[06/08/2008] Urbanistica

1.650 comuni italiani a rischio “ghost town”

LIVORNO. L’Italia dei campanili, potrebbe diventare, in un prossimo futuro, quella delle città fantasma. La denuncia viene da un rapporto realizzato da Legambiente e Serico-Gruppo Cresme, sul disagio insediativo e che ha messo in evidenza che vi è stato un progressivo incremento del disagio (per mancanza di servizi, occupazione ecc) che nel 1996 colpiva 2.830 comuni, nel 2006 ne ha interessati 3.556 e prevede 4.395 comuni nel 2016 (in pratica uno su due) dei quali, in assenza di interventi, 1.650 sono destinati a diventare vere e proprie “ghost town”.

I comuni a rischio di estinzione sono un quinto del totale e coprono un sesto della superficie territoriale; vi risiede il 4,2% della popolazione, con 560mila residenti over 65, cioè il 20% in più della media nazionale. In assenza di interventi, presenteranno serie difficoltà a raggiungere la soglia minima di sopravvivenza nelle categorie demografiche, sociali, economiche e dei servizi.

Ma il pericolo maggiore - secondo lo studio – è l´aumento dei comuni a disagio abitativo, quelli cioè che mostrano segnali quali calo delle nascite, aumento della popolazione anziana, ecc., oltre a condizioni evidenti di impoverimento delle potenzialità produttive e indici economici che segnalano una vera e propria debolezza strutturale. Da cui la difficoltà ad attrarre nuovi cittadini, nuovi abitanti, nuove famiglie ed imprese. Con il conseguente spettro di diventare fantasmi a tutti gli effetti e di produrre una progressiva pressione sulle aree urbane già ora fortemente antropizzate, con tutti i problemi che ne conseguono. E non aiuta certo la manovra finanziaria appena approvata che taglia di circa 80.000 il numero degli insegnanti, e questi paesi saranno i primi a farne le conseguenze, con i tagli sulle scuole.

I comuni con un disagio abitativo che hanno meno di 10.000 abitanti sono il 42,1% di tutti quelli italiani (49% di quelli con meno di 10.000 abitanti), occupano il 37,4% del territorio nazionale e sono sede residenziale del 10,4% della popolazione italiana (quota che sale all’11,9% per gli over 65, una percentuale superiore del 15% alla media nazionale).

Il disagio si manifesta anche attraverso altri indicatori che vanno dal tasso migratorio, del 23% inferiore alla media nazionale (che evidenzia una limitata vitalità insediativa data da minori spostamenti e movimenti della popolazione) e il numero degli alunni che frequentano le scuole materne, passati in sette anni dal 15,3% del totale nazionale al 9,6%. Preoccupante anche la situazione economica e le attività produttive e commerciali presenti, con una capacità occupazionale pari alla metà della media nazionale.

Un vero problema per un paese fatto di piccoli comuni e centri di piccole dimensioni, che garantiscono il presidio sul territorio, il controllo, la manutenzione, nei quali risiede spesso gran parte dei beni pubblici e collettivi a partire dalle sorgenti d’acqua, i boschi, la biodiversità (gran parte fanno parte di parchi e aree protette) le culture e le tradizioni.
Lo stesso rapporto indica anche che laddove in questi territori si è puntato a mettere in atto sinergie locali costruendo sistemi-rete, decentramenti produttivi, attrattività insediative e offerta turistica diffusa si è sviluppata una maggiore diffusione del benessere. Quella che nel rapporto viene definita l’Italia delle eccellenze, dove risiedono il 22% delle denominazioni certificate (prodotti agroalimentari Dop e Igt) con 119.202 aziende.

«I dati presentati oggi nel rapporto sul disagio insediativo sono molto interessanti e danno il quadro di una situazione che rischia di aggravarsi ulteriormente alla ripresa dalla pausa estiva per gli effetti delle politiche in atto» ha commentato Ermete Realacci (Nella foto), presidente onorario di Legambiente. E’ importante -ha proseguito Realacci - che tutte le forze politiche si impegnino per approvare la legge sui piccoli comuni, un progetto forte e condiviso, sottoscritto da oltre 120 parlamentari di tutti gli schieramenti, che indica chiaramente un´idea e una politica: considerare i comuni con meno di 5.000 abitanti, non un´eredità del passato, ma tra i protagonisti del futuro del Paese, di quella scommessa sulla qualità che per l´Italia può essere un´opportunità straordinaria».

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