[06/04/2011] News

Consumo di suolo, l’Italia continua a erodere la sua ricchezza territoriale

Presentato il Rapporto 2011

LIVORNO. Pessime notizie dal Rapporto 2011 sul Consumo di Suolo. Secondo il dossier pubblicato dall'Inu Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Sardegna ogni anno assistono complessivamente alla cementificazione di circa 10mila ettari di territorio, una superficie grande due volte la città di Brescia. Di questo suolo cancellato, ben 5mila ettari sono ambienti naturali, coperte da vegetazione spontanea. Un dato che riguarda soprattutto la Sardegna, dove gran parte dei nuovi edifici sorge su aree coperte da vegetazione mediterranea, e in misura minore le province pedemontane dell'ovest Lombardia, che subiscono la perdita di preziose foreste collinari e di pianura.

«Il rapporto restituisce un quadro del consumo di suolo agricolo e naturale che non è rallentato ed è avvenuto a velocità differenti, in modo sempre più disperso sul territorio - dichiara Paolo Pileri del Politecnico di Milano, uno dei curatori del rapporto -. Ad essere erose sono le risorse agricole e di biodiversità che costituiscono uno dei beni comuni più importanti, oltre ad essere un fattore competitivo nel rapporto con altri Paesi europei nei quali sono in atto da tempo politiche ambientali ed urbanistiche incisive contro il consumo di suolo e i suoi costi sociali. Per questa ragione, contabilità come questa risultano indispensabili per comprendere quanto sia opportuno ed urgente frenare la perdita di suoli liberi».

Uno degli effetti più rilevanti del consumo di suolo - si legge in una nota - è la perdita di superfici agricole, che si riducono ogni anno di 9.400 ettari tra Emilia Romagna, Lombardia e Friuli Venezia Giulia.

«Il territorio italiano si sta rapidamente metropolizzando - rileva il presidente INU, Federico Oliva -. Alla città tradizionale si sta sostituendo una nuova città nella quale accanto alla periferia si sono sviluppate aree a bassa densità sollecitate da motivazioni economiche (il minor costo delle aree) e dalla ricerca di una miglior qualità della vita. Questa nuova città, in cui vive oltre il 60% dell'intera popolazione italiana, presenta una generale condizione di insostenibilità: per l'elevato consumo di suolo, per l'aumento del traffico motorizzato individuale che sollecita, per i nuovi squilibri e le nuove forme di congestione che determina, per la mancanza di spazio pubblico. Contenere la metropolizzazione del territorio e il crescente consumo di suolo deve dunque essere una priorità per le politiche territoriali del nostro Paese».

Ad incidere sulle dinamiche di consumo di suolo c'è anche il fenomeno turistico: è il caso della provincia di Rimini, che con il 21% di aree urbanizzate ha un indice di copertura più che doppio rispetto alla media della regione Emilia Romagna, ma spicca anche la provincia sarda di Olbia Tempio, non tanto per il dato di copertura - che è pur sempre quello di una regione a bassa densità di urbanizzazione - quanto per la velocità con cui il cemento divora fette di territorio.

Per quanto riguarda le altre regioni italiane, i contributi forniti dai circa 30 autori del Rapporto hanno permesso di introdurre nuovi elementi di conoscenza, che dovrebbero spingere a sviluppare una più sistematica attività di monitoraggio delle trasformazioni del suolo, come auspicato dai ricercatori del JRC (centro comune di ricerca della Commissione Europea) di Ispra, le cui analisi evidenziano come il problema sia comune a tutti gli Stati europei, sebbene l'Italia risulti tra i Paesi in cui più vistoso è il sacrificio di superfici agricole. Gli studiosi dell'Istat in particolare mettono in guardia circa la crescita delle superfici edificate in alcune regioni del Centro-Sud (Marche, Molise, Puglia e Basilicata), mentre l'Università di Venezia (IUAV) espone dati estremamente allarmanti dell'espansione del cemento nell'area della pianura veneta centrale, tra Venezia, Padova, Vicenza e Treviso, dove il 22% del territorio è coperto di cemento, con gravi e inevitabili ripercussioni idrogeologiche.

Non sfuggono nemmeno le verdi province alpine: è il caso dell'Alto Adige che, in termini di territorio effettivamente insediabile (quindi, in sostanza, le aree di fondovalle), ha già sacrificato oltre il 28% dei suoi terreni, mentre in una situazione leggermente migliore si colloca la Toscana che, nonostante la forte concentrazione urbana nella fascia tra Firenze, Livorno e la Versilia, presenta un indice medio di copertura del 7,4%. Complessivamente però si rileva una grave carenza di informazioni che riguarda gran parte delle regioni italiane, anche tra quelle interessate da grandi concentrazioni urbane (Lazio, Campania, Sicilia, Calabria), il che è motivo di forte preoccupazione circa l'effettiva volontà e possibilità di governare le trasformazioni in corso, per ridurre la grave malattia per un Paese come l'Italia: il consumo di suolo.

«Nella legislazione italiana, e in quella delle Regioni, mancano ancora regole efficaci sulle facoltà di trasformazione dei suoli - dichiara Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia - è questo che ci ha spinto a farci promotori di un progetto di legge popolare, che introduce oneri a carico di chi, potendo riutilizzare aree dismesse della città, decida invece di costruire in aree aperte. Qualunque sia la politica che una regione attua per il governo del territorio, riteniamo irrinunciabile che essa sia confortata da un'attività di verifica e monitoraggio, oggi estremamente lacunosa, e questa è una delle ragioni che ci ha spinto ad impegnarci nell'elaborazione del rapporto».

E le cose vanno solo leggermente meglio in Europa. Ieri l'Aiab segnalava che la cementificazione sta mangiando una quota sempre maggiore di superficie agricola anche in Europa. A lanciare l'allarme non sono i ‘soliti ambientalisti', ma l'European Environment Agency (EEA) che nel suo recente SOER2010 dedica il capitolo Land use proprio all'analisi del cambiamento della destinazione d'uso del suolo nel periodo 2000/2006. La prima tendenza che emerge dal rapporto è la crescita della superficie artificiale europea - composta prevalentemente da aree residenziali, commerciali e ricreative - a scapito dei terreni agricoli del Vecchio Continente.   Andrea Ferrante, Presidente nazionale dell'Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica (AIAB) ha così commentato i dati: «Il consumo di suolo rappresenta, anche a livello europeo, una delle minacce più preoccupanti per la biodiversità e per l'accesso alla terra. Per contrastare e fermare la crescente cementificazione delle superfici agricole europee dovrebbe intervenire in modo deciso la Politica Agricola Comune (PAC). In particolare la PAC dovrebbe dare nuovo impulso alle aree agricole delle zone cosiddette svantaggiate, o ad alto valore naturale, come le nostre montagne e le nostre aree collinari, aumentando i finanziamenti destinati a queste aree. Oltre all'intervento della PAC sarebbero necessarie anche politiche nazionali di ricomposizione fondiaria e tutela del territorio».

La combinazione di urbanizzazione, cementificazione e agricoltura intensiva non solo mangiano suolo, ma provocano anche il degrado dei terreni, minacciano i servizi ecosistemici  forniti naturalmente dalle superfici agricole e causano la perdita della fauna selvatica. Come se non bastasse sono in declino anche le aree semi-naturali, le zone umide e le zone ricche di biodiversità.

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