[11/06/2009] Energia

Con un chilo di biodiesel al posto di uno di gasolio C02 complessiva ridotta del 50%

FIRENZE. Presentati oggi a Firenze i risultati di S.I.En.a. (Sviluppo integrato delle energie rinnovabili provenienti dal settore agricolo), il progetto-pilota per la creazione di una filiera corta del biodiesel nella provincia di Siena, di cui greenreport aveva parlato martedì scorso. La sperimentazione, del costo di 376mila euro (finanziati per il 67% dal Monte dei Paschi, per il 9% dalla regione e per il 24% da altri partner – vedi link a fine articolo), ha inteso verificare non solo le prospettive di riduzione delle emissioni di alcuni inquinanti nella sostituzione del biodiesel al gasolio tradizionale, ma analizzare tutti gli aspetti relativi alla sostenibilità ambientale ed economica della filiera, e quindi di verificare la riproducibilità dell’esperienza in altri contesti, regionali e non.

Il progetto-pilota, di durata biennale (2007-2008), ha inteso giocare d’anticipo rispetto alle indicazioni della delibera 2009/28/CE (Promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili), derivante dall’approvazione (17 dicembre 2008) del pacchetto-clima della Ue sul 20-20-20. Tra le altre cose, la delibera (che andrà approvata dai paesi membri entro il dicembre 2010) fissa al 10% entro il 2020 la quota minima di rinnovabili nel consumo energetico finale del settore dei trasporti, e impone criteri di risparmio minimo di CO2 (nel biodiesel adottato, rispetto al gasolio tradizionale) di almeno il 35% in una prima fase, del 50% dal 2017.

La sperimentazione condotta ha visto la coltivazione di girasole (considerata, tra le varie colture energetiche, quella con le minori emissioni carboniche) in cinque aziende agricole del senese, a cui hanno fatto seguito vari processi (stoccaggio, spremitura dell’olio, raffinazione del carburante) che hanno portato alla produzione del biodiesel: questo è stato poi utilizzato, in una miscela al 25%, nella città di Siena, in 4 mezzi per la raccolta dei rifiuti e in 5 mezzi per il trasporto pubblico, di cui uno extra-urbano.

Durante la sperimentazione, sono stati analizzati in tempo reale tutti gli aspetti relativi alla effettiva sostenibilità (sia ambientale, sia economica) dell’adozione del biocarburante: per esempio, è stata effettuata sia la valutazione dei flussi di materia globalmente attivati per la realizzazione di un’unità di prodotto (metodo del Material flow account), sia quella relativa ai vari input energetici necessari (metodo dell’ Embodied energy analysis e altri), sia il Life cycle assesment per la valutazione dell’impatto ambientale durante l’intera vita del prodotto (vedi immagine).

I risultati, in sintesi, giudicano nel 59% l’effettiva componente rinnovabile del biodiesel utilizzato (ben al di sopra, quindi, dei requisiti minimi indicati dalla direttiva Ue): ciò si traduce, all’atto pratico, nel fatto che «la sostituzione di 1 kg di gasolio con 1 kg di biodiesel prodotto in provincia di Siena consente di ridurre di circa il 50% (..) le emissioni di CO2 nell’intera filiera di produzione». Ciò si avrebbe utilizzando solo biodiesel, mentre l’utilizzo di una miscela al 25% ha portato ad una riduzione teorica del 10-12,5% (cioè che si avrebbe solo a regime costante e sotto carico), e una riduzione pratica di circa il 6-7% di emissioni di CO2, che andrà comunque sottoposta a ulteriori verifiche in regimi di utilizzo transitori.

Alla riduzione di CO2 si accompagna una diminuizione (usando la miscela) del 10-15% di monossido (CO) e un lieve (5%), e comunque atteso incremento dell’emissione dei vari ossidi di azoto NOx. Si riscontra inoltre la totale assenza di emissioni di idrocarburi policiclici aromatici, e va considerato anche il ridottissimo tempo di decomposizione della sostanza in caso di sversamenti accidentali nell’ambiente: 30 giorni, contro i circa 100 anni dei combustibili fossili. I consumi, a parità di chilometraggio, aumentano invece del 10%. Dal punto di vista meccanico, non sembra che l’utilizzo del Bd aumenti, come si temeva, l’usura dei mezzi: l’unica criticità significativa che è stato riscontrata è un effetto di corrosione che attacca sia i serbatoi di stoccaggio, sia quelli dei mezzi su strada.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, è la fase agricola (e non quella del trasporto e dell’utilizzo) quella che causa le emissioni più alte, principalmente a causa dell’utilizzo di fertilizzanti azotati: questo aspetto è tra quelli su cui sussistono forti prospettive di miglioramento. Ciò anche in conseguenza del fatto che la stessa direttiva europea, nel sostenere l’adozione dei biocarburanti, vincola questo obiettivo alla tutela della fertilità del suolo e del paesaggio, all’adozione di filiere corte, e impone una particolare attenzione al bilancio energetico dell’intera filiera.

Il progetto-pilota appena conclusosi, quindi, non intendeva solamente sperimentare l’effettivo rendimento delle colture energetiche, ma analizzare le prospettive concrete per la creazione dell’intera filiera, e per l’analisi della effettiva sostenibilità dell’intero processo. Inoltre, esso è servito a creare una rete di attori istituzionali e non che potrà, nei prossimi anni, porsi come fulcro per lo sviluppo della filiera toscana di questo biocarburante, con particolare attenzione allo sbocco finale sul mercato: e ovviamente, così come avviene per altri aspetti del percorso verso la sostenibilità (e come ha sostenuto anche il presidente di Arsia toscana, Maria Grazia Mammuccini) in una prima fase dovrà necessariamente svolgere un ruolo preminente il Pubblico. Pur non trovandoci davanti alla panacea dei problemi energetici (ma solo ad una delle componenti che in futuro dovranno comporre la torta energetica), e considerando anche i rischi insiti nell’utilizzo dei biocarburanti (per esempio, essi potrebbero anche diventare, in futuro, un cavallo di troia per l’introduzione degli Ogm nell’agricoltura italiana), è comunque da salutare con soddisfazione la conclusione di questo progetto, che per la prima volta ha cercato di produrre analisi attendibili riguardo agli aspetti concreti, e non teorici, di sostenibilità dell’intera filiera del biodiesel in Toscana.

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