[11/01/2008] Rifiuti
LIVORNO.La Cina ogni anno “tratta” più di un milione di tonnellate di rifiuti tecnologici che arrivano in gran parte da America ed Europa, ma anche la produzione locale di rifiuti high tech è in forte crescita. La maggior parte viene “riciclata” in condizioni ambientali e sanitarie spesso spaventose a Guiyu, nel Quandong, dove la piccola industria e l’artigianato della spazzatura elettronica dà lavoro ad almeno 150 mila persone, che recuperano i materiali più pregiati dalle apparecchiature elettroniche.
L’e-waste è sempre più invasiva e si alimenta della sempre più veloce obsolescenza di telefonini, computer, televisori e gadget teconologici.
A farne le spese non è solo l’ambiente della Cina, visto che ormai i nostri rifiuti tecnologici finiscono in altri Paesi in rapido sviluppo come l’India e che l’Africa, in particolar modo la Nigeria, accoglie l’e-waste per avviarlo a discariche dove il “recupero” delle materie prime avviene semplicemente bruciando a cielo aperto i rifiuti.
La Cina inizia a preoccuparsi per i danni ambientali e alla salute umana ed ha deciso di mettere in piedi una rete dei centri di riciclaggio dei prodotti elettronici e Zhang Yanyou, un alto funzionario della Commissione per lo sviluppo e la riforma ha fatto sapere che il progetto si avvarrà anche di investimenti da parte di una non meglio identificata impresa privata.
La rete avrebbe la capacità di trattare 1 milione e 200 mila unità di apparecchiature “domestiche”.
Nella sola Pechino, nel 2006 gli abitanti (escluse le industrie e le attività commerciali) hanno prodotto 110 mila tonnellate di rifiuti elettronici, dei quali 2,3 milioni di tonnellate sono di telefonini cellulari.
Secondo Zhang, la capitale cinese dovrebbe produrre 150 mila tonnellate di e-waste nel 2010.