[18/03/2011] News

Antropologia di Fukushima

CHICAGO (Usa). Come antropologo, sono sempre interessato a ciò che gli esseri umani imparano dai loro errori. Gli esseri umani possono cambiare il loro comportamento, migliorando così le loro possibilità di sopravvivenza, non solo attraverso la selezione naturale, ma anche attraverso l'apprendimento culturale? O siamo "hardwired" a ripetere i nostri errori più e più volte, come lemming umanoidi?

Più precisamente, quali lezioni impareremo dall'incidente nucleare di Fukushima, un incidente che sembrava impossibile solo un paio di settimane fa?

Alcune persone, molte delle quali presumibilmente già mal disposte verso l'energia nucleare, hanno concluso che la lezione di Fukushima è che l'energia nucleare è pericolosa. Così, Eugene Robinson ha scritto sul Washington Post: «Siamo in grado di progettare impianti di energia nucleare in modo che la possibilità di un disastro Chernobyl-style sia potenzialmente quasi nulla. Ma non possiamo eliminarla completamente, né possiamo immaginare ogni altro tipo di potenziale disastro. E dove sono reattori a fissione di cui si parla? Il caso peggiore è così terribile da risultare impensabile». La sua collega Anne Applebaum ha scritto sulla stessa pagina: «Se i competenti e tecnologicamente geniali giapponesi non possono costruire un reattore completamente sicuro, chi può farlo?... Io ... spero che questo "near-miss" spinga le persone di tutto il mondo a pensarci due volte sul vero "prezzo" dell'energia nucleare e che questo stoppi il rinascimento del nucleare già morto lungo il suo cammino». (Il rinascimento nucleare comprende i piani per costruire ben 350 nuovi reattori nucleari in tutto il mondo, in parte come un modo per inibire il cambiamento climatico).

Ma altri hanno concluso che la lezione di Fukushima non è che la tecnologia nucleare è intrinsecamente pericolosa, ma che questo è stato un evento unico del contesto giapponese o che l'industria ha bisogno solo di un po' più di controllo. Così, il senatore repubblicano Mitch McConnell del Kentucky, in un commento che confesso di trovare bizzarro, ha detto: «Il mio pensiero su questo è che non dobbiamo fare una politica interna americana basata su un evento accaduto in Giappone». (Perché no? Gli Stati Uniti hanno due dozzine di reattori GE dello stesso design di quelli pericolosamente danneggiati a Fukushima, hanno costruito reattori in zone sismiche e i terremoti giapponesi non si comportano diversamente dai terremoti americani). Un giornale indiano ha citato Srikumar Banerjee, il capo dell' capo dell' Atomic energy commission dell'India, che ha sottovalutato il disastro di Fukushima come «Una reazione puramente chimica e non un'emergenza nucleare», e che ha detto che le centrali nucleari indiane sono più in alto, dove gli tsunami non possono far loro del male.

La terra di mezzo è stata occupata dal democratico Rep. Ed Markey del Massachusetts, che è stato parafrasato sul New York Times perché ha detto che «Le autorità di regolamentazione dovrebbero prendere in considerazione una moratoria sulla localizzazione di impianti nucleari in aree sismicamente attive, sono necessarie vasche di contenimento più solide in regioni soggette a terremoti e bisogna rivedere i 31 impianti  negli Stati Uniti che utilizzano una tecnologia simile a quella dei reattori giapponesi lesionati».

Fino ad ora abbiamo avuto quattro incidenti gravi in reattori nucleari: Windscale in Gran Bretagna nel 1957 (che nessuno menziona mai), Three Mile Island negli Stati Uniti nel 1979, Chernobyl in Unione Sovietica nel 1986 e ora Fukushima. Ogni incidente è stato unico, e ognuno avrebbe dovuto essere impossibile. Gli ingegneri nucleari hanno imparato da ogni incidente  come migliorare la progettazione dei reattori in modo da diminuire la probabilità che si ripeta quel particolare incidente,  ma, come ci ha ricordato il famoso Donald Rumsfeld,  ci sono sempre "unknown unknowns" e così ogni incidente viene sostituito da un altro, rilassarsi su questa strada non è previsto. I progettisti dei reattori di Fukushima non avevano previsto che uno tsunami generato da un terremoto avrebbe disattivato i backup systems che avrebbero dovuto stabilizzare il reattore dopo il terremoto.

E presumibilmente ci siano altri complicati scenari tecnologico che non abbiamo previsto, guasti da  terremoti che non individuati o sottovalutati, terroristi e piani terroristici per seminare il caos ancora sconosciuti. Per non parlare dei regolamenta tori che pongono troppa fiducia in quelli che regolamentano.

Così è difficile opporsi alla conclusione raggiunta dal sociologo Charles Perrow nel suo libro "Normal Accidents: Living with High-Risk Technologies: «I reattori nucleari sono così intrinsecamente complessi, sistemi così strettamente collegati che, in rare situazioni di emergenza, interazioni a cascata si svilupperanno molto rapidamente, in modo tale che gli operatori umani non saranno in grado di prevederle e di gestirle». Per questo antropologo, poi, la lezione di Fukushima non è che ora sappiamo che cosa abbiamo bisogno di conoscere per progettare il reattore perfettamente sicuro, ma che il reattore perfettamente sicuro è sempre dietro l'angolo. E' arroganza tecno-scientifica pensarla diversamente.

Questo ci lascia con la scelta tra il tornare indietro da una tecnologia che decidiamo che è troppo pericolosa o normalizzare i rischi dell'energia nucleare e ad accettare che un'occasionale Fukushima sia il prezzo che dobbiamo pagare per un mondo con meno anidride carbonica. E' un pio desiderio credere che ci sia una terza scelta dell'energia nucleare senza incidenti nucleari. 

E' improbabile che tutti i Paesi faranno la stessa scelta. Ci stiamo probabilmente muovendo verso un mondo post-Fukushima, in cui alcuni Paesi abiureranno l'energia nucleare, mentre altri la espanderanno. I Paesi con altre opzioni energetiche, con forti strutture democratiche e potenti movimenti ambientalisti probabilmente la de-enfatizzeranno l'energia nucleare e magari alla fine ci rinunceranno. La Svizzera ha già sospeso i piani per costruire nuovi reattori e la tedesca Angela Merkel, in risposta a proteste antinucleari di grandi dimensioni, ha annunciato l'intenzione di chiudere sette reattori, in attesa di un'ulteriore valutazione della loro sicurezza, e di riconsiderare la sua intenzione di estendere la vita dei più vecchi reattori della Germania.
Nel frattempo, i Paesi con deboli movimenti ambientalisti e deboli norme di regolamentazione sembrano procedere come se nulla fosse accaduto. Mentre il disastro nucleare di Fukushima si dispiegava, la Turchia annunciava l'intenzione di andare avanti con due reattori, e possiamo sicuramente aspettarci che Cina, Russia e India faranno lo stesso.

E che dire degli Stati Uniti? Faranno come la Germania e la Svizzera, o come la Turchia e la Cina? Un buon modo per riflettere su questa domanda è quello di esaminare come gli Stati Uniti hanno risposto alla loro ultimo meltdown: il crollo del loro sistema bancario nel 2008. Per evitare il ripetersi in futuro di questo disastro, il governo americano avrebbe dovuto  "broken up" le banche che erano "troppo grandi per fallire", ripristinare il  Glass Steagall Act che proibiva la commistione tra banche di investimento e di deposito, e muoversi aggressivamente per regolamentare i credit default swap e i financial derivatives. Non ha fatto nessuna di queste cose perché le banche non lo vogliono, e le banche ora proseguono lo show.

Il governo Usa, comprese le sue regulatory agencies, è stato in larga parte catturato  dal settore delle corporations che, attraverso la campagna di donazioni, è in grado di garantire la complicità dei politici e dei regolamentatorii. (In questo contesto non è del tutto irrilevante il fatto che i dipendenti dell'iooperatore nucleare Exelon Corporation sono stati tra i più grandi donatori della campagna di Barack Obama e che Obama ha nominato l'amministratore delegato di Exelon nella sua Blue Ribbon Commission on America's Nuclear Energy Future).

Abbiamo avuto esempi, non così tanto lontani , di passati governi americani che hanno imparato importanti lezioni da grandi errori. Dopo il Great Crash, il governo ha riformato il sistema bancario. Dopo il quasi disastro della crisi dei missili a Cuba, i presidenti Usa e sovietici avviarono la firma di accordi sul controllo degli armamenti. Dopo la scoperta della contaminazione ambientale di Love Canal, il Congresso ha approvato la legislazione Superfund.

Ma ora abbiamo un governo prigioniero di interessi particolari, paralizzato dalla partisanship e confuso dalla campagna mistificatoria di gruppi politici e di falsi esperti scientifici per la vendita al miglior offerente. La nostra democrazia e le nostre agenzie di regolamentazione sono il guscio di ciò che erano una volta. Non è chiaro se un tale sistema sia in grado di imparare le lezioni o addirittura di fare qualcosa di molto di più che fare discorsi e di scambiarsi le responsabilità dei fallimenti, come una pallina da ping-pong, tra i nostri due ciarlieri partiti politici. Mentre siamo distratti dal teatro del Congresso e della Casa Bianca, il nostro destino è nelle mani di altri.

*è professore di antropologia e sociologia alla George Mason University. Prima aveva insegnato al Program on Science, Technology, and Society del Mit. E' un esperto di cultura nucleare, sicurezza internazionale e antropologia della scienza. Ha condotto una notevole quantità di ricerche sul campo negli Usa e in Russia, dove ha studiato la cultura degli scienziati delle armi nucleari e degli attivisti antinucleari.  Il suo lavoro è riassunto in due libri: "Nuclear Rites: A Weapons Laboratory at the End of the Cold War" (University of California Press, 1996) e "People of the Bomb: Portraits of America's Nuclear Complex" (University of Minnesota Press, 2004). Ha anche contribuito a scrivere "Why America's Top Pundits Are Wrong" (University of California Press, 2005) e sta preparando il seguito di "The Insecure American"

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