[20/03/2009] Rifiuti

Contabilizzare i rifiuti speciali, anche il rapporto Ispra annaspa nelle incertezze

LIVORNO. Il capitolo dedicato ai rifiuti speciali del rapporto Ispra 2008, mette in evidenza il caos normativo che ha interessato le dichiarazioni da parte dei produttori. Il dlgs 152 ha infatti esonerato i produttori di rifiuti speciali non pericolosi dall’obbligo di presentare la dichiarazione Mud (obbligo che è stato poi reintrodotto nel 2008, relativo ai dati di produzione 2007).

L’entrata in vigore della nuova norma il giorno precedente alla scadenza della dichiarazione (il 29 aprile 2006) se ha determinato una lieve diminuzione delle dichiarazioni pervenute quell’anno (442.317 rispetto alle 426.018 del 2005), ha portato ad un notevole decremento delle dichiarazioni presentate nel 2007 (328.814 ) e ha costretto l’agenzia a ricorrere a sistemi di stima per poter contabilizzare la produzione dei rifiuti speciali.

La metodologia di stima adottata è basata sulla definizione dei fattori di produzione per unità di prodotto principale; ovvero sono stati valutati, per ciascun ciclo produttivo, i flussi di materie prime e di energia in ingresso e dei flussi di materia in uscita, con l’obiettivo di pervenire alla quantificazione dei rifiuti per unità di prodotto o di materia prima lavorata, attraverso un bilancio di massa.

Attraverso la definizione di questi fattori di produzione e dai dati relativi alla produzione primaria si è quindi stimata la quantità di rifiuti associabili a ciascun settore per la maglia territoriale prescelta. Per alcuni settori è stata poi detratta dal computo totale la quota ascrivibile alla specie “sottoprodotti” e per i rifiuti derivanti dalle operazioni di costruzione e demolizione (i cosiddetti rifiuti inerti) la produzione è stata assunta pari al quantitativo avviato a recupero e smaltimento; operazione che avrà probabilmente un’approssimazione per difetto.

Per altre categorie è stata infine scelta la metodologia di stima basata sulla produzione di rifiuto per addetto, mentre dove si è stimato che la banca dati Mud avesse garantito, nel 2006, una copertura prossima al 100% della quota di rifiuti prodotti, sono stati utilizzati questi stessi dati.

Da tutto questo lavoro emerge che la quantità di rifiuti speciali prodotta nel 2006 è pari a 134,7 milioni di tonnellate (rispetto ai 109,6 milioni di tonnellate del 2005) di cui 15,5 non pericolosi (inclusi gli inerti) e 9,2 milioni di tonnellate di pericolosi.
L’Ispra indica quindi che vi sarebbe stato un incremento percentuale nelle quantità prodotte, anche se sottolinea, che data la differente metodologia di contabilizzazione nei due anni, i dati non sono nei fatti paragonabili.

Sulla produzione 2006, analizzando i dati per settori, si evidenzia che il maggior contributo è ascrivibile all’attività di costruzione e demolizione, con 52,4 milioni di tonnellate (il 38,9%), seguito dalle attività manifatturiere (in particolare alimentare e della lavorazione dei metalli) cui spetta il 37,2% del totale. Al terzo posto tra i maggiori settori di produzione di rifiuti speciali non pericolosi troviamo le attività di trattamento dei rifiuti e depurazione acque, con 16 milioni di tonnellate, pari al 12,7% del totale.

I settori che producono le maggiori quantità di rifiuti pericolosi sono ancora i manifatturieri con 6,5 milioni di tonnellate pari al 70,6% del totale prodotto, in cui il maggior produttore risulta l’industria chimica con quasi la metà della quota del settore (3,1 milioni di tonnellate).

Ma se Atene piange, Sparta non ride, potremmo dire, e se è stato un problema giungere a mettere assieme dati relativi alla produzione, analogamente la parte relativa alla gestione dei rifiuti speciali mostra un’altrettanto confusa organizzazione.

La quantificazione dei rifiuti gestiti nell’anno 2006 e il censimento degli impianti di gestione è stato realizzato attraverso un sistema di questionari inviato a tutte le amministrazioni competenti per il rilascio delle autorizzazioni e in molti casi sono state effettuate anche indagini puntuali.

Il risultato è una marcata disomogeneità sia dei soggetti competenti ai provvedimenti autorizzativi (regioni, province) sia dei sistemi autorizzativi adottati. Inoltre non esistono a livello nazionale indicazioni precise riguardo alla corretta attribuzione dei codici relativi alle operazioni di recupero e di smaltimento e alle diverse tipologie di impianti di gestione: da ciò risulta una specie di anarchia diffusa.

Lo sforzo, nel rapporto, è stato allora quello di individuare almeno le principali tipologie attraverso le quali avviene lo smaltimento, essendo difficile identificare gli impianti di gestione, che comprendono sia gli impianti di recupero, sia le piattaforme di trattamento che gestiscono anche gli urbani, sia gli impianti che utilizzano i rifiuti nell’ambito del loro ciclo produttivo.

«Nella maggior parte dei casi- scrive Ispra- non si riesce a catalogare l’operazione di recupero effettuata, in quanto i rifiuti in ingresso e in uscita presentano lo stesso codice identificativo e non è nota la destinazione finale dei rifiuti che assumono la classificazione di Mps (materie prime seconde ndr)».

Essendo molto diffuse queste piattaforme diventa quindi difficile «seguire il flusso dei rifiuti dalla loro origine alla destinazione finale e, soprattutto- si legge nel capitolo del rapporto dedicato a questa tipologia di rifiuti, il VI- non rende possibile dichiarare concluso il ciclo di recupero».

Detto questo, i rifiuti complessivamente “gestiti” nel 2006, a fronte dei 134 e oltre milioni di tonnellate prodotte, sarebbero pari a 117 milioni di tonnellate, di cui il 91,6% costituito da non pericolosi. Risultano 60 i milioni di tonnellate avviate a recupero e oltre 43 milioni quelle destinate a smaltimento, per un totale di rifiuti gestiti corrispondente a 103,7 milioni di tonnellate e 13,3 milioni che rimangono nel limbo degli impianti di stoccaggio e messa in riserva.

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