[21/10/2008] Consumo

La crisi alimentare

ROMA. Ce lo hanno detto, di recente, anche gli esperti della FAO. Non esiste solo una crisi finanziaria globale, che sta diventando crisi economica tout court. E neppure esiste, solo, una crisi ambientale, che si sta avvitando intorno ai cambiamenti climatici accelerati dall’uomo. Non esiste neppure, solo, una crisi energetica, dovuta al “picco del petrolio”. Esiste anche una crisi alimentare, determinata dall’aumento dei prezzi dei principali prodotti agricoli e che sta, a sua volta, spingendo decine di milioni di persone nei paesi poveri oltre il confine della malnutrizione e della fame.

Le cause della crisi alimentare, dicono alla Fao, sono intrecciate con le altre tre crisi. Con la crisi energetica: perché l’uso crescente di piante come biocombustibili e l’aumento dei prezzi del petrolio è concausa dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Con la crisi climatica, perché le variazioni meteo scompaginano le colture. Con la crisi economica, che rende sempre più poveri i poveri.

Che fare, dunque? Come affrontare e cercare di risolvere la crisi alimentare? La risposta a queste domande non è facile. A causa della sua complessità e dei rari precedenti storici. Dal 1870 a oggi, infatti, i prezzi agricoli sono aumentati, invece di diminuire, e in maniera importante a livello internazionale solo tre volte: dopo la seconda guerra mondiale, negli anni ’70 (crisi petrolifera) e oggi.

La storia ci aiuta poco. Mai infatti la crisi era determinata da così tanti e tanto variegati fattori. Resta la domanda: che fare? Nessuno, che si sappia, ha la ricetta definitiva. Joachim von Braun, direttore generale dell’International food policy research institute (Ifpri) di Washington, propone – tuttavia – almeno cinque azioni immediate per cercare almeno una prima soluzione tampone.

1. Aggredire l’emergenza e assicurare cibo sufficiente a chi è malnutrito e assistenza umanitaria a chi è troppo povero per provvedere a una corretta alimentazione.

2. Mettere in atto tutte politiche a impatto veloce in aree chiave e aumentare gli investimenti per uno sviluppo agricolo sostenibile nei paesi poveri.

3. Eliminare il bando e tutte le restrizioni alle esportazioni, portando a termine i negoziati del Doha Round dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.

4. Congelare la produzione di biocombustibili.

5. Calmierare i mercati attraverso opportune politiche di controllo delle speculazioni.

Queste soluzioni non sono, forse, in grado di risolvere la crisi. Alcuni propongono altre azioni connesse: per esempio un uso più generalizzato della moderna genetica in agricoltura. Pochi ricordano che la prima e forse più immediata azione sarebbe quella di ridurre ed eliminare i sostegni alla produzione agricola nei paesi più ricchi (Europa, Stati Uniti).

Tuttavia la proposta di socializzare la crisi alimentare – in maniera analoga a come è stata socializzata la crisi finanziaria – e di internazionalizzarla – così come si cerca di fare per la crisi ambientale – ha almeno un pregio: avviare il dibattito di merito. Che da un alto non è dilazionabile. E dall’altro rischia di essere oscurato dall’ipertrofia mediatica delle altre tre crisi.

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