[16/02/2009] Recensioni

La Recensione. Darwin di Jonathan Howard

Scriveva Jonathan Howard nella sua prefazione a “Darwin” che «proprio col centenario della morte di Darwin coincide una ventata di dubbio, anzi di scetticismo intorno alla validità e all’importanza del suo contributo alla scienza: tanto più quindi è questo il momento di tentar di presentare la sua opera scientifica in breve, e in linguaggio accessibile».
Potremmo dire che giunti al bicentenario della sua nascita e a centocinquanta anni dalla pubblicazione de L’Origine delle specie, il libro più famoso del biologo inglese e quello su cui si basa la teoria dell’evoluzione, il dubbio e lo scetticismo continuano a mantenere alta la guardia. L’attivismo dei detrattori delle teorie di Darwin e quindi dell’evoluzione, ma sarebbe forse meglio dire del Darwinismo in realtà non si è mai placato.

Per questo motivo rileggere questo libro in cui l’autore volutamente vuole tenersi «fermamente al nocciolo della faccenda, cioè al contributo di Darwin alla biologia» è assai utile per sgombrare il campo dalle tante dissertazioni che anche in occasione di questo doppio anniversario vorrebbero sminuire la portata dell’evoluzionismo come rivoluzione della conoscenza, con argomenti ora scientifici ora filosofici ma che appunto si rifanno più al darwinismo che non alla sue teorie biologiche. Ovvero che tendono ad utilizzare le teorie di Darwin a sostegno di una filosofia morale e sociale, che è stata utilizzata da una parte ad alimentare il relativismo materialista, dall’altra a dimostrare - all’opposto - che accogliere Darwin è utile a convalidare i fondamenti determinanti di una politica conservatrice come dettami della natura.

Per altro verso lo scetticismo nei confronti delle teorie darwiniane si è basato sulla convinzione che
solo rifuggendo da tali teorie può ripristinarsi un governo stabile e una società ordinata secondo le leggi divine. Posizioni che hanno portato a far riprendere fiato soprattutto oltreoceano al disegno divino del creazionismo quale origine di tutto ciò che esiste sul pianeta e che avevano portato, nel nostro paese, al tentativo (poi rientrato) di togliere Darwin e i riferimenti alla teoria dell’evoluzione nei programmi didattici. Un colpo di mano del ministro dell’istruzione, Letizia Moratti, nel passato governo Berlusconi.

Il libro di Jonathan Howard è assai utile quindi perché aiuta bene a capire la base biologica su cui si fonda la scienza dell’evoluzione e la differenza tra questa e la filosofia dell’evoluzione, verso cui altri prima di Darwin avevano provato ad inoltrarsi, compreso Lamark conosciuto (più che per altri importanti contributi alla biologia) per la sua teoria sul collo delle giraffe. Ma la profonda disparità tra Darwin e i suoi predecessori sta nell’aver dato una spiegazione al meccanismo che sta alla base del cambiamento evolutivo, che chiamò selezione naturale e di cui dette una spiegazione biologica, nonostante ancora non potesse avere strumenti per dimostrarla.

Il meccanismo della selezione naturale, spiegato da Darwin, si basa su tre generalizzazioni, inconfutabili anche da parte dei più accaniti detrattori, ovvero la variabilità delle specie, il fatto che questa variabilità sia in qualche modo ereditaria (perché trasmessa di generazione in generazione) e infine il fatto che gli organismi si moltiplicano con un ritmo che supera la capacità dell’ambiente di sostenerli, (intuizione che fu ancora prima teorizzata da Thomas Malthus) con la conseguenza inevitabile che questo destina molti di essi a morire.

Il principio della selezione naturale è quindi una conseguenza deduttiva della variazione ereditaria, della moltiplicazione e della lotta per la sopravvivenza. E quale sia il meccanismo attraverso il quale la selezione può essere alla base del cambiamento evolutivo, Darwin lo chiarisce con tre punti essenziali: il fatto che la selezione è un processo in atto, ovvero che ogni generazione è soggetta all’influenza selettiva dell’ambiente, che la selezione opera attraverso l’adattamento favorendo quindi chi meglio si adatta ai cambiamenti, e infine che agisce su una popolazione di organismi, in cui i singoli individui hanno il ruolo di riuscire o meno a riprodursi. Quindi non sono gli individui che si evolvono ma «l’evoluzione è il cambiamento nella costituzione media d’una popolazione d’individui, via via che si succedono le generazioni».

Le basi biologiche della teoria dell’evoluzione si sono arricchite nel corso di questi centocinquanta anni di conoscenze, di ricerche e di teorie che hanno preso spunto da quella, e che hanno potuto fornire risposte a quesiti per i quali Darwin non aveva strumenti per poterlo fare. La conoscenza genetica e la biologia molecolare hanno confermato le intuizioni che stanno alla base della teoria dell’evoluzione, aprendo altresì altre finestre su questioni che ancora attendono risposta. Una ulteriore prova che Darwin è e rimane un pilastro fondamentale della scienza moderna.

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