio, Important role for ocean warming and increased ice-shelf melt in Antarctic sea-ice expansion, pubblicato su Nature Geoscience dai ricercatori olandesi del Royal netherlands meteorological institute (Knmi), sembra giungere a conclusioni opposte dall'altra parte del mondo: nell'Antartide il ghiaccio marino si starebbe espandendo.

Lo studio anglo-americano esamina i legami statistici tra tipi di clima e la vegetazione per valutare come il paesaggio dell'Artico potrebbe cambiare con il global warming e dice che l'impatto dei cambiamenti climatici sulla vegetazione della regione artica non si limiterà alle latitudini più basse: «Attraverso il cambiamento dei modelli di circolazione atmosferica - dicono i ricercatori - I cambiamenti potrebbero anche influenzare la quantità ed il tipo di fauna selvatica nell'area e le condizioni di vita degli Inuit, che si basano sulla fauna selvatica per il cibo».

In Antartide i ricercatori olandesi hanno cercato di capire una cosa ancora più misteriosa: come mai, se le temperature aumentano, da 20 anni il trend di espansione dei ghiacci marini non è in calo come nell'Artico?

I due studi mettono in evidenzia come il global warming dell'Antropocene abbia ripercussioni sull'intero pianeta, ma si comporti in modi diversi, a cominciare dall'Artide e dall'Antartide, due regioni che svolgono un ruolo fondamentale nel clima terrestre e che sono "pozzi di assorbimento" del calore prodotto nei Tropici e della CO2 atmosferica.

Nell'estremo nord il riscaldamento superficiale si sta verificando ad un tasso quasi doppio della media globale ed alcuni studi indicano che le temperature invernali sono cresciute almeno quattro volte più velocemente rispetto alle temperature estive. Grazie a questo riscaldamento alberi e arbusti legnosi "verticali" hanno colonizzato aree un tempo dominate da tundra, una tendenza che studi precedenti (dei quali abbiamo dato conto anche su grentreport.it) dicono che contribuirà ad accelerare il global warming. Ma la nuova copertura  verde potrebbe mitigare gli effetti del riscaldamento su suoli liberi dalla copertura nevosa mantenendoli freschi e rallentando il rilascio di CO2 dal suolo. Ma una copertura arborea catturerebbe ed irradierebbe anche più calore, riscaldando l'aria all'inizio della primavera e rallentando il ritorno del freddo in autunno. Inoltre, durante la stagione di crescita, gli alberi emettono vapore acqueo, un potente gas serra ed anche questo tenderebbe a rafforzare il riscaldamento nella regione.

Il team guidato da Richard Pearson del Museo di storia naturale di New York, ha adottato un approccio diverso, utilizzando strumenti statistici per determinare le condizioni climatiche sopportabili da 10 diversi tipi di vegetazione, poi hanno utilizzato i modelli climatici per capire come queste specie potessero espandere i loro areali nell'Artico entro il  2050. Ne è venuto fuori che alcuni, come alberi e arbusti migreranno verso nord, mentre scompariranno specie vegetali costiere che non troveranno più un posto per andare più a nord. Il team di Pearson ha scoperto che se il anche il cambiamento climatico provocasse questo fenomeno a macchia di leopardo, le modifiche interesserebbero comunque il 48 - 69% delle regioni artiche sopra i 60 gradi di latitudine nord in Russia, Alaska e Canada. Se il cambiamento sarà omogeneo, senza restrizioni geografiche od altri ostacoli, sarà occupata dalla vegetazione tra il 57 e l' 84% delle regioni interessate dallo  studio, incontri cambiamenti nei tipi di piante. Questo avrà non solo effetti sul regionale ma anche un profondo effetto sulla fauna selvatica. Pearson spiega: «Per esempio, alcune specie di uccelli migrano stagionalmente dalle latitudini più basse e si basano sulla ricerca di particolari habitat polari, come uno spazio aperto, per nidificano al suolo».

Nel frattempo, nel più meridionale continente del mondo, gli scienziati stanno cercato di spiegare perché, mentre ghiaccio marino dell'Artico si è ridotto notevolmente nel corso degli ultimi 30 anni, il ghiaccio marino dei mari intorno al Polo sud nello stesso periodo è aumentato. Alcuni eco-scettici hanno divulgato questi dati come la prova che il pianeta nel suo complesso in realtà non si stia riscaldando. Ma i ricercatori olandesi i hanno scoperto un vero e proprio paradosso: proprio il riscaldamento dell'oceano potrebbe essere una delle principali cause dell'espansione del ghiaccio marino in Antartide.

«Il paradosso è che il global warming porta a una maggiore raffreddamento e a più  ghiaccio marino in giro per l'Antartide», dice su Nature Geoscience Richard Bintanja del Knm. Il team olandese ha dimostrato che una maggiore fusione della calotta glaciale antartica, che sta perdendo massa ad un ritmo di 250 miliardi di tonnellate all'anno,  è «Probabilmente il fattore principale dietro la piccola, ma statisticamente significativa, espansione del ghiaccio marino» nell'Antartide.

Da diversi anni gli scienziati avevano capito che lo scioglimento di strati di ghiaccio può formare un nuovo strato freddo sulla superficie dell'oceano, cosa che protegge il ghiaccio marino dalle acque più calde sottostanti. Ma fino ad ora non c'era la sicurezza che questo favorisse l'estensione del ghiaccio marino.

Gli olandesi hanno utilizzato dati provenienti da satelliti e boe e sulle temperature e salinità dell'oceano per il periodo 1985-2010 ed hanno poi confrontato i cambiamenti osservati con un modello climatico globale che simula la perdita di 250 miliardi di tonnellate all'anno di acqua dal disgelo della calotta antartica. Il modello conferma che il disgelo forma uno strato di acqua dolce che facilita l'espansione del ghiaccio marino.

Ma ci sono anche altre spiegazioni per l'aumento del ghiaccio marino antartico: «Il meccanismo potrebbe essere del tutto vero, ma questo studio non dimostra che una maggiore fusione maggiore abbia dato un contributo significativo all'aumento della copertura di ghiaccio marino», dice su Nature Paul Holland, un ocean modeller del  British antarctic survey co-autore di uno studio che l'anno scorso ha partecipato ad uno studio secondo il quale la causa principale dell'aumento del giaccio marino è da ricercare nei modelli dei venti regionali, come nel   mare di Weddell. Ma in altri settori, come il King Håkon Sea, il fenomeno è da addebitarsi agli effetti combinati de vento e della temperatura.

Secondo Bintanja «Gli effetti del vento sono importanti a livello locale, ma l'acqua di fusione influenza l'espansione regionale del ghiaccio marino». Lo scioglimento dei ghiacciai non è uniforme in tutta l'immensa costa antartica ma è concentrata in certi luoghi, quindi resta Ancora da vedere quanto e come (magari insieme) vento e disgelo possano influire sul ghiaccio marino del Polo sud.

Ironia della sorte, l'espansione del ghiaccio marino potrebbe accelerare la fusione della calotta continentale. Infatti, oltre a riflettere la luce solare verso lo spazio, il ghiaccio marino impedisce anche l'evaporazione dell'acqua di mare, così il ghiaccio mantiene la temperatura dell'aria più fredda di quanto non potrebbe essere altrimenti, riducendo la quantità di umidità nell'atmosfera. Quindi calano le precipitazioni nevose sull'Antartide che dovrebbero aiutare a rimpinguare il ghiaccio che ricopre il continente.

Il mondo dell'Antropocene e del global warming è veramente complicato, ma forse stiamo cominciando a capire i colossali e delicati meccanismi che stiamo inceppando. 

Torna all'archivio