[29/04/2009] Parchi

Il cambiamento climatico accelera l´agonia del Mare d´Aral

LIVORNO. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, si è felicitato per la decisione dei Paesi del bacino del Mare d’Aral (Kazakistan ed Uzbekistan che se lo dividono territorialmente e Kirghizistan, Tagikistan e Turkmenistan) di aprire finalmente un dibattito sulla gestione dell’acqua che diventa sempre più critica nell’area a causa dei cambiamenti climatici.

Illustrando un rapporto del Consiglio di sicurezza dell’Onu al Summit degli Stati dell’International Fund for Saving the Aral Sea, riunito ad Alma Ata, in Kazakistan, Ban Ki-moon ha detto di essere «incoraggiato dal fatto che una tale questione ecologica venga discussa al più alto livello. Il Fondo internazionale ha una posizione ideale per facilitare lo sviluppo di soluzioni benefiche sostenibili tra i Paesi dell’Asia centrale. Secondo Miroslav Jenca, rappresentante speciale dell’Onu per l’Asia centrale ed a capo del Centro regionale per la diplomazia preventiva della regione, «Tutte le discussioni sul Mar d’Aral devono riconoscere la minaccia crescente dei cambiamenti climatici. Le Nazioni Unite pensano che la volontà dei dirigenti di trovare delle soluzioni comuni in questo campo sia estremamente importante».

Il Programma Onu per l’ambiente (Unep) afferma che «Molte persone nella regione stanno vivendo gravi problemi di salute a causa della scarsa qualità dell´acqua potabile». L’attuale situazione del Mare d’Aral è il frutto dell’inconsulto sviluppo forzato imposto dall’Unione Sovietica nell’area che sta disseccandosi dagli anni ’60. Nel 2007 ormai del lago originale, prima tanto vasto da essere chiamato Mare, non restava che il 30%, con tre laghi principali che coprono appena il 10% del bacino originale, e l’aumento della salinità ha creato un deserto dal quale è scomparsa praticamente tutta la fauna e la flora. Nel 2004 l’Aral frazionato in tre laghi era ridotto a 17.160 km2, nel 1998 i due laghi di allora arrivavano a 28.687 km2, nel 1960 il Mar d’Aral ancora integro era 68.000 km2.

Già un anno fa l’United Nations development programme (Undp) diceva: «Per risolvere i problemi causati dal prosciugamento del lago di Aral che, negli ultimi decenni, si è drasticamente ridotto nelle sue dimensioni a causa di un uso inefficiente delle risorse idriche e dei cambiamenti climatici, potrà avvenire solo quando i paesi di Asia centrale lavoreranno insieme. I problemi non possono essere risolti attraverso gli sforzi di un solo paese».

Occorre che governi, donatori internazionali, Ong e società civile avviino subito una collaborazione concertata per mitigare gli effetti ambientali ed il disastro socio-economico dell’Aral. Un disastro che nasce dalla deviazione di fiumi per irrigare i campi di cotone che ha finito per non far più arrivare acqua all’Aral e per ridurre, con un inarrestabile degrado dei suoli, la terra arabile in un’area fortemente inquinata.

Per l’Undp «La soluzione di problemi è possibile solo attraverso la cooperazione transfrontaliera. Il miglioramento dell’utilizzo delle risorse idriche sarà fondamentale per affrontare i problemi». Prima l’Aral era il quarto lago più grande del pianeta, in meno del tempo della vita di un essere umano si è trasformato in una minaccia per la sopravvivenza di intere popolazioni e per la prosperità di intere nazioni.

Ai disastri dello sviluppo agricolo ed industriale forzato che hanno seminato il deserto di campi di sale, fabbriche abbandonate e relitti di navi arrugginite, si aggiunge il problema dell’allarmante e velocissimo arretramento e diminuzione dei ghiacciai delle montagne del Kirghizistan e del Tagikistan che alimentano il lago. Entro il 2050, la portata dei fiumi Amu-Darya e Syr Darya potrebbe diminuire del 30 – 40%.
Ban Ki-moon ha chiesto ai Paesi delle acque del lago attraverso l’applicazione della prima parte utilizzo del nuovo rapporto Onu “Oceans and the Law of the Sea” che punta a facilitare le discussioni tra gli Stati membri sulle questioni che sono emerse in sede di attuazione della convenzione delle Nazioni Unite.
Il rapporto descrive lo sviluppo di un processo di consultazione, per far fronte a questioni che vanno dalla pirateria alla realizzazione di carte nautiche, agli tandard internazionali per la gente di mare e i pescatori.
Ban ha anche detto che «Altri rapporti sulla “Law of the Sea”, la biodiversità marina, e le questioni relative alla gestione della pesca verranno resi noti prima dell’Assemblea generale che si riunirà su questi argomenti».

Torna all'archivio