[17/05/2013] News

Catastrofi naturali, dal 2000 a oggi ci sono costate pił di 2.500 miliardi di dollari

Ban Ki-moon: «I mercati hanno cercato i profitti a breve termine a detrimento della resilienza e della sostenibilitą»

«Dall'inizio del XXI secolo, l'economia  mondiale ha subito perdite per 2.500 miliardi di dollari a causa delle catastrofi naturali», a dirlo  è un nuovo rapporto dell'Onu, Unisdr 2013 Global Assessment Report on Disaster Risk Reduction (Gar13), presentato a New York.

Secondo il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, «Se i governi hanno la responsabilità di ridurre i rischi di catastrofi, quest'ultime sono anche legate alle scelte ed alle strategie di investimento del settore privato al quale spetta di decidere quanto e dove investire, visto che  tra il 70 e l'85% degli investimenti mondiali nella costruzione di nuovi edifici, nell'industria e nello sviluppo delle infrastrutture nel mondo sono assicurati dalle società private».

Il rapporto annuale dell'United Nation office for disaster risk reduction (Unisdr) sottolinea che nel solo 2012 il mondo ha conosciuto più di 310 catastrofi naturali, come terremoti, uragani, inondazioni e siccità  e «Queste catastrofi hanno causato la morte di 9.300 persone e fatto 106 milioni di sinistrati»

Il rapporto, che si basa sulle valutazioni delle perdite in catastrofi avvenute in 56 Paesi è davvero preoccupante e Ban ha sottolineato: «Non possiamo ignorare l'importanza di queste cifre. Le perdite economiche dovute alle catastrofi sono incontrollabili, possono essere ridotte solo grazie a partnership con il settore privato, tra cui le banche di investimenti e le compagnie di assicurazione. Da troppo tempo, i mercati hanno cercato i profitti a breve termine a detrimento della resilienza e della sostenibilità. Alla fine devono comprendere che la riduzione dell'esposizione ai rischi di catastrofe non è un costo supplementare ma, al contrario, un'opportunità di accrescere la redditività degli investimenti a lungo termine».

Il rapporto Unisdr dimostra che «La  trasformazione rapida dell'economia mondiale nel corso degli ultimi  40 anni ha condotto ad un numero crescente di catastrofi, tanto nei Paesi ricchi che nei Paesi poveri. La ricerca di costi ridotti ed un aumento della produttività costringono in effetti le imprese a scegliere dei siti pericolosi, senza prestare attenzione alle conseguenze sulla catena di distribuzione».

Il Gar 2013 analizza tre  tre settori chiave degli investimenti globali: sviluppo urbano, agro-alimentare  turismo costiero e ne viene fuori che «I modelli di business prevalenti in ogni settore continuano a portare al  rischio di catastrofi».  Il 75% delle 300 piccole e medie imprese situate in 6 aree a rischio  nel continente Americano prese in esame dal rapporto, hanno subito interruzioni di attività a causa dei danni causati dalle catastrofi e «Solo una minoranza tra loro  dispone di un approccio di base per la gestione di crisi».

La rappresentante speciale dell'Onu per l'Unisdr, Margareta Wahlström, ha evidenziato che «In un mondo in espansione demografica, che conosce inoltre un'urbanizzazione sfrenata e dei cambiamenti climatici, un approccio cosi alla riduzione dei rischi di catastrofe non può che provocare nuove perdite. In seguito alla crisi finanziaria mondiale, i rischi di catastrofe rappresentano una nuova categoria di  titoli tossici che pesano in rischi per migliaia di miliardi di dollari. Le perdite economiche colossali della catastrofe nucleare e dello  di tsunami in Giappone, le inondazioni in Thaïlandia e le distruzione dell'uragano Sandy negli Usa, di mostrano l'importanza di questi impegni»

Joseph Rizzo, a capo del PwC, una delle partnership mondiali dell'Onu è fiducioso: «Abbiamo collaborato con  14 grandi multinazionali per identificare delle metodologie di riferimento in materia di riduzione dei rischi. Questo lavoro rivela che i quadri superiori sono sempre più coscienti della vulnerabilità delle loro imprese di fronte alle catastrofi e cominciano a privilegiare il rafforzamento della gestione dei rischi. Nel settore privato, la redditività del rafforzamento della gestione dei rischi di catastrofe è chiara: questa permette di circoscrivere le incertezze, di assicurare la fiducia, di comprimere i costi e di creare valore».  

Anche il rapporto sottolinea evoluzioni incoraggianti: partnership pubblico-privato hanno dato buone prove  durante diverse catastrofi, in particolare nei terremoti del 2010 e 2011 a Christchurch in Nuova Zelanda. La Wahlström ha concluso: «Per creare un mondo più sicuro, il sensibile cambiamento di atteggiamento nel settore privato deve subito trasformarsi in un approccio più sistematico della gestione dei rischi di catastrofe, in partnership con il settore pubblico. Mentre ci avviciniamo al 2015, si stanno intensificando gli sforzi internazionali a formulare un nuovo quadro per la riduzione del rischio di catastrofi per sostituire l'attuale accordo di Hyogo. Garantire che il "business case" per la riduzione del rischio di catastrofi sia esplicitamente incluso in tale quadro fornirà un incentivo fondamentale per l'impegno costruttivo da parte delle imprese per la resilienza futura, dalla quale dipendono  la competitività e la sostenibilità. Si tratta di una tematica cruciale che non mancherà di richiedere tutta l'attenzione dei partecipanti alla Global Platform for Disaster Risk Reduction prevista la settimana prossima a Ginevra».

 

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