[17/02/2009] Comunicati

Cambiamenti climatici, a che punto siamo secondo l´Unep

LIVORNO. L´´Unep Year Book 2009 fa il punto sui cambiamenti climatici nell´anno che porterà a Copenhagen e probabilmente ad un nuovo protocollo per il post-Kyoto. Nel 2008, la banchisa artica ha fatto una specie di avanti e indietro dopo la fusione estiva. Secondo il National Snow and Ice Center Usa la copertura di ghiacci del mare raggiunta il 12 settembre era un po´ più di 4,52 milioni di Km2. «Anche se il 2008 conta il 10% in più di ghiaccio che il 2007, anno del minimo assoluto, l´estensione è stata di oltre il 30% al di sotto della media degli ultimi 30 anni – spiega il rapporto – Presi insieme, questi due anni sono senza precedenti».

Quello che è certo è che per il secondo anno consecutivo il mitico passaggio a nord-ovest tra le isole del Canada settentrionale è stato completamente libero dai ghiacci e che il 2008 è stato segnato per l´apertura della rotta marittima del nord lungo la costa artica siberiana. «Questi due passaggi verosimilmente non sono stati aperti simultaneamente prima dell´ultima era glaciale, cioè circa 100.000 anni fa». Se fonderanno i ghiacciai della Groenlandia il livello del mare potrebbe salire di 6 metri, ed è preoccupante che attualmente perdano 100 chilometri cubi di ghiaccio all´anno, cosa non spiegabile con i normali cicli naturali. Anche l´Antartide occidentale comincia a preoccupare con un aumento dello scioglimento dei ghiacciai che è cresciuto del 60% tra il 1996 e il 2006, con il record della Penisola Antartica, dove il tasso di scioglimento nello stesso periodo è aumentato del 140%.

Dati che sono peggiori delle previsioni degli esperti dell´Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) che nel 2007 prevedevano che il livello degli oceani salirà tra i 18 e i 59 cm nel corso dei prossimi 100 anni. Secondo l´Unep le nuove valutazioni sullo scioglimento dei ghiacciai in Groenlandia ed Antartide porterebbero ad un innalzamento del mare più forte: uno studio lo valuta tra 0,8 e 1,5 metri, mentre un altro prevede un aumento fino a due metri nel prossimo secolo, prendendo in esame solo lo scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia.

Un solo metro di aumento del livello del mare provocherebbe almeno 100 milioni di profughi ambientali nella sola Asia, in particolare in Bangladesh, Cina orientale e Vietnam; 14 milioni di sfollati in Europa, 8 milioni in Africa ed altrettanti in Sudamerica. Lom Yer Book chiede di agire con la massima urgenza per ridurre I gas serra, utilizzando ed incrementando i "pozzi" di carbonio naturali che invece sembrano perdere le loro capacità di assorbimento della CO2, facendo intravedere lo spettro di un effetto serra accresciuto.

Il rapporto cita studi del 2008 che indicano che il principale "pozzo" di CO2, l´oceano, ne assorbe 10 milioni di tonnellate in meno di prima. Intanto, secondo due recenti studio, stanno aumentando anche le emissioni "naturali" di metano a causa dello scioglimento del permafrost e dei ghiacci artici. L´Artico occidentale si riscalda tre volte e mezzo più velocemente che il resto del pianeta. Secondo uno studio relativo al nord America, il carbonio stoccato nel permafrost sarebbe il 60% in più di quel che si pensava, mentre una ricerca sul permafrost dell´Artico porta la quantità della CO2 imprigionata nel suolo gelato addirittura a due volte in più delle stime precedenti.

Gli oceanografi hanno scoperto oltre 250 "sacche" di metano lungo i bordi della piattaforma continentale a nord-ovest delle Svalbard. E l´(International Siberian Shelf Study mostra grandi concentrazioni di metano al largo del delta del fiume Léna. Si tratta di una specie di gigantesche bombe a tempo e, una volta innescata, la fusione del permafrost siberiano orientale, che conterrebbe 500 miliardi di tonnellate di CO2, farebbe scoppiare in maniera irreversibile, provocando da subito l´emissione di 250 miliardi di tonnellate di anidride carbonica fino ad oggi "congelata".

I dati sul metano atmosferico del 2007 – 2008 mostrano concentrazioni in aumento dopo 10 anni di stabilità con concentrazioni stranamente elevate in alcuni punti dei due emisferi del pianeta. Lo Unep Year Book 2009 mette in evidenza le cattive condizioni di un altro dei "pozzi" della CO2: le foreste: «Gli aumenti delle temperature colpiscono gli alberi e l´attività di fotosintesi, facendo in modo che il sequestro del carbonio termini prima, durante l´estate. Questo stress rende le foreste più vulnerabili all´inquinamento, alle malattie, agli insetti, e diminuirà il loro potenziale di stoccaggio di carbonio.

Il rapporto dell´Unep presenta anche nuovi studi sull´Amazzonia che potrebbe essere fortemente danneggiata da alti livelli di CO2 che produrrebbero un riscaldamento dell´oceano ed una conseguente diminuzione delle piogge del 40% sul polmone verde del pianeta, provocando una diminuzione della crescita della vegetazione intorno al 53%. «Una perdita vegetale di questa ampiezza – dice l´Unep – potrebbe far aumentare le temperature locali di 8 gradi e innescare numerose siccità, sottoponendo ad uno stress enorme il primo fiume per importanza e responsabile del trasporto di un quinto dell´acqua degli affluenti planetari».

Lo scioglimento dei ghiacciai riguarda anche quelli montani che potrebbero provocare mancanza d´acqua a per un miliardo di persone che dipendono dalle sorgenti del massiccio l´Hindu Kush Himalaya. Il riscaldamento planetario sta liberando anche sostanze pericolose provenienti dall´atmosfera e imprigionate nei ghiacci: il Ddt è stato trovato a livelli inattesi nei pinguini di Adelia che vivono nell´Artide; inquinanti organici provenienti dallo scioglimento dei ghiacciai delle Montagne Rocciose in America del nord sono stati reintrodotti nell´ambiente, policlorobifenili (Pvcb) sono stati trovati a valle dei ghiacciai europei.

C´è anche il capitolo dei disastri naturali, del degrado ambientale, dei conflitti e della vulnerabilità umana o sociale, sempre più strettamente legati tra loro e sempre più preoccupanti all´interno di uno scenario caratterizzato dai cambiamenti climatici. Mentre i fenomeni davvero naturali come terremoti ed eruzioni vulcaniche sono rimasti stabili nel corso dell´ultimo secolo, tempeste, inondazioni, siccità sono aumentate in maniera spettacolare tra il 1950 ed oggi: tra il 2000 e il 2007 la frequenza dei fenomeni meteorologici estremi è aumentata dell´8,4% all´anno.

Se tra il 1900 ed il 1940 ci sono stati circa 100 eventi naturali disastrosi, tra il 1990 e il 2000 se ne sono contati 3.000. Uno studio ancora in corso porta a 4.850 i disastri avvenuti tra il 2000 e il 2005, includendo non solo gli eventi meteorologici, ma anche quelli tecnologici con gravi conseguenze ambientali, come il deragliamento di treni o l´affondamento di navi.

Lo Year Book prende in esame le conseguenze del ciclone Nargis che nel 2008 ha colpito il Myanmar con venti a 215 km orari, causando la morte di 140.000 persone e privando delle loro case 2,4 milioni di birmani, effetti simili a quelli dello tsunami dell´Oceano Indiano del 2004, dovuti anche alla perdita di infrastrutture ambientali che hanno aumentato la vulnerabilità delle comunità costiere: nei primi anni del XX secolo la foreste di mangrovie copriva più di 242.000 ettari nel bacino dell´Irrawaddy, ma alla fine di questo secolo era ridotta a poco più di 48.500 ettari, soprattutto a causa del taglio degli alberi per produrre carbone e, più recentemente, per l´agricoltura e l´allevamento di gamberetti.

Torna all'archivio