[17/06/2009] Parchi

Il disastro ambientale della Exxon Valdez liquidato con pochi spiccioli

LIVORNO. Ci sono voluti vent’anni per arrivare a mettere la parola fine alla vicenda della Exxon Valdez, la superpetroliera che provocò nel 1989 uno dei peggiori disastri ecologici della storia americana, andando ad incagliarsi su un fondale basso e roccioso della baia di Prince William, rovesciando 50mila tonnellate di greggio che andarono ad inquinare 1.900 chilometri di coste di una delle baia più spettacolari della dell´Alaska.

La Corte di appello federale americana ieri ha condannato il colosso petrolifero a una multa di 500 milioni di dollari a cui si aggiungono 480 milioni di interessi. Niente a confronto dei 5 miliardi di dollari che erano stati decisi dal tribunale nel 1996 ma soprattutto una vergogna a paragone dei disastri che ha provocato all’ecosistema.

Nella quelle acque rese nere e dense dal petrolio sversato dall’Exxon Valdez morirono, secondo stime di massima, 250mila uccelli marini, 2.800 lontre, 300 foche, 250 aquile di mare, 22 orche.

E a due decenni di distanza dalla collisione della petroliera con un iceberg e la dispersione di 40 milioni di litri di petrolio nell´ambiente delicato dell´Artico, pezzi di roccia della Prince William Sound in Alaska, sono ancora incrostati di petrolio, i pescatori hanno perso gran parte della loro principale risorsa di sostentamento, perché molte popolazioni di pesci non si sono ancora riprese e l´economia dell´Alaska ha perso miliardi di dollari.
La Exxon fu a suo tempo condannata a rimborsare 33 mila persone tra pescatori e lavoratori marittimi con risarcimenti per 3,4 miliardi di dollari, cui si aggiungevano altri 5 miliardi per il disastro ecologico, che il diritto americano definì danni "punitivi".

Il 25 giugno del 2008 la Corte Suprema stabilì che quei danni ´punitivi´ erano da considerarsi eccessivi e si raccomandò di ricalcolarli, fissando il tetto massimo di 507 milioni di dollari: dieci volte meno rispetto a quanto valutato al termine della prima fase del processo, che in appello erano già stati dimezzati.

Il 27 agosto del 2008 la Exxon Mobil ha accettato di pagare ai pescatori danni equivalenti al 75% cento di quanto la Corte suprema degli Stati Uniti in giugno aveva stabilito fosse il massimo ragionevole, vale a dire 383 milioni di dollari, e adesso la Corte di Appello federale americana le ha dato ragione.

Una condanna che ancora una volta fa prevalere gli interessi delle grandi compagnie petrolifere e di navigazione a quelli dell’ambiente e che l’impossibilità di quantificare gli effettivi danni prodotti sugli ecosistemi naturali, fa ridurre il risarcimento ad un mero rimborso per le spese sostenute dalle comunità per “ripulire” gli ambienti imbrattati dal petrolio. Che in realtà non torneranno mai ad essere come in origine, creando un danno alle popolazioni locali in primis, e poi all’intera umanità. Ma questo, evidentemente, non è ancora a tema.

Intanto la Exxon Valdes continua tranquillamente a minacciare gli ecosistemi marini del globo navigando sotto bandiera panamense (l´ultima di una lunga serie di passaggi) col nome Dong Fang ocean.

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